Personaggio: Branwen Genere: Malinconico, Introspettivo, Missing Moments. Rating: verde Avvertimenti: non credo che questa storia riuscirà a comunicare qualcosa agli altri. L'ho scritta soprattutto per me, immaginando cosa sarebbe sucesso al mio party di BG 1 una volta terminate le avventure del videogioco. Era qualcosa che ho sempre voluto raccontare, cercando di dare una forma a dei personaggi che non ne hanno avuta. Siete liberi di dire che questa storia non è un gran che. Ah, ovviamente anche il titolo è una citazione.
Precious Time, Glory Days
“Mia signora, siamo pronti a salpare”. Mi mancava il mare. Sotto i miei piedi il familiare rollio mi trascina leggermente in alto e in basso, come l’abbraccio di una madre. Il cielo è sereno, ma il viaggio fino alle isole Norheim è lungo e l’inverno sta arrivando. I gabbiani sono già migrati a sud, lontani dalla stretta gelida che ci attende al ritorno a casa, quella morsa che imprigiona le navi in una morsa di ghiaccio che sottomette persino il mare. La pelliccia mi attende sotto coperta, ma per il momento preferisco sollevare le braccia e lasciare che la tunica si impregni dell’odore del porto di Baldur’s Gate, della sua gente e del grog che un marinaio della Lanterna Rossa sta bevendo chiaramente lontano dagli occhi del suo capitano. In fondo è questo l’odore dei sogni. Sogni che si sono infranti all’Isola dei Ghiacci, dove sono stata costretta a fermare Andris e Beyn con queste mani. Il gelo di quel posto aveva fiaccato persino persone valorose come loro, guerrieri che avevano conosciuto i miei stessi scogli ed avevano visto lo stesso mare crescere con la luna e velarsi di gelo durante l’inverno. Nell’isola dei cristalli Tempus è stato chiaro, e devo tornare a casa. L’equipaggio mi osserva, i loro occhi un misto tra paura e reverenza. Nessuna donna di Norheim ha mai evocato il fulmine di Tempus. Ma del resto nessun sacerdote del mio villaggio ha mai visto uomini combattere contro demoni e dèi, né hanno mai ascoltato le grida di un dopplegänger che si finge un bambino straziato per attirare le sue vittime in una trappola senza ritorno. Tempus mi ha offerto la gloria in ogni istante e la sua forza è entrata nelle braccia dei miei compagni: è grazie a lui che sono diventata qualcun altro, una donna diversa da quella che ha lasciato le isole per cercare la fede e la gloria. Quella donna ha trovato ciò che cercava, e adesso i gabbiani salutano il suo riflesso invece di posarsi sulle forme pietrificate in cui è rimasta prigioniera per mesi. So cosa ho rischiato. “Qualcuno sta andando via senza salutare?” Mi volto. Non avrei mai creduto di sentire ancora quei passi. Due stivali forti che calpestano la passerella con tutta l’intenzione di fare più rumore possibile, ed il sottile scivolare di piedi che saltano sul sartiame ed atterrano proprio al mio fianco. Yeslick ha la sua immancabile pipa, forse l’unica cosa di lui che non mi è mancata. “Fammi indovinare, hai deciso di rinchiuderti su quei quattro scogli del nord e non scrivere nemmeno una letterina ai tuoi amici?” “I miei giorni di gloria sono finiti” dico, osservando Kivan che abbassa il cappuccio e mi guarda al di sopra dei suoi tatuaggi azzurri. Non ha mai sorriso dal giorno in cui ci siamo incontrati, e non credo che inizierà a farlo adesso. “Sono una vera sacerdotessa di Tempus, adesso. Il mio posto è casa”. “Per il martello di Moradin, questa sì che è una vera sciocchezza. Come se Tempus gliene importasse qualcosa di sentire le tue preghiere in un tempio solitario o in un bel campo di battaglia!” grida facendo voltare tutto l’equipaggio. L’alito ha lo stesso sapore di birra dell’ultima volta che ci siamo lasciati. Si pianta a gambe larghe sul ponte ed incrocia le braccia. “E poi sono convinto che Tempus non ti farebbe mai tornare a casa quando ci sono degli amici in pericolo!” “Cosa …?” Kivan mi si avvicina. “Abbiamo ricevuto una lettera da una nostra vecchia conoscenza col brutto vizio di arpeggiare. Non chiedermi come ci siano riusciti, ma Imoen è stata portata a Spellhold dagli Stregoni Incappucciati e il nostro comune amico è partito lancia in resta con Neera cercando di salvarla, e da quel che sembra hanno già messo sottosopra mezzo Amn senza nemmeno invitarci a far baldoria”. L’Amn. A migliaia di leghe da qui. “E dunque io e orecchie-a-punta ci stavamo chiedendo se ci avresti potuto dare un passaggio fino a Brynnlaw e dare a quei due testoni il comitato di benvenuto! Per poi magari raddrizzare qualche torto qui e lì …” dice, e so benissimo qual è l’espressione che adesso si sta riflettendo nei suoi occhi scuri. “Pare che anche lì abbiano i loro problemi, pirateria, prostituzione, insomma hanno proprio bisogno che qualcuno li prenda a calci nel sedere e insegni loro la forza di Tempus!” Ho sempre adorato il riflesso della luce del sole sulla sua barba rossiccia; è una luce calda, vera, che riesce a portare il tepore del fuoco anche nel cuore di una tempesta. Il vento soffia, gonfia le nostre vesti e porta un odore diverso, privo del freddo invernale. Il profumo del legno di casa si trasforma in un’aria carica di sale che mi scende fin nella gola e fa scivolare una piccola lacrima dai miei occhi. Cerco il consiglio di Tempus, ma non devo guardare oltre. Devo sentire. E credere. C’è una luce meravigliosa, ed il vento soffia verso sud.
Branwen, Yeslick e Kivan raggiunsero Brynnlaw quando ormai era troppo tardi. Il figlio di Bhaal aveva già salvato Imoen dalla prigione di Spellhold, e quando i tre misero piede sull’isola la sua nave era già sprofondata nei fondali dell’oceano ed il suo gruppo si stava districando la le lotte intestine dei nobili Sahagin. Ma non si persero d’animo e decisero lo stesso di fare la loro parte, e poi ancora, ed ancora, ed ancora lontano da lì. La leggenda del figlio di Bhaal riempie le arpe di tutti i bardi, ma non sono pochi quelli che raccontano di un’umana, un elfo e un nano che viaggiarono insieme per rendere la Costa della Spada un luogo migliore.
Personaggio: Montaron Genere: Introspettivo, Fantasy, Missing Moments. Canon. Rating: arancione Avvertenze: questa fanfic è caratterizzata da più turpiloquio del previsto per dare meglio il punto di vista del personaggio. Purtroppo Montaron non è famoso per essere un esponente dell'Accademia della Crusca.
“And death will come on wings of song, a song of long and winding guile, and in the end your end I wend, and in the end a harp will smile!"
Bloody Harp
Cip cip cip. Cip cip cip. Cip cip cip un CAZZO! La finestra è aperta, e non mi stanno guardando. Becco la mano della donna che mi sta riempiendo la vaschetta di mangime e attraverso la stanza con tutta la velocità che possono darmi queste fottutissime ali; cerco l’aria, muovo l’aria, respiro l’aria perché la via di fuga è ad un tiro di sasso da me e posso uscire, DEVO uscire e giuro che quando riavrò due gambe e due braccia diventerò davvero la morte distruttrice di … Il dolore è fortissimo. Mi attraversa tutto, dalla punta delle ali alla coda. Invece di gridare dalla mia bocca esce solo un pigolio e precipito sul pavimento mentre la magia è ancora all’opera. Fa male, cazzo, fa male ma penso che potrei sopportare ancora un po’ di questa scarica elettrica pur di non vedere la faccia gigantesca e sorridente di Galvarey torreggiare su di me. Vorrei riavere delle gambe solo per dargli un calcio dove se lo ricorderà per le prossime cinque generazioni, a lui e a quella bastarda della sua amica Lucette. Riesce a tenermi in una mano, provo a beccarlo e vorrei prendergli le ossa, ma il massimo che riesco a fare è provocargli un po’ di solletico. “Il nostro amico non ha ancora capito la sua posizione, suppongo …” “Poco collaborativo con due gambe, poco collaborativo con due ali” risponde lei. Odio il suo sorriso. “Ma credo che questo sia l’unico modo per far capire a quello Zhentarim che ficcare il naso dei nostri affari è un’idea pessima idea”. Puah, come se questo potesse far desistere Xzar! È stata sua quella fottutissima idea di farmi infiltrare nella roccaforte di questi dannati Arpisti, e se lo conosco bene –e lo conosco- adesso starà da qualche parte rosicchiandosi le unghie immaginando qualche strampalato piano per avere lo stesso le informazioni che ha bisogno. Un piano che ovviamente fallirà, visto che non lo metterò in pratica io! E di certo il grandissimo figlio di puttana non si preoccuperà di venirmi a riprendere. Ma non posso rimproverarglielo. Se gli Arpisti avessero catturato lui … col cazzo che avrei rischiato la pelle! La finestra si richiude per un soffio di vento. Galvarey si avvicina alla voliera –ed ho la ferma impressione che anche quei due merli ed il cardellino che si agitano tra i rami in origine non avessero un becco e le penne- e fa per chiuderla alle mie spalle quando l’altra lo ferma e mi afferra prima che io riesca a sgranchirmi di nuovo le ali. Mi tiene in mano e fa scivolare le dita all’altezza del petto e poi del collo, e per quanto cerco di farle capire con una beccata che desidero vederla agonizzare nel suo sangue il becco incontra un guanto resistentissimo, forse imbottito di metallo. Lei mi guarda e ride di nuovo. “Siamo a corto di becchime, Galvarey. Lo Zhentarim ha già fatto la sua mossa”. “Cosa dice Rylock?” “Pare che il necromante abbia chiesto aiuto a qualcuno che conosciamo fin troppo bene. Qualcuno che porta il marchio di Bhaal nel petto” mormora. Il suo tono di voce si riduce ad un sibilo. “Lo ammetto, non avevo previsto che avrebbe cercato di recuperare il suo minuscolo amico. Credevo che si sarebbe accontentato del nostro avvertimento. Ma si è esposto, e questo rende il nostro piano ancora più facile”. Che cosa???? XZAR E’ PIU IMBECILLE DI QUANTO PENSASSI!!! L’HO SEMPRE DETTO CHE SENZA DI ME NON SAREBBE IN GRADO DI PULIRSI GLI STIVALI DA SOLO!!!! E poi … sta davvero cercando di tirarmi fuori di qui? Questo … Galvarey sospira. “Immagino che tu abbia un piano, Lucette”. “Assolutamente. Per il momento uno scontro frontale con il figlio di Bhaal sarebbe fuori discussione, quindi la cosa migliore è fargli trovare quello che vuole. O quello che pensa di volere. L’importante è che alla fine tutto torni a vantaggio dell’Arpa. Pensa alla faccia dello Zhentarim quando scoprirà che il passerotto che gli arriverà dalle mani del suo campione nasconderà una … come dire … sorpresina …” Puttana. Riprendo a beccare, ancora più forte, a costo di fracassarmi il becco. E se sotto la pelle del guanto c’è del metallo giuro che lo fracasso, fosse l’ultima cosa che faccio in vita mia! Se non mi stringesse le ali sarei davvero tentato di scoprire come fa un bulbo oculare quando una zampetta con gli artigli ci plana dentro e lo spappola. Non le faccio nulla ma non importa, NON IMPORTA, e la cosa più odiosa di questa situazione è che mi sto persino preoccupando per quel CRETINO SUCCHIA-UOVA!!!! “E di questo ladruncolo impiccione che ne facciamo?” “Te l’ho detto, Galvarey …” Puttana. Puttana. Puttana. “… siamo a corto di becchime”.
Thanks, @Pibaro . Dopo aver giocato a BG 1 con Xzar e Montaron nel party, ho giurato che nella mia seconda partita di BG 2 (fatta con i malvagi) avrei fatto irruzione alla rocca degli arpisti e li avrei massacrati tutti con gusto per vendicare Xzar e Montaron che secondo me non meritavano questa fine. Sono felice che ti sia piaciuta! Ah, si nota che odio gli Arpisti?
Ok, ecco una mia nuova storia. Contiene riferimenti a degli avvenimenti di BG 2 EE, per questo motivo ho deciso di inserire il testo sotto spoiler.
Personaggio: Eldoth Kron Genere: Malinconico, Introspettivo, Missing Moments. Canon. Rating: verde Avvertimenti: come già scritto, contiene riferimenti ad un personaggio di BG 2 EE. Se non volete rovinarvi alcuni particolari della trama vi consiglio di leggere la storia dopo aver terminato il gioco.
Silence
Ah, finalmente un po’ di silenzio! La taverna di Trademeet è piena di gente come al solito, c’è persino un bardo da quattro soldi che strimpella qualcosa su un liuto, un paio di avventori stanno già alzando il tono della voce … ma in fondo c’è silenzio. Qualunque cosa può essere chiamata “silenzio” davanti ai piagnucolii di Skie. Erano diversi anni che non venivo in questa città; adesso le cameriere non si siedono più sulle gambe degli avventurieri per arrotondare la paga, e quella a cui rivolgo un sorriso va a nascondersi nelle cucine. Gli avventori non parlano più di carestie e fame, ma un paio di ciccioni alla mia destra non fa altro che dissertare sulla capacità d’acquisto delle monete d’oro e la qualità di non so quale strana spezia proveniente da Calishman. Skie lo troverebbe persino interessante. Stupida oca. La birra nera, grazie al cielo quella non è cambiata! Già al terzo sorso la sua voce lamentosa sembra un ricordo sbiadito; e per quanto non mi sembra di vedere cameriere interessanti non credo che nella città del commercio avrò difficoltà a trovare un po’ di compagnia per stasera. Cielo, andrebbe bene persino quella grassona sdentata vicino all’uscita, purché stia zitta. “Per un boccale di birra potrei essere io la tua compagnia, amico!” Mi volto di scatto, come se qualcosa avesse pizzicato il cervello. L’uomo che mi si siede accanto non è esattamente il tipo di compagnia che avevo in mente: due occhi grandi, velati rosso, mi osservano al di sopra di un viso emaciato con una barba scomposta che non vede una lama da almeno quindici giorni. Puzza di idromele. E di magia. Una delle combinazioni peggiori che io conosca. “Chi ti dice che io stia cercando qualcuno?” La sua voce è impastata, simile ad una carta continuamente stropicciata. “Perché … l’ho visto!”. “E dove, sentiamo …” “Come se potessi spiegare la magia selvaggia. La magia selvaggia non si spiega, non si studia, la si accetta per quello che è”. Il tanfo viene anche dal suo abito, una tunica viola stropicciata in più punti. Un tempo sarebbe stata una veste piuttosto costosa, ma ormai non è altro che un cumulo di stracci. “Oggi puoi essere un uccello, domani il più potente dei Deva. E la settimana dopo guardi sul fondo di un boccale di birra e vedi cose che avvengono in un altro continente. O vedi cose che si svolgono accanto a te che le tue orecchie non hanno voglia di ascoltare ed i tuoi occhi di vedere”. “Uff, credo sia impossibile non sentire Skie …” mormoro. Guardo dall’altra parte, cercando di far capire a questo tizio che la sua conversazione mi ha stancato. Magia selvaggia … puah, tutti i maghi sono dei selvaggi. Ho passato troppi mesi con uno Zhentarim pazzo ed uno stregone drow intraducibile. Tutta gente senza un briciolo di senso pratico. Infatti a Skie stavano simpatici. Skie … Al diavolo, sto pensando ancora a quell’idiota viziata! Lei e la sua stupida fissazione di volere una casa, una famiglia e tutte quelle patetiche stronzate! Se dipendesse dal suo cervello di gallina tutti i soldi che ho accumulato in una vita finirebbero in quattro mattoni in questa noiosissima città, in una patetica bottega e in un marmocchio urlante. Mi ha rotto le scatole per fuggire dal suo palazzo per poi impuntarsi a vivere in un posto fisso, prendere la mia libertà e strangolarla con una catena; credevo amasse il vento tra i capelli ed un cavallo rubato sotto le gambe, ma sembra che non sia riuscita ad annegare il suo comportamento da principessina insopportabile. Vorrà dire che mi godrò in un altro modo il mio denaro e … “Non lo fare!” grida la spugna al mio fianco. Il suo tono di voce è alto, e qualche avventore alza persino la testa. “Non per denaro. Non lo fare”. “Senti, vuoi piantarla di …” “No. Sei tu che devi piantarla. Piantarla di credere che la ricchezza sia la cosa più importante nella vita. Piantarla di credere che l’amore sia soltanto un passatempo di cui disfartene alla prima occasione. Io l’ho fatto, sai? Ho barattato la donna migliore del mondo per una montagna di monete d’oro, un bel negozio ed una vita come la volevo io. E sai una cosa? …” sussurra, ed il rosso nei suoi occhi sembra quasi sparire. Fa freddo. All’improvviso. “… adesso sono uno degli uomini più ricchi di tutta Trademeet. Ricco abbastanza da comprarmi tutta la birra di questa dannata città. Anche tutte le puttane da qui ad Athkatla” mormora, poi si alza e tira un respiro profondo. Guarda il boccale vuoto e per un istante lo sguardo si addolcisce e perde tutto il rossore. “Ma nemmeno tutte le ricchezze di Waukeen possono cancellare gli occhi di Telana che mi fissano quando chiudo le palpebre. A quanto pare nessuna pozione può farmi dimenticare …” Chissà se è vero. Il pianto di Skie si riaffaccia, più pungente di prima. Non c’è più quel bellissimo silenzio. Adesso mi sembra anche meno bello. Dannazione. Vorrei tirare il mio boccale vuoto all’uomo che mi ha guastato la serata, ma del mago improvvisamente non c’è più traccia.
Personaggio: Jan Jansen Genere: comico, demenziale Rating: verde Avvertimenti: il comico non è il mio genere, e si vede. Ho fatto più fatica a scrivere questa che tutte le altre messe insieme.
La vera storia di come il prode Jan Jansen beffò e sconfisse Kangaxx il semi-lich
Una carica di paladini è uno spettacolo che non si ammira tutti i giorni. Spade levate contro il cielo, scudi e armature scintillanti di luce sacra (o in alternativa illuminati da qualche globo magico opportunamente nascosto tra le giunture), voci tonanti che invocano la giustizia degli dèi. Una scena che trasuda epicità quasi quanto lo zio Gerhardt quella volta che sconfisse l’invasione di talpe nel suo orto sparando dardi incantati nei cunicoli. Jan si sporgerebbe ad applaudire se non temesse di perdere la sua posizione privilegiata, accovacciato dietro al sarcofago che lo ha nascosto alla vista del lich per tutta la durata del combattimento. Non spreca fiato ad avvertirli. Innanzitutto perché tra le loro urla sulla gloria e l’onore e il clang-clang delle armature non lo sentirebbero mai, e poi perché tanto lui è solamente “il piccolo gnomo ladro e infingardo”, figuriamoci se lo stanno ad ascoltare. Finora se la sono cavata degnamente, deve riconoscerglielo. Le creature evocate dalla maga hanno retto bene l’impatto devastante dei poteri di Kangaxx, Anomen lo ha stordito a forza di sermoni su Helm (per un attimo Jan ha quasi avuto pietà del povero lich), le frecce del Figlio di Bhaal raramente sbagliano il segno, e Keldorn… beh, uno che va in giro brandendo una roba chiamata “Carsomyr il Santo Vendicatore” farebbe impallidire persino una vecchia scorza dura come la prozia Gladys, che è sopravvissuta eroicamente al Lungo Quinquennio della Carestia di Rape e ha seppellito con le sue mani quindici figli, ventitré nipoti e quarantaquattro pronipoti. Peccato che ci siano cose contro cui persino Carsomyr il Santo Vendicatore o la gloria sempiterna di Helm hanno l’utilità di una latrina otturata durante un’epidemia di dissenteria. Poche cose, ma esistono. Una di queste è un incantesimo di Imprigionamento. Jan conosce bene gli incantesimi di Imprigionamento; per anni in famiglia avevano creduto che il cugino Tedd fosse scappato di casa per sfuggire alle angherie della suocera, prima di scoprire che aveva semplicemente curiosato tra le pergamene sbagliate. I suoi sensi gnomeschi gli hanno fatto drizzare tutti i capelli sulla nuca nel momento in cui Kangaxx si è rivelato nella sua forma definitiva. Gli piacerebbe che ogni tanto i suoi sensi gnomeschi si sbagliassero, ma purtroppo non succede mai. E così, come da copione, i prodi Anomen e Keldorn puff! scompaiono proprio nel bel mezzo della loro carica gloriosa, proiettati all’istante in una simpatica sfera sepolta a centinaia di metri nelle profondità della terra dove nessuno potrà più ascoltare le loro dissertazioni su Helm e Torm. Che peccato. Un attimo dopo anche l’incauto ranger fa la stessa fine, e il Figlio di Bhaal e la maga selvaggia riparano dietro al sarcofago, evocando nuovi sciami di creature da mandare al macello. Solo a quel punto Jan si alza in piedi, stiracchiando le gambe intorpidite. Qualcosa gli dice che è arrivato il suo momento. Dalle cianfrusaglie nella bisaccia estrae una pergamena, quella che ha sgraffignato qualche giorno fa all’Emporio dell’Avventuriero subito dopo aver sentito Keldorn proporre al Figlio di Bhaal di andare a caccia di lich. Pronuncia le parole magiche tenendola sollevata, e in pochi secondi una sfera impalpabile di luce azzurrina avvolge interamente il suo corpo. Esce dal nascondiglio proprio mentre uno sfortunato djinn sparisce nel nulla (ormai il sottosuolo sarà diventato piuttosto affollato), e inizia ad avanzare tranquillo verso Kangaxx. “Salve! Come va? Giornataccia, eh? Ti capisco sai, stai riposando tutto tranquillo nel tuo bel sarcofago quando quei brutti paladini maleducati cominciano a urlarti nelle orecchie... anche se tecnicamente tu non dovresti avere orecchie essendo un teschio gigante…” Senza badare ai convenevoli il semi-lich comincia a rigurgitargli addosso la consueta dose di incantesimi. I raggi di energia si infrangono impotenti contro lo scudo che circonda Jan, sfrigolando contro la sua superficie eterea come pesci fritti in padella. La pergamena di protezione è veramente valsa tutti gli sforzi che ha fatto per rubarla. Con calma lo gnomo punta la balestra verso la creatura e spara una salva di quadrelli. Poi un’altra. E un’altra ancora. Da dietro il sarcofago anche le frecce del Figlio di Bhaal e la fionda della maga gli vengono in aiuto. In pochi minuti è tutto finito, e il silenzio torna a regnare nella cripta. “Sapete?” dice mentre i suoi due compagni emergono con aria lievemente sconcertata dal loro riparo improvvisato. “Temo che dovremmo tornare all’Emporio dell’Avventuriero. Ci tocca rubare qualche pergamena di Libertà.”
@Lisaralin LOL Lo sospettavo. E' un personaggio (molto riuscito) della serie dei romanzi di Dragonlance (ambientazione di D&D). E' un kender (che sarebbe la una specie di halfling). Vabbè, senza raccontarti la storia del mondo, dico solo che è un personaggio davvero divertente (sicuramente il più divertente) e in una parte del tuo racconto sembra sia lui a parlare.
What an interesting thread it seems. It's just unfortunate I don't speak Italian to fully understand what is going on. But even with the google translate I see that this is very fun to read.
@bengoshi: @Lisaralin and @Whitemushroom have opened this thread because of the lack of fanfictions regarding the BG saga made by italians, so they thought they could fill this gap, and I have to say that they're two talented writers! I enjoy reading their flashfics greatly!
Maybe @whitemushroom and @Lisaralin are interested to translate their work to let it be shared and enjoyed to all BG fans? ;D
(se siete interessate, ragazze, contattatemi: vedremo di organizzare qualcosa... che dite? ;P)
@Lisaralin LOL Lo sospettavo. E' un personaggio (molto riuscito) della serie dei romanzi di Dragonlance (ambientazione di D&D). E' un kender (che sarebbe la una specie di halfling). Vabbè, senza raccontarti la storia del mondo, dico solo che è un personaggio davvero divertente (sicuramente il più divertente) e in una parte del tuo racconto sembra sia lui a parlare.
La saga di Dragonlance è una tra le più appassionanti del moderno Fantasy (dagli anni '70 in poi) E Tasselhoff Burrfoot, in Coppia con Flint Fireforge il nano delle colline, è un personaggio che ti rimane nel cuore!
Non l'hai ancora letto? Che aspetti, Liz? Leggilo!
Thanks for your appreciation @bengoshi! Yes, whitemushroom and I are writing short fanfictions for each character of the Baldur's Gate saga (as you can see from the pictures at the beginning of each story).
As for the translation, @Metalloman, I'm not sure... I'd love to share my works with everyone in the community, but from my experience I know that translating a text in a language which is not your mother tongue usually works very, very bad... and I don't know if I'm able to do that... the ideal condition would be to find a native English speaker who could understand Italian and translate the stories, but it is obviously very difficult...
Well, @Lisaralin , your English is very good to me. I'm not a native English speaker, so I can understand where're you coming from. Nonetheless, even if it was only one short story, for one character, available to more vague audience, it would be great. Even if it was with some mistakes, it would be great. In the modern world, people from many countries can communicate and even while they are not 100% correct in their spelling it's still worth it.
@SpaceInvader Grazie tantissimo, sono felice che ti siano piaciuti, è sempre bello ricevere qui e lì qualche commento. Mi piacerebbe che anche altri utenti si uniscano alla discussione, sarebbe interessante vedere come ciascuno di noi riesce ad interpretare un personaggio. Mi farebbe un sacco piacere se riuscissi a leggerle tutte (che ovviamente sono ancora in progress ...)
@bengoshi Thanks for reading. As for @Lisaralin , English is not my first language, so first of all I must apologize for my terrible writing. I consider myself quite good at reading and speaking English, but writing ... is something different. Anyway, I must admit that your suggestion is thrilling and it could be an interesting project to improve my written English, but I'm not so sure about the results. If I were to post a story, I'd like it to be able to transmit the same emotions I tried to give in my own language. I have to say that your proposal is quite tempting XD XD XD I'm going to have a word with Lisaralin and the other members of the italian forum about that. I wish I knew English better ...
Ragazze avete davvero una creatività notevole. Non solo ciascuna delle vostre storie è a dir poco coinvolgente, ma riuscite sempre a creare il giusto mix tra Lore e interpretazione personale.
Non mi ero mai interessato alle fanfiction, ma sono lieto che i vostri racconti siano stati la mia prima esperienza a riguardo
Chapeu!
EDIT: Se posso avanzare una richiesta personale, mi piacerebbe in futuro vederne una su Irenicus. Magari riguardante l'attaccamento nei confronti di Ellisime che lo spinse a creare cloni e a riprodurre la stanza nella prima mappa di gioco.
@SpaceInvader una fanfiction su Irenicus è nella lista, ed oltretutto avevo già un'idea in cantiere non dissimile a quella che hai proposto XD. Abbiamo pensato di farne una per ogni personaggio giocabile (compresi Baeloth e Clara) e poi una per gli npg più rilevanti (Irenicus, Bodhi, Ellesime, Gorion). Siamo in dubbio se scrivere qualcosa anche su qualche Bhaalspawn di Throne of Bhaal. Comunque sono felicissima che ti stiano piacendo!
IO ne voglio una su Noober e Neeber! Si dice tra l'altro che siano cugini (ma non credo sia ufficiale), potrebbe esser carino e divertente creare una storiella su di loro, magari facendo capire il perché siano così esasperanti e in cerca di qualcuno che dia loro retta... sono sicuro che uscirebbe qualcosa di simpatico e comico.
Personaggio: Jon Irenicus Genere: Malinconico, Introspettivo, Missing Moments. Canon. Rating: giallo Avvertimenti: non sono troppo soddisfatta di come è scritta. Un'altra stretta di mano virtuale a chi indovina il titolo.
Stop the clocks
Non è un mattino come tanti. Non lo è mai quando sono con lei. Respiriamo insieme, aspettando che i nostri sospiri siano uno l’eco dell’altro, come due danzatori che provano e riprovano i loro movimenti senza mai fermarsi, il suo braccio steso sul mio petto mentre tutto il corpo giace premuto contro il mio torace. Ieri notte è stata bellissima. Migliore di tutte le altre. Non come la nostra prima volta, quello no, ma di sicuro ci siamo andati davvero vicini, nei suoi capelli c’era tutto il profumo di Suldanesselar ed è stato mio, soltanto mio. Per un attimo le foglie degli alberi fuori dalla nostra stanza sono state più potenti di quelle dell’Albero della Vita e adesso il mondo è perfetto, mi volto e davanti a me c’è il suo meraviglioso sorriso. Nessuno ci interrompe, nessun cortigiano viene a reclamare le attenzioni della regina, i suoi occhi non vagano sul soffitto pensando alle centinaia di impegni della giornata dove certamente io non sarò contemplato: sono solo per me, e quando ci stringiamo le sue labbra mi cercano fino ad unirci di nuovo in un piccolo mondo di carezze, respiri rapidi e centinaia di baci che non smettono di approfondirsi. “Ti amo, Joneleth” sussurra quando per un istante le nostre labbra si separano per riprendere fiato. “Ti amerò per sempre”. “Per sempre …?” “Ma certo. Per tutta la vita”. Per tutta la vita è un termine piuttosto impegnativo. Sotto le dita la sua pelle bianca è più liscia di quella di una driade; conosco ogni palmo di quel corpo, l’ho esplorato in questo letto e nei miei sogni, come se tutta la perfezione di Faerûn fosse racchiusa nel mio palmo. Per tutta la vita vuol dire che questa pelle diventerà fango e foglie appassite che cadranno anche al mio respiro, una distesa grigia priva di forme; vuol dire che questi capelli non giocheranno più con la luce del sole, ma racconteranno solo di un tempo lunghissimo ed inesorabile che nemmeno la lunghissima vita degli elfi può ingannare. Non riesco ad immaginarla così. Ci ho provato migliaia di volte, ma nella mia mente lei è sempre perfetta, luminosa, la sua bellezza rimane inalterata come se il tempo si fosse dimenticato di lei o si fosse fermato apposta per non guastarla. “Bugiarda”. Le sue ossa sono incredibilmente fragili; la mia magia la scaglia contro la parete ed una scia di sangue corre contro il muro mentre il bellissimo corpo si accartoccia senza nemmeno un rumore. Ulene, Elyme e Cania entrano nella stanza in un battito di ciglia e la portano via prima ancora che possa rivolgere loro la parola; sanno bene che non devono sostare in questa stanza più del necessario, soprattutto quando la loro magia ha fallito per l’ennesima volta. Non provo nulla. Assolutamente nulla. “Allora è vero che giochi ancora con le bambole!” Detesto quando questa stanza viene violata, specie quando il suo profumo viene superato dall’odore di morte che manda quel corpo in decadimento. Non faccio esplodere Bodhi con una palla di fuoco perché è l’unico vero alleato che ho … e forse perché non è soltanto lei a portare la morte nella carne e nel sangue, qui dentro. “Prima o poi ci riuscirò. Non posso certo pensare che escano perfette repliche al primo tentativo. Tutto tornerà come un tempo, te lo garantisco”. “Tempo?” sibila lei. Sta per sputare sul tappeto, ma quando mi porto ad un passo dal suo viso bluastro riprende fiato e mi osserva con quel suo sorriso che mi dà solo il voltastomaco. “Noi non abbiamo più tempo, Jon. Ed è stata proprio la tua amata regina a portarcelo via, se non te lo sei dimenticato …” No, certo che no. So benissimo da dove viene il freddo che mi stringe lo ossa come una morsa, lo stesso che imprigiona i battiti del mio cuore al giorno in cui lei ci ha maledetti e mi ha privato dell’anima. Vorrei odiarla, entrare nel laboratorio, far esplodere tutte le capsule e non lasciare nulla di quegli incantevoli corpi, lasciare che tutta la mia magia bruci all’inferno il suo viso stampato nelle repliche, ma … “Ho fatto portare il figlio di Bhaal nelle segrete. Spero che tu inizi a lavorarci al più presto” sogghigna Bodhi, e con un unico salto si porta fuori dalla stanza causando un urlo tra le driadi. “Non troverai in queste bambole ciò che hai perduto, Jon”. Questo lo dici tu. Lo dici tu che non hai mai sentito la sua luce, respirato la sua aria, ascoltato la sua voce mentre alza canti a Silvanus il giorno del solstizio d’estate. Lo dici perché non hai mai bevuto la vita dalle sue labbra o l’eternità dai suoi occhi. Queste repliche non hanno che una manciata della sua luce, ma preferisco questo minuscolo spiraglio al mondo di sangue e morte di cui ti circondi, un universo freddo che offre una vita eterna solo a chi non ha nulla da cui tornare. Io invece ce l’ho. Mi basta poco, molto poco e finalmente riavrò tutto ciò che mi è stato portato via. Tutto.
Personaggio: Jaheira Genere: Introspettivo, Missing Moments Rating: giallo Avvertimenti: mi sono basata sul background di Jaheira che è raccontato nella sua biografia in game. La Jaheira di questa storia è poco più che una bambina, perciò non stupitevi se appare diversa da quella che conoscete nel gioco. Il fatto è che io e la Jaheira adulta non andiamo per niente d'accordo, perciò ho trovato questa escamotage per parlare di lei.
Equilibrio
I piedi scalzi affondano nell’erba umida, trasmettendole una piacevole sensazione di fresco lungo tutte le gambe. Attorno a lei, la foresta sfoggia con orgoglio il suo manto autunnale, avvolta dalla soffusa luce dorata che filtra tra le fronde. Jaheira si ferma immobile al centro della radura, allargando le braccia con i palmi rivolti verso il cielo come i druidi le hanno insegnato. Un soffio di vento le scompiglia i capelli, ma né quello né la bellezza che la circonda riescono a scacciare le immagini di fuoco e paura che l’hanno appena risvegliata dall’ennesimo incubo. Come la mattina precedente. E quella prima ancora. Jaheira socchiude gli occhi e cerca conforto nel profumo delle foglie e del muschio, nell’odore del bosco che da pochi mesi è diventato la sua nuova casa. Nella sua mente continua a recitare le parole del maestro, come una cantilena: “Tu devi essere come l’albero, bambina. L’albero è ancorato alla terra, da essa trae nutrimento ed energia. Allo stesso tempo però i suoi rami offrono riparo agli uccelli e alle piccole creature della foresta, e le sue fronde respirano la voce del vento e si elevano fiere verso il cielo. È questa armonia tra la natura che ci dà la vita, gli esseri viventi e le forze divine che noi chiamiamo Equilibrio.” Jaheira ci prova a respirare la voce del vento. Ci prova con tutte le sue forze. Ma il vento le porta soltanto l’odore acre del fumo che le invade i polmoni e la fa piegare in due tra i colpi di tosse, gli occhi inondati di lacrime. In un attimo lo schermo protettivo degli alberi svanisce e lei si ritrova di nuovo lì, nel castello, aggrappata disperatamente alle vesti di sua madre mentre da fuori le grida dei ribelli e i colpi dell’ariete fanno tremare il portone del cortile interno. Rivive l’orribile momento in cui la madre la spinge via da sé, gentilmente ma con fermezza, per affidarla all’abbraccio di Mya, la sguattera di cucina. Rivive la corsa disperata tra i cunicoli bui e soffocanti del passaggio segreto, rivede il corpo di Wagner, il capitano della guarnigione, cadere tagliato in due da una spada per coprire la loro fuga verso la foresta. Un conato di vomito la fa cadere in ginocchio su un tappeto di foglie secche. Che sciocchezza, l’Equilibrio. Come può esserci Equilibrio nel mondo se delle persone buone, che non hanno mai fatto del male a nessuno, vengono uccise solo perché erano fedeli a un re che qualcun altro non amava? Dov’è l’Equilibrio nel castello incendiato, nei campi calpestati e distrutti, nel pianto di una bambina che in una sola notte ha perso tutto ciò che aveva di caro al mondo? Lo scricchiolio improvviso di un ramo le strappa un sussulto, e Jaheira salta in piedi asciugandosi le lacrime con rabbia. Di nuovo quell’impostore! “Guarda che lo so che mi stai spiando!” grida verso le fronde da cui è venuto il rumore. Finora l’aveva sempre ignorato, ma non riesce a sopportare l’idea che l’abbia vista piangere. “Sei il ragazzino che è venuto una settimana fa con l’altro maestro. Fai veramente schifo a nasconderti.” Il fruscio tra le fronde si intensifica, e pochi istanti dopo l’impostore si cala giù dall’albero con un salto un po’ goffo che per poco non gli fa perdere l’equilibrio. Solo ora riesce a vederlo bene in faccia: deve essere poco più grande di lei, e sfoggia un’espressione da assoluto ebete sul viso squadrato. “C-che brava… mi hai scoperto… “ “Perché mi spiavi?” lo aggredisce Jaheira. “Che cosa vuoi da me?” Il ragazzino diventa rosso e comincia a guardare in tutte le direzioni tranne che verso di lei. “I-io m-mi annoiavo e… scusa, non ti volevo offendere! Il mio m-maestro mi ha portato qui per imparare dai druidi, p-per f-f-fare esercizi di meditazione e conoscere la natura, ma, ma… non sono molto b-bravo. La meditazione è un po’ noiosa e… e…. “ Jaheira si volta e fa per andarsene. L’ultima cosa di cui ha voglia in quel momento è stare ad ascoltare i balbettii incoerenti di quello spione. La voce di lui la rincorre attraverso la radura. “A-aspetta!! Io p-p-p-pensavo che p-potevamo diventare amici!! S-so combattere, sai? Sono un guerriero!” Suo malgrado Jaheira si volta ridendo: “Un guerriero? Tu?” “Sì!” un sorriso complice gli attraversa per un attimo il volto, rendendolo sorprendentemente più gradevole. “Se vuoi p-posso insegnarti. Scommetto che anche tu ti annoi con la meditazione. E poi… combattere aiuta a smettere di p-pensare.” Finalmente il ragazzo si decide a guardarla negli occhi. Le sembra di riconoscere qualcosa in quello sguardo, un’ombra fugace che le ricorda la sua stessa tristezza, le sue stesse paure. È diverso dalle occhiate compassionevoli dei druidi che ogni giorno tentano di confortarla. Per un istante ha l’impressione che qualcuno la capisca veramente. “Io non ci credo che sai combattere.” gli dice infine, distogliendo la sguardo. Il presunto guerriero non si arrende: “Domani a quest’ora, allo stagno. I bastoni da allenamento li porto io.” Jaheira non risponde. Si volta di nuovo e riprende ad allontanarsi, ma questa volta il ragazzo non tenta di fermarla. Forse ha capito che insistere non serve. Che in cuor suo Jaheira ha già preso la sua decisione. “Io comunque mi chiamo Khalid!” lo sente gridare mentre si inoltra tra gli alberi, e si lascia sfuggire un sorriso. Per un attimo la foresta le sembra più luminosa.
Personaggio: Safana Genere: Introspettivo, Comico Rating: giallo tendente all'arancione Avvertimenti: ... si vede che detesto Safana? XD
Nothing but a mere illusion
Il tocco del mago è timido, palesemente inesperto. Le sue mani percorrono il corpo di Safana come farebbero con una delle sue preziose pergamene, sfiorandolo appena con la punta delle dita quasi temessero di sgualcirlo. Risalgono timorose lungo la curva morbida dei fianchi, esitano per lo spazio di qualche istante e solo alla fine osano raccogliersi attorno ai seni, indugiandovi con dolcezza. Non sono certo quelle goffe carezze da adolescente a farle avvampare un brivido di desiderio sulla pelle e fin dentro le viscere. C’è una sensazione ancora più inebriante del calore del corpo di un uomo premuto contro il proprio, ed è il gusto del potere, urgente ed irresistibile. La consapevolezza che quell’uomo, almeno per il breve spazio di una notte, ci appartiene. Che ogni suo gesto, ogni suo sospiro, è schiavo della nostra volontà e del nostro inappellabile capriccio. Stanca di giocare, Safana affonda le dita nei suoi capelli e lo tira verso di sé, lo bacia con passione, con violenza. Dalle labbra dell’incantatore sfugge un gemito inarticolato e le sue mani acquistano coraggio, esplorano il suo corpo con rinnovata avidità, sopraffatte dall’ondata inarrestabile di desiderio. Dentro di sé, Safana esulta. La sua scelta sarebbe potuta cadere su un qualsiasi altro membro del gruppo: il mezzorco dal fisico impossibilmente perfetto magari, oppure il ranger affascinante e tenebroso. Il mago mingherlino, con le sue spalle curve e l’aria perennemente afflitta, l’ha convinta per la semplice ragione che era il più improbabile, il più assurdo di tutti. Quello su cui nessuna donna metterebbe mai gli occhi, nemmeno per errore. Lo strumento perfetto per la sua vendetta. Coran è uno stupido se crede che lei non abbia notato come guardava la cameriera l’altra sera alla locanda. Safana ha fatto finta di nulla, continuando a conversare con i compagni di viaggio e a bere birra come se niente fosse, ma ai suoi occhi attenti di ladra non è sfuggito nemmeno un particolare. Ha visto le mani dell’elfo allungarsi “casualmente" verso i fianchi e il fondoschiena di quella ragazzina insipida. Lo ha visto prenderla da parte alla fine della cena e sussurrarle qualcosa all’orecchio, strappandole una risatina imbarazzata e dipingendole le guance di un rossore che celava ben altri desideri. Immaginare il seguito è bastato a mandarle di traverso la birra. L’amore non c’entra nulla. Coran non fa che ripeterle di amarla, anche se poi non riesce a fare a meno delle sue scappatelle. L’amore come lo cantano i bardi è una sciocchezza, una favola per bambine viziate. Ciò che le brucia davvero è vedere l’elfo sfuggire al proprio controllo, cedere ai sorrisi di un’altra donna quando dovrebbe strisciare per terra al solo inarcarsi di un suo sopracciglio. E per questo merita una punizione esemplare. L’incantatore ora prende addirittura l’iniziativa, spingendola sul letto mentre continua a baciarla sulle labbra, lungo il collo, sui seni, ormai ubriaco di piacere, ubriaco di lei. Sono proprio le persone rigide e inibite come lui che una volta rotto il ghiaccio si lasciano andare alla passione nel modo più completo, compensando l’inesperienza con l’ardore senza freni di chi scopre il sesso per la prima volta. Poteva sembrare un bersaglio difficile, ma la verità è che conquistarlo è stato un gioco da ragazzi. È bastato introdursi nella sua stanza con la scusa più stupida del mondo: “Xan, stamattina mentre esploravamo le rovine di Ulcaster ho trovato questo libro antico. Credo sia un grimorio di qualche tipo… pensavo che ti potesse interessare.” Una volta dentro, la sua esperienza ha fatto il resto. Safana sorride mentre il mago ansima nell’incavo del suo collo; se lei lo desidera, nessuno è in grado di resisterle. Il pensiero della faccia di Coran quando scoprirà che lo ha scartato in favore del mago depresso la manda in estasi più di tutti i baci di Xan. Safana assapora il gusto dolce del trionfo e le sue dita scattano in avanti, armeggiando impazienti con i lacci della tunica del mago.
“Forse dovresti farla smettere. Prima che inizi a spogliarsi, intendo. A meno che tu non gradisca lo spettacolo.” Senza staccare lo sguardo dal letto e da Safana, Neera lancia un’occhiata di sottecchi all’incantatore. No, non sembra gradire proprio per niente. La sua espressione è la stessa di sempre, quella del martire che sta sopportando stoicamente la pena indicibile di essere al mondo. “Non credevo che avessi tutto questo senso dell’umorismo, Xan.” In effetti ci vuole una bella dose di autocontrollo per non ridere di fronte all’immagine di Safana che abbraccia con passione il vuoto e imprime baci nell’aria. I suoi gemiti probabilmente stanno tenendo sveglia mezza locanda. “Non è senso dell’umorismo. È difesa personale.” “Ma come hai fatto? Non esiste un incantesimo di illusione così potente… “ “Diciamo che mi sono aiutato con una pergamena maledetta.“ Neera è sinceramente ammirata. Xan è uno dei compagni di viaggio più noiosi che abbia mai avuto, ma per quanto riguarda la conoscenza della magia non ha rivali. “Credo che anche Coran dovrebbe venire a dare un’occhiata” aggiunge l’incantatore dopo un attimo. “Sono certo che lo troverebbe uno spettacolo istruttivo. Finalmente capirebbe che quello che lui si ostina a chiamare amore non è altro che una grande, grandissima illusione."
Personaggio: Faldorn Genere: Demenziale, pseudointrospettivo. Canon. Rating: verde Avvertimenti: ma secondo voi come si fa a scrivere una fanfiction su Faldorn? E' ammesso il lancio di pomodori all'autrice.
Let my show begin
Bene. Ora o mai più. Lo so che ti stai chiedendo “Cosa si può scrivere su Faldorn?” Bene, caro il mio … come dite dalle vostre parti …? … nerd di Baldur’s Gate, tu che passi le tue ore creando i personaggi più assurdi, cercando delle statistiche inesistenti o semplicemente vantandoti di aver finito tutto il gioco solo con il tuo stupido personaggio … beh, sappi che anche l’autrice che doveva occuparsi della mia storia si è posta la stessa domanda. Mi ha fissata con il suo solito sguardo da ebete e con i suoi occhiali che non pulisce da settimane, ha incrociato le braccia davanti alla tastiera e ha detto: “Faldorn, dammi un appiglio per scrivere qualcosa su di te, o qui la pagina resterà bianca a vita”. Ho provato a rispondere a quella scansafatiche che se era riuscita a scrivere qualcosa su Eldoth (su Eldoth, capite, mica su Edwin!) poteva anche buttare giù due righe su di me. Ma niente, nulla, il cervello di quella lì si è spento e mi ha lasciata da sola a raccontare qualcosa di cui nemmeno io ho idea. Guardate che lo so che non sono il personaggio preferito di nessuno. Non avrò 18 in intelligenza, ma non ci vuole Edwin per girare in queste vostre malsane comunità collegate a questi ancor più malsani computer per scoprire che nessuno mi ha mai scelta come personaggio preferito. Ovunque campeggia un impietoso 0%, che ogni tanto fa compagnia a quello di Quayle e Tiax. Ma vedete, in fondo tutti vogliono bene a Tiax. Chi di voi non se n’è mai uscito con un “One day, Tiax will point and click?” Avanti, coraggio, ammettetelo! E Quayle. Lui si che mi fa rodere il fegato. Non fa niente per tutto Baldur’s Gate 1, lo si incontra quasi per errore davanti alle porte della città, e poi … in Baldur’s Gate 2 torna tutto sorridente nel suo circo, ha persino una bella nipotina e soprattutto rimane in vita. E io, invece? Compaio come boss, il protagonista nemmeno si ricorda di me e mi fa attaccare da Jaheira o da Cernd e muoio senza nemmeno una battuta, e nessuno si preoccupa di sapere come mai ho ceduto al male, alla vendetta, etc etc … Vogliamo discutere l’utilità della mia classe? In una squadra due guerrieri sono d’obbligo. E anche due maghi. Al limite anche due chierici. Ma due druidi … Solo un cretino metterebbe in squadra due druidi! (e tra questi c’è la mi autrice, che nella sua primissima partita era arrivata con due druidi davanti ad Irenicus e si chiedeva come mai non riuscisse a vincere). Purtroppo per me c’è quell’arrivista di Jaheira. Che non solo ha anche delle doti da guerriera che la rendono anche appetibile, ma si porta persino dietro un buon guerriero che vanifica qualunque mia utilità in una squadra. Aggiungiamoci che il suo portrait è molto più carino del mio … e il danno è fatto. Se dite che la mia caratterizzazione fa schifo, perché non guardate quella di Kagain? Ma no, lui ha delle belle statistiche, perché non scrivete un’ode in rima alternata sulla grandezza del suo 20 in costituzione e ve la mettete dove dico io? Ed il primo che osa dire che Safana è un gran bel personaggio voglio chiedergli dove ha gli occhi … o forse una vaga idea ce l’avrei … A completare il disastro arrivano quei tre dell’Enanced Edition, la maga demente, l’orco bisex ed il monaco appiccicoso, che ovviamente fanno un figurone perché sono arrivati venti anni dopo e sfido io che abbiano una caratterizzazione migliore della povera Faldorn! Tutti li esaltano, ma non sono altro personaggi moddati che hanno avuto la fortuna di diventare ufficiali e anzi, ho visto personaggi moddati anche migliori di loro … tanto non esistono delle mod che potenzino me.
Autrice: “Ehm, Faldorn … hai finito? Mi è venuta un’idea su Ellesime e mi servirebbe Word per …”
Ecco, siamo alle solite, una volta che ho un po’ di spazio per me arriva l’ennesimo personaggio amato dai fan che ….
Autrice: “Faldorn, hai sforato le cinquecento parole da un pezzo. Piantala di blaterare e torna a mugugnare incantesimi da qualche altra parte!”
Oh, ma una bella Piaga degli Insetti stanotte non gliela leva nessuno a questa megera …
Personaggio: Baeloth Barrityl Genere: Introspettivo, Comico, Missing Moments Rating: verde Avvertimenti: contiene allitterazioni. Ambientata prima di BG:EE e dei Black Pits. Il titolo è una citazione a Harry Potter.
Mischief managed
Pazienza. Precisione. Perizia. Pianificazione. Un solo movimento sbagliato, una sola parola pronunciata male e per me è la fine. Sono venti giorni che indago l’intrico di incantesimi protettivi attorno alla camera segreta della Matrona Ardulace, e so che la chiave è lì, appena fuori la portata delle mie dita. Ogni giorno aggiungo un minuscolo tassello al puzzle del mio piano perfetto. Pulisco i pavimenti, e mi concentro sulla trama di magia. Lucido le lampade, e scandaglio le protezioni alla ricerca di una debolezza. Persino mentre lavo le luride, limacciose latrine (di gran lunga la tortura più truce del mio tragico travaglio) sussurro incantesimi tra i denti, cercando di disfare uno per uno i fili magici che mi separano dall’ambito tesoro. Li allento con l’amorevole attenzione di un’artista, e li rimpiazzo con altrettante illusioni. Ormai non dovrebbe mancare molto. Devo ringraziare lo Spettatore per aver fatto splendere di nuovo la scintilla della speranza nella mia anima annichilita, per avermi risollevato dal miserevole maelstrom di mestizia in cui ero precipitato. Ci siamo intesi subito, lo Spettatore e io. Abbiamo troppe cose in comune. Due geni incompresi, creature di intelligenza inimmaginabile imbrigliate e incatenate dall’invidia di individui inferiori. L’ho incontrato per la prima volta un giorno che la Matrona mi ha spedito tra le rovine nella periferia di Ust Natha per rincorrere uno dei suoi ributtanti ragni domestici. Non ho ritrovato il ragno, ma mi sono imbattuto nell’unico essere in tutto il Sottosuolo sufficientemente intelligente da comprendere il mio valore. Dopo quel giorno ci sono tornato tutte le volte che ho potuto. Non possiamo aiutarci a vicenda, ma se non altro ci consoliamo con una delle più inestimabili benedizioni che sia concessa agli uomini in tempi di crisi: lamentarsi. I nostri dialoghi seguono sempre una sorta di copione prestabilito. “Niente di nuovo sul fronte occidentale”, è il saluto usuale del Beholder. “Almeno venisse qualcuno a cercare di impadronirsi del tesoro. Se non altro la mia missione avrebbe un senso. Sicuro che non vorresti provarci tu? Anche per finta, se proprio non ti va.” Lo Spettatore stava sonnecchiando serenamente nel suo piano quando l’incantesimo di un mago drow lo aveva evocato e vincolato indissolubilmente alla sua volontà. Per disgrazia il mago è morto poco dopo, e così il buon Beholder si è ritrovato costretto a fare la guardia per un secolo a un forziere di cui nemmeno conosce il contenuto. “No, grazie. Uno come me meriterebbe tesori di ben altro valore. Io, Baeloth l’Intrattenitore, lo stregone più strabiliante, stupefacente e sensazionale del Sottosuolo, sottomesso a una sordida, svilente schiavitù!” La causa primaria della mia rovina, lo dico sinceramente, risiede nella discriminazione a cui siamo soggetti noi sfortunati maschi drow. Nella stragrande maggioranza delle altre civiltà del mondo sono gli uomini a detenere lo scettro del comando. In molti regni e città degli umani le femmine sono proprietà del padre, dei fratelli e infine dello sposo; tra gli elfi di superficie godono dello stesso rispetto dei maschi, e per quanto riguarda i nani… beh, sfido chiunque a distinguere un nano da una nana. Persino tra gli animali il maschio ha autorità sul branco e possiede tutte le femmine che ne fanno parte. Stando così le cose, direi che ho avuto la favolosa fortuna di venire alla luce nell’unico luogo in tutta Faerûn in cui il sesso maschile è completamente assoggettato e asservito allo strapotere femminile. “E che avrò fatto di tanto terribile, poi? La mia arena di gladiatori aveva successo. Come tutte le mie idee, del resto. Ero riverito e rispettato. Ti pare che la Matrona Ardulace se la doveva prendere con me solo per un paio di insipidi Ilithid fuggiti per errore? Avessero ucciso qualcuno di importante… “ Non ci sono dubbi che Ardulace Despana, prima matrona di Ust Natha, fosse gelosa del mio potere e della mia influenza e cercasse un pretesto qualsiasi per affondarmi. Ma, che Lolth le strappi il cuore, se lo divori e lo risputi fuori in poltiglia, non le bastava far chiudere la mia adorata arena? Doveva per forza condannarmi a questa abominevole e abietta agonia? Quasi avrei preferito una giornata di frustate o di carboni ardenti. Almeno, per citare un detto dei deprecabili duergar, me la sarei cavata “con una botta e via”. “E invece sei finito a fare da aiutante agli sguatteri di cucina.” “Magari solo di cucina. Le latrine me le sogno persino la notte. E ogni volta mi risveglio urlando.” Poi, un giorno, appena un mese fa, lo Spettatore mi ha salutato in modo diverso. “Oggi è una gran giornata! Ormai ero certo che mi si sarebbero atrofizzati i tentacoli, ma devo ringraziare quei due soldati tanto simpatici se sono riuscito a fare un po’ di esercizio. Mi dispiace solo che non sia rimasto molto di loro. Non sono riuscito a trattenermi, si vede che sono fuori allenamento…” I due sventurati (membri del casato Despana, per la mia grande gioia) avevano commesso l’errore di chiacchierare troppo prima della loro prematura dipartita. “Erano tutti infervorati per una lampada magica che avrebbero portato qualche giorno fa alla tua adorata Matrona. Pare che l’avessero sottratta agli Ilithid che vivono a est di qui. Tutta gente che a te sta molto simpatica, eh?” A quel punto i tasselli del grande piano già avevano iniziato a prendere forma nella mia mente. È per questo che sono qui, ora. Sciocca, superba Ardulace! Con la condanna che mi hai inflitto ti sei scavata la fossa sotto i piedi! Se so dove si trova la tua alcova segreta lo devo al fatto che trascorro le giornate a pulire ogni angolo più riposto delle tue stanze. E oggi, proprio oggi, spezzerò l’ultimo sigillo e mi impadronirò delle vestigia del tuo potere. La magia finalmente si dissolve, la porta segreta si rivela e si schiude di fronte ai miei occhi frementi di attesa. Le mie dita accarezzano la superficie dorata della lampada, assaporando il momento con voluttà. Il genio risponde prontamente al potere del nuovo padrone. “Il mio nome è Najim. Sono al vostro servizio, signore.”
Visto che l'ispirazione c'era ho deciso di fare questa aggiunta! E con la nobile e bellissima regina Ellesime finisce il blocco dei PNG (spero di aver fatto bene i conti ...). Stranamente sono piuttosto contenta di com'è venuta.
Personaggio: Ellesime Genere: Introspettivo, Malinconico, Missing Moments. Rating: verde Avvertimenti: citazioni da tutti i pori da uno dei pochi videogiochi che amo più di Baldur's Gate. Prova a indovinare di quale gioco si tratta!
Reverse Rebirth
La luce compare da uno spiraglio. Un soffio di vento gentile penetra da quella fessura, flebile ma quanto basta per darmi forza; anche la magia è stanca, ma risponde lo stesso al mio comando e lentamente la terra si sgretola e trasforma quello spiraglio in una vera uscita. Il sole mi abbraccia. Ci sono stati momenti in cui ho creduto di rimanere per sempre sottoterra, di non poter fuggire e respirare quest’aria meravigliosa; momenti in cui la stessa magia di Mystra sembrava voltarmi le spalle, in cui ho dovuto scavare con le mani questo passaggio ignorando il dolore delle rocce sotto le unghie e la paura di un buio che sembra inghiottire qualunque cosa. Ho scavato pensando a lui, soltanto a lui. Se adesso sono qui, lo devo ai suoi occhi. Gli incantesimi permeano l’aria delle colline di Windspear. Non è la magia pura di Suldanesselar e del suo Albero della Vita, ma è un richiamo più cupo ed antico che non posso fingere di ignorare, la terra stessa mi ha parlato del drago rosso che dorme nelle rovine; la assaporo, lasciandomi cullare. L’abbraccio del sole si trasforma in una gentile carezza, e lentamente muovo i primi passi in avanti senza voltarmi verso il cunicolo che è stato allo stesso tempo la mia prigione e la mia unica via di fuga. Qualcuno mi sta aspettando. Il ricordo della mia città mi stringe il cuore. La terra vibra sotto i piedi, ma gli ankheg avvertono la mia presenza e si allontanano mentre uno scoiattolo si affaccia all’ombra di un cespuglio quasi a ringraziarmi di avergli evitato di diventare il loro pasto. Vorrei accarezzarlo e sentire il suo flusso vitale, ma quello scompare tuffandosi nel sottobosco. A Suldanesselar questo non sarebbe successo. A Suldanesselar sarebbe saltato sulla mia spalla e mi avrebbe raccontato della sua famiglia tra una battuta e l’altra sul comportamento dei tarli; si sarebbe profuso in mille inchini e tutti gli abitanti della foresta mi avrebbero fatto ala, proprio come nel giorno in cui Joneleth mi dichiarò il suo amore. Ma Suldanesselar è lontana. Anche Joneleth. Probabilmente non li vedrò mai più. Resteranno dei ricordi, delle immagini che col tempo sbiadiranno e voleranno via insieme al vento dell’Est; il suo viso scomparirà, si confonderà, ed anche quando non riuscirò a capire se sia un bene o un male rimarrà sempre in quell’angolo della mente dove sono nascosti i sogni. Lo cercherò in quel punto dove sono già sfioriti i volti di Denim, Elhan, e di tanti altri elfi che ormai affiorano davanti ai miei occhi come stelle cadenti in una notte scura. Questo è il destino dei ciò che è passato, ma non voglio perdere tutto. Sono stati questi ricordi a portarmi fuori da quella prigione ed a spingermi sempre avanti, Joneleth, Suldanesselar, Joneleth e ancora Joneleth. Questi ricordi sono tutto ciò che ho. È un vero peccato che non siano miei. “Bene arrivata!”. L’acqua del lago si increspa fino a gettare uno spruzzo lungo la mia veste; il riflesso degli alberi si assottiglia, e quando sollevo la testa trovo tre paia di occhi chiari carichi di un sorriso che ho visto solo una volta nella vita. “Credevamo che non ce l’avessi fatta …le altre …” Non ci sono più altre. Soltanto io. E non sarei qui se quel guerriero con il criceto sulla spalla non avesse urtato inavvertitamente la mia capsula, liberandomi da quell’incubo in cui ero stata costretta a tornare perché “incompleta”. Il tocco di Elyme, Cania e Ulene è magia pura ed il mio corpo la riconosce mentre le ferite lentamente rimarginano ed i piedi ritrovano il vigore. Il loro profumo è quello della primavera. “La regina ha detto che è possibile, i tuoi poteri sono così legati all’Albero della Vita che la trasformazione potrebbe avere effetto, ma …” la voce di Ulene è delicata, ma una sottile incrinatura scivola su quel meraviglioso cristallo. “Sei sicura di questa scelta? Non si può tornare indietro”. “Indietro … dove?” Joneleth … “Non c’è niente dietro di me”. Lei non l’avrebbe fatto. Lei sarebbe tornata indietro, sarebbe corsa a cercare l’uomo che amava, lei avrebbe dato la vita per la sua nazione, per gli elfi e gli umani. Non sarebbe rimasta in un angolo sperduto del mondo, non avrebbe mai scambiato la sua pelle candida per una corteccia, delle fronde, dei frutti e le voci argentine delle uniche persone che avrebbe mai potuto chiamare “amiche”. Avrebbe accantonato un’esistenza serena per combattere a fianco del suo popolo, tenendo allo stesso tempo nel petto un amore immortale. Ma io non sono lei. Sono soltanto una replica, per esattezza la numero quarantaquattro. E questa decisione spetta solo a me. Quella della regina Ellesime è un’altra storia, e quindi la si dovrà raccontare un’altra volta.
Personaggio: Khalid Genere: Introspettivo, Malinconico, Comico, Missing Moments Rating: giallo Avvertimenti: li ho messi alla fine per non fare spoiler XD
Il suono del silenzio
“Tre tigri contro tre tigri.” Non è da Khalid mettere in dubbio una decisione del figlio di Gorion. Sa, da sempre, di essere il soldato perfetto: rapido a eseguire gli ordini, letale con la spada, instancabile in combattimento, ma completamente privo di qualsiasi capacità di comando. E di solito gli va bene così, contento di affidarsi al giudizio di Jaheira e del ragazzo che lui e sua moglie hanno giurato di seguire fino in capo a Faerûn. Stavolta però è diverso. Stavolta c’è quel maledetto stregone drow che sta mettendo a dura prova persino la sua leggendaria capacità di sopportazione. “Dai, non è difficile! Ripeti con me: tre tigri contro tre tigri.” Khalid si sporge oltre il costone di roccia che fa loro da rifugio e si accovaccia in una macchia di cespugli. Attraverso l’intrico di rami e foglie i suoi occhi scrutano il sentiero in ogni direzione, cercando di mettere a fuoco movimenti sospetti tra la fitta vegetazione del sottobosco. Il figlio di Gorion e il resto del gruppo sono andati avanti, a stanare il gruppo di banditi hobgoblin a cui hanno dato la caccia per giorni. Khalid e Baeloth sono la retroguardia, incaricati di tenere d’occhio la via d’ingresso al covo per intercettare eventuali rinforzi in arrivo o bloccare la strada ai fuggitivi. Un compito che finora si sta rivelando un’autentica tortura. “Magari preferisci ‘trentatré Treant andarono a Trademeet’? Facciamo a chi lo dice più veloce?” “B-basta, drow. Abbassa la v-voce. Ci s-s-s-scopriranno!” La risatina dello stregone echeggia tra gli alberi, amplificata dal silenzio della foresta. Gli svolazza attorno come un folletto maligno, tagliente quanto basta a riaprire vecchie cicatrici mai dimenticate. Khalid si ostina a tenere gli occhi fissi sul sentiero, ma quello sguardo lo trapassa da parte a parte, si imprime a fuoco in ogni angolo della sua mente. Quante volte lo ha già visto? Un sogghigno appena celato dalle dita di una mano, a metà tra la commiserazione il disprezzo. Uno scintillio maligno che affiora negli occhi scuri, sotto due sopracciglia folte e perennemente aggrottate. Da bambino tutti i suoi sforzi erano volti a far sì che la linea severa di quelle labbra si schiudesse in un sorriso, in un segno di approvazione soltanto per lui. Ha sempre fallito. Il mercante più facoltoso di Calimshan non ha mai saputo che farsene di un figlio balbuziente, incapace di condurre affari e portare a termine trattative, totalmente inadatto a ereditare il suo impero commerciale. “È una fortuna per me che tu sia qui, Khalid. Altrimenti finirei per morire di noia. Non lo trovi divertente? Un adepto delle armi audace e ardimentoso come te che balbetta come un babbuino bastonato!” Negli anni Khalid ha messo a punto una serie di strategie nel tentativo sempre più disperato di compiacere il genitore. Ha imparato a riconoscere le parole “difficili”, quelle che ti fanno balbettare per forza, non importa con quanta lentezza e precisione tenti di pronunciarle. Ha imparato a evitarle, studiando sfilze infinite di sinonimi e perifrasi. Ha imparato a servirsi dei gesti per sostituirle. Ha imparato a tacere. È diventato bravissimo a sparire negli angoli, a rendersi invisibile, a confondersi tra la gente. Ha scoperto che non parlare a volte è meno faticoso e difficile che correre il rischio di sbagliare. “Qui non abbiamo nulla da fare. Gli altri si stanno prendendo tutto il divertimento mentre noi siamo ridotti a fare le sentinelle… capisco che il capo non volesse portare un sempliciotto che sussulta al minimo sussurro, ma lasciare me indietro… “ L’istinto maturato negli anni è più forte di qualsiasi altra sensazione. La lingua gli si incolla al palato, i denti serrati, la mascella rigida: e, ancora una volta, Khalid sceglie di non parlare. Potrebbe avvertire di nuovo l’incauto drow, ripetergli di abbassare la testa, di nascondersi tra i cespugli. Fargli notare che se continua a blaterare a voce così alta prima o poi le persone sbagliate finiranno per accorgersene. Invece le sue labbra rimangono ostinatamente sigillate. “… costringermi a marcire qui insieme a questa patetica imitazione di un guerriero… scaricare così lo stregone più strabiliante che abbia mai solcato il Sottosuolo e la superficie…” L’unico preavviso è un fruscio, un lieve movimento tra le fronde del sottobosco. Khalid sente il sibilo della freccia e si volta in tempo per vederla conficcarsi al centro della fronte del drow. Baeloth sbarra gli occhi, il suo torrente di parole stroncato a metà, e cade al suolo con un tonfo sordo. L’hobgoblin esce dal nascondiglio tra i cespugli con un’ascia in pugno e si avvicina alla loro postazione per controllare la vittima. Ma non ha fatto i conti con Khalid. Il mezzelfo sbuca all’improvviso dalle fronde, e l’hobgoblin è troppo lento a sollevare l’arma per difendersi. La spada di Khalid lampeggia una volta, abbattendosi dritta tra il collo e la spalla della creatura, che cade morta senza emettere un lamento. Si assicura che l’assalitore fosse solo prima di avvicinarsi cautamente al corpo di Baeloth. Basta uno sguardo per capire che non c’è nulla da fare. Dovrà pensarci Branwen al suo ritorno, con una pergamena di resurrezione. Sempre che non sia già troppo tardi per l’intervento della magia. No, qualcosa gli dice che gli toccherà sopportare l’arroganza del drow ancora per parecchio tempo. Il maledetto ha già dimostrato in passato di avere una fortuna sfacciata quando si tratta di salvarsi per il rotto della cuffia. Per il momento però Khalid può permettersi di chiudere gli occhi, ascoltare i tenui rumori della foresta e il fruscio del vento, e godersi fino in fondo il meraviglioso suono del silenzio.
Nota: nel gioco non viene detto espressamente che Khalid sia balbuziente, lo si vede solo balbettare qualche volta, ma io l'ho sempre immaginato così, e data la sua storia può anche starci secondo me. In quanto a Baeloth, forse uno con un bel 19 in intelligenza non sarebbe così stupido da farsi ammazzare in questo modo ridicolo, ma la cosa mi faceva troppo ridere e non ho saputo resistere XD
E con questa finisce la Combo Paladini!!! Quanti punti si vincono? Credo che personalmente riprenderò a scrivere dopo ferragosto, ne approfitto per augurare a tutti buone vacanze. Tra partenze, amici e ospiti dubito che mi connetterò più di tanto.
Da quanto tempo è lì dentro? L’ombra della grande statua di Helm si allunga, segno che è passata più di un’ora da quando lei è entrata. Anche gli altri iniziano a mostrare segni di nervosismo, Korder si è alzato mugugnando tra sé mentre Loya tamburella le unghie sullo scudo con un ritmo serrato che non mi piace. Cosa diavolo stai combinando, Mazzy? Le quattro persone prima di lei hanno impiegato al massimo mezz’ora, e tutti non hanno fatto altro che complimentarsi tra loro per il paladino che presto sarà il loro mentore; la prova è un combattimento contro dei manichini, nulla che lei o io non possiamo superare. Ci siamo allenati talmente tante volte che sono quasi dispiaciuto all’idea di non potermi confrontare con degli altri candidati, magari anche con delle armi di legno o delle semplici cotte di cuoio. Quel ragazzetto sbarbato che è appena entrato al servito di sir Reirrac e lo sta gridando ai quattro venti impugna il giavellotto come una zappa e lo scudo come un battipanni … Per un attimo mi immagino che i maestri esaminatori la stiano trattenendo per ammirare la sua bravura con l’arco, o la velocità con cui può disarmare una guardia, ma quando le porte dell’edificio si aprono capisco che non è andata come pensavo. Nemmeno a questa distanza riesce a nascondere le venature rosse che giacciono nei suoi occhi. Uno degli aspiranti prova idiotamente a chiederle come è andata, ed in un attimo si ritrova a faccia in giù per le scale, con un bel livido sullo stinco. E ne avrebbe anche un paio sulla faccia se non mi intromettessi. Bloccare Mazzy alle spalle non è un’idea geniale, ma la conosco troppo bene e quando sta per fracassarmi una caviglia mi scanso al momento giusto ed il suo piede trova soltanto l’aria. “Mazzy, adesso calmati!” “Non una parola, Ajantis. Ne ho sentite anche troppe oggi”. Alcuni soldati del Cuore Radioso guardano nella nostra direzione; è chiaro che la piccola zuffa non è passata inosservata, e so che trattenere la mia amica è l’unico modo sicuro per evitare che venga accompagnata fuori di qui con una balestra puntata alle spalle o su un carro diretto alle prigioni. Fissa le guardie con un’occhiata di sfida, e allento la presa solo quando i suoi muscoli si rilassano e l’attenzione degli altri aspiranti paladini si concentra sul ragazzo che è appena entrato tra mille auguri di incoraggiamento. “Oh, lui sicuramente riuscirà a superare la prova. Dopotutto è un ricco, nobile, importante umano”. E non mi sfugge il veleno con cui pronuncia l’ultima parola. “Mazzy, in caso te ne fossi dimenticata anche io sono un ricco e nobile umano, ma questo non …” “Sì che c’entra qualcosa. C’entra tutto, in realtà”. È strano vederla piangere. Non ha mai pianto, nemmeno quando è caduta nel burrone vicino al capanno dei Corthala e vi è rimasta due giorni con entrambe le gambe rotte; è sempre stata lei a prendere le decisioni, a trascinarmi la notte nella foresta per andare a caccia di lupi o a balzare nel covo dei ladri che stavano derubando il villaggio nelle colline Umar. Tutte le estati che trascorrevo con la mia famiglia sulle colline si trasformavano in epiche battaglie solo grazie alla testardaggine di quella piccola halfling che non ne voleva sapere di lavorare in taverna o fungere da dama di compagnia per le nobildonne in vacanza. E non riesco a credere che lo sguardo furioso che mi sta rivolgendo sia lo stesso che sognava di combattere contro legioni di giganti, spade alla mano sotto il vessillo del Cuore Radioso. “Tu diventerai un paladino, Ajantis. Lo hai scritto nel sangue e nel tuo cognome. Nessuna porta ti si chiuderà davanti”. “Ma cosa è successo? Non riesco a credere che il tuo stile di combattimento non …” Lei sputa per terra, la tristezza stavolta trasformata in una maschera di rabbia. “Cosa è successo? È successo che gli esaminatori … aspetta, come hanno detto … non dubitiamo del tuo cuore, piccola halfling, ma della portata del tuo braccio … e mi hanno persino chiesto se volevo una fetta di torta per consolazione. Un vecchio signore ha provato a spezzare una lancia in mio favore, ma tutti hanno riso di me”. “Io non ho mai riso di te, Mazzy. E non lo farò mai”. Perché non ci trovo nulla da ridere nel nostro sogno. Non c’è nulla da ridere nel sognare di battersi spalla a spalla come compagni d’armi e come amici, soli davanti ad orchi, licantropi e giganti per difendere il nostro paese. Ho sempre creduto di essere un debole, se fosse dipeso dal giudizio del mio maestro d’armi avrei riposto la spada e mi sarei dedicato alla gestione degli affari di famiglia a Waterdeep; e se adesso sento di poter affrontare anche un drago a mani nude è perché ho trovato qualcuno che mi ha spinto a credere in qualcosa di diverso, a coltivare un sogno che altrimenti sarebbe rimasto chiuso in qualche buio angolo della mia mente. E fa un certo effetto sapere che non potremo continuare insieme. Ancora di più quando realizzo che tra i due non sono certo io quello più adatto ad andare avanti. Posso ancora … “Non ci pensare nemmeno” risponde lei. Si asciuga gli occhi col dorso della mano e cerca di assumere di nuovo l’espressione autoritaria che conosco. Anche se non le riesce molto bene. “Tu adesso vai ed insegui il tuo sogno. Ti auguro solo di trovare un maestro migliore di quei quattro idioti lì dentro. E se ogni tanto avessi voglia di raccontarmi qualcuna delle tue epiche imprese … sai dove trovarmi”. Prima ancora che io possa aggiungere altro mi dà le spalle, e con il suo lieve passo impercettibile è già arrivata alla porta del tempio. La sala dietro di me si apre, ed il ragazzo esce portato in trionfo da tutti gli altri compagni. Uno degli esaminatori esce, con una pergamena in mano. “Ajantis Ilvarstarr”.
Comments
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Personaggio: Branwen
Genere: Malinconico, Introspettivo, Missing Moments.
Rating: verde
Avvertimenti: non credo che questa storia riuscirà a comunicare qualcosa agli altri. L'ho scritta soprattutto per me, immaginando cosa sarebbe sucesso al mio party di BG 1 una volta terminate le avventure del videogioco. Era qualcosa che ho sempre voluto raccontare, cercando di dare una forma a dei personaggi che non ne hanno avuta. Siete liberi di dire che questa storia non è un gran che. Ah, ovviamente anche il titolo è una citazione.
Precious Time, Glory Days
“Mia signora, siamo pronti a salpare”.
Mi mancava il mare. Sotto i miei piedi il familiare rollio mi trascina leggermente in alto e in basso, come l’abbraccio di una madre.
Il cielo è sereno, ma il viaggio fino alle isole Norheim è lungo e l’inverno sta arrivando. I gabbiani sono già migrati a sud, lontani dalla stretta gelida che ci attende al ritorno a casa, quella morsa che imprigiona le navi in una morsa di ghiaccio che sottomette persino il mare. La pelliccia mi attende sotto coperta, ma per il momento preferisco sollevare le braccia e lasciare che la tunica si impregni dell’odore del porto di Baldur’s Gate, della sua gente e del grog che un marinaio della Lanterna Rossa sta bevendo chiaramente lontano dagli occhi del suo capitano.
In fondo è questo l’odore dei sogni.
Sogni che si sono infranti all’Isola dei Ghiacci, dove sono stata costretta a fermare Andris e Beyn con queste mani. Il gelo di quel posto aveva fiaccato persino persone valorose come loro, guerrieri che avevano conosciuto i miei stessi scogli ed avevano visto lo stesso mare crescere con la luna e velarsi di gelo durante l’inverno. Nell’isola dei cristalli Tempus è stato chiaro, e devo tornare a casa.
L’equipaggio mi osserva, i loro occhi un misto tra paura e reverenza. Nessuna donna di Norheim ha mai evocato il fulmine di Tempus. Ma del resto nessun sacerdote del mio villaggio ha mai visto uomini combattere contro demoni e dèi, né hanno mai ascoltato le grida di un dopplegänger che si finge un bambino straziato per attirare le sue vittime in una trappola senza ritorno. Tempus mi ha offerto la gloria in ogni istante e la sua forza è entrata nelle braccia dei miei compagni: è grazie a lui che sono diventata qualcun altro, una donna diversa da quella che ha lasciato le isole per cercare la fede e la gloria. Quella donna ha trovato ciò che cercava, e adesso i gabbiani salutano il suo riflesso invece di posarsi sulle forme pietrificate in cui è rimasta prigioniera per mesi.
So cosa ho rischiato.
“Qualcuno sta andando via senza salutare?”
Mi volto.
Non avrei mai creduto di sentire ancora quei passi. Due stivali forti che calpestano la passerella con tutta l’intenzione di fare più rumore possibile, ed il sottile scivolare di piedi che saltano sul sartiame ed atterrano proprio al mio fianco.
Yeslick ha la sua immancabile pipa, forse l’unica cosa di lui che non mi è mancata. “Fammi indovinare, hai deciso di rinchiuderti su quei quattro scogli del nord e non scrivere nemmeno una letterina ai tuoi amici?”
“I miei giorni di gloria sono finiti” dico, osservando Kivan che abbassa il cappuccio e mi guarda al di sopra dei suoi tatuaggi azzurri. Non ha mai sorriso dal giorno in cui ci siamo incontrati, e non credo che inizierà a farlo adesso. “Sono una vera sacerdotessa di Tempus, adesso. Il mio posto è casa”.
“Per il martello di Moradin, questa sì che è una vera sciocchezza. Come se Tempus gliene importasse qualcosa di sentire le tue preghiere in un tempio solitario o in un bel campo di battaglia!” grida facendo voltare tutto l’equipaggio. L’alito ha lo stesso sapore di birra dell’ultima volta che ci siamo lasciati. Si pianta a gambe larghe sul ponte ed incrocia le braccia. “E poi sono convinto che Tempus non ti farebbe mai tornare a casa quando ci sono degli amici in pericolo!”
“Cosa …?”
Kivan mi si avvicina. “Abbiamo ricevuto una lettera da una nostra vecchia conoscenza col brutto vizio di arpeggiare. Non chiedermi come ci siano riusciti, ma Imoen è stata portata a Spellhold dagli Stregoni Incappucciati e il nostro comune amico è partito lancia in resta con Neera cercando di salvarla, e da quel che sembra hanno già messo sottosopra mezzo Amn senza nemmeno invitarci a far baldoria”.
L’Amn.
A migliaia di leghe da qui.
“E dunque io e orecchie-a-punta ci stavamo chiedendo se ci avresti potuto dare un passaggio fino a Brynnlaw e dare a quei due testoni il comitato di benvenuto! Per poi magari raddrizzare qualche torto qui e lì …” dice, e so benissimo qual è l’espressione che adesso si sta riflettendo nei suoi occhi scuri. “Pare che anche lì abbiano i loro problemi, pirateria, prostituzione, insomma hanno proprio bisogno che qualcuno li prenda a calci nel sedere e insegni loro la forza di Tempus!”
Ho sempre adorato il riflesso della luce del sole sulla sua barba rossiccia; è una luce calda, vera, che riesce a portare il tepore del fuoco anche nel cuore di una tempesta. Il vento soffia, gonfia le nostre vesti e porta un odore diverso, privo del freddo invernale. Il profumo del legno di casa si trasforma in un’aria carica di sale che mi scende fin nella gola e fa scivolare una piccola lacrima dai miei occhi.
Cerco il consiglio di Tempus, ma non devo guardare oltre. Devo sentire.
E credere.
C’è una luce meravigliosa, ed il vento soffia verso sud.
Branwen, Yeslick e Kivan raggiunsero Brynnlaw quando ormai era troppo tardi. Il figlio di Bhaal aveva già salvato Imoen dalla prigione di Spellhold, e quando i tre misero piede sull’isola la sua nave era già sprofondata nei fondali dell’oceano ed il suo gruppo si stava districando la le lotte intestine dei nobili Sahagin. Ma non si persero d’animo e decisero lo stesso di fare la loro parte, e poi ancora, ed ancora, ed ancora lontano da lì. La leggenda del figlio di Bhaal riempie le arpe di tutti i bardi, ma non sono pochi quelli che raccontano di un’umana, un elfo e un nano che viaggiarono insieme per rendere la Costa della Spada un luogo migliore.
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Personaggio: Montaron
Genere: Introspettivo, Fantasy, Missing Moments. Canon.
Rating: arancione
Avvertenze: questa fanfic è caratterizzata da più turpiloquio del previsto per dare meglio il punto di vista del personaggio. Purtroppo Montaron non è famoso per essere un esponente dell'Accademia della Crusca.
“And death will come on wings of song,
Bloody Harpa song of long and winding guile,
and in the end your end I wend,
and in the end a harp will smile!"
Cip cip cip.
Cip cip cip.
Cip cip cip un CAZZO!
La finestra è aperta, e non mi stanno guardando. Becco la mano della donna che mi sta riempiendo la vaschetta di mangime e attraverso la stanza con tutta la velocità che possono darmi queste fottutissime ali; cerco l’aria, muovo l’aria, respiro l’aria perché la via di fuga è ad un tiro di sasso da me e posso uscire, DEVO uscire e giuro che quando riavrò due gambe e due braccia diventerò davvero la morte distruttrice di …
Il dolore è fortissimo. Mi attraversa tutto, dalla punta delle ali alla coda. Invece di gridare dalla mia bocca esce solo un pigolio e precipito sul pavimento mentre la magia è ancora all’opera. Fa male, cazzo, fa male ma penso che potrei sopportare ancora un po’ di questa scarica elettrica pur di non vedere la faccia gigantesca e sorridente di Galvarey torreggiare su di me. Vorrei riavere delle gambe solo per dargli un calcio dove se lo ricorderà per le prossime cinque generazioni, a lui e a quella bastarda della sua amica Lucette.
Riesce a tenermi in una mano, provo a beccarlo e vorrei prendergli le ossa, ma il massimo che riesco a fare è provocargli un po’ di solletico. “Il nostro amico non ha ancora capito la sua posizione, suppongo …”
“Poco collaborativo con due gambe, poco collaborativo con due ali” risponde lei. Odio il suo sorriso. “Ma credo che questo sia l’unico modo per far capire a quello Zhentarim che ficcare il naso dei nostri affari è un’idea pessima idea”.
Puah, come se questo potesse far desistere Xzar! È stata sua quella fottutissima idea di farmi infiltrare nella roccaforte di questi dannati Arpisti, e se lo conosco bene –e lo conosco- adesso starà da qualche parte rosicchiandosi le unghie immaginando qualche strampalato piano per avere lo stesso le informazioni che ha bisogno. Un piano che ovviamente fallirà, visto che non lo metterò in pratica io!
E di certo il grandissimo figlio di puttana non si preoccuperà di venirmi a riprendere.
Ma non posso rimproverarglielo. Se gli Arpisti avessero catturato lui … col cazzo che avrei rischiato la pelle!
La finestra si richiude per un soffio di vento.
Galvarey si avvicina alla voliera –ed ho la ferma impressione che anche quei due merli ed il cardellino che si agitano tra i rami in origine non avessero un becco e le penne- e fa per chiuderla alle mie spalle quando l’altra lo ferma e mi afferra prima che io riesca a sgranchirmi di nuovo le ali. Mi tiene in mano e fa scivolare le dita all’altezza del petto e poi del collo, e per quanto cerco di farle capire con una beccata che desidero vederla agonizzare nel suo sangue il becco incontra un guanto resistentissimo, forse imbottito di metallo. Lei mi guarda e ride di nuovo.
“Siamo a corto di becchime, Galvarey. Lo Zhentarim ha già fatto la sua mossa”.
“Cosa dice Rylock?”
“Pare che il necromante abbia chiesto aiuto a qualcuno che conosciamo fin troppo bene. Qualcuno che porta il marchio di Bhaal nel petto” mormora. Il suo tono di voce si riduce ad un sibilo. “Lo ammetto, non avevo previsto che avrebbe cercato di recuperare il suo minuscolo amico. Credevo che si sarebbe accontentato del nostro avvertimento. Ma si è esposto, e questo rende il nostro piano ancora più facile”.
Che cosa????
XZAR E’ PIU IMBECILLE DI QUANTO PENSASSI!!! L’HO SEMPRE DETTO CHE SENZA DI ME NON SAREBBE IN GRADO DI PULIRSI GLI STIVALI DA SOLO!!!!
E poi … sta davvero cercando di tirarmi fuori di qui?
Questo …
Galvarey sospira. “Immagino che tu abbia un piano, Lucette”.
“Assolutamente. Per il momento uno scontro frontale con il figlio di Bhaal sarebbe fuori discussione, quindi la cosa migliore è fargli trovare quello che vuole. O quello che pensa di volere. L’importante è che alla fine tutto torni a vantaggio dell’Arpa. Pensa alla faccia dello Zhentarim quando scoprirà che il passerotto che gli arriverà dalle mani del suo campione nasconderà una … come dire … sorpresina …”
Puttana. Riprendo a beccare, ancora più forte, a costo di fracassarmi il becco. E se sotto la pelle del guanto c’è del metallo giuro che lo fracasso, fosse l’ultima cosa che faccio in vita mia! Se non mi stringesse le ali sarei davvero tentato di scoprire come fa un bulbo oculare quando una zampetta con gli artigli ci plana dentro e lo spappola. Non le faccio nulla ma non importa, NON IMPORTA, e la cosa più odiosa di questa situazione è che mi sto persino preoccupando per quel CRETINO SUCCHIA-UOVA!!!!
“E di questo ladruncolo impiccione che ne facciamo?”
“Te l’ho detto, Galvarey …” Puttana. Puttana. Puttana. “… siamo a corto di becchime”.
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Bellissimo. Uno dei migliori! Leggerlo sapendo che non c'e' via d'uscita per Montaron lo rende davvero speciale!!!
Personaggio: Eldoth Kron
Genere: Malinconico, Introspettivo, Missing Moments. Canon.
Rating: verde
Avvertimenti: come già scritto, contiene riferimenti ad un personaggio di BG 2 EE. Se non volete rovinarvi alcuni particolari della trama vi consiglio di leggere la storia dopo aver terminato il gioco.
Silence
Ah, finalmente un po’ di silenzio!
La taverna di Trademeet è piena di gente come al solito, c’è persino un bardo da quattro soldi che strimpella qualcosa su un liuto, un paio di avventori stanno già alzando il tono della voce … ma in fondo c’è silenzio. Qualunque cosa può essere chiamata “silenzio” davanti ai piagnucolii di Skie.
Erano diversi anni che non venivo in questa città; adesso le cameriere non si siedono più sulle gambe degli avventurieri per arrotondare la paga, e quella a cui rivolgo un sorriso va a nascondersi nelle cucine. Gli avventori non parlano più di carestie e fame, ma un paio di ciccioni alla mia destra non fa altro che dissertare sulla capacità d’acquisto delle monete d’oro e la qualità di non so quale strana spezia proveniente da Calishman.
Skie lo troverebbe persino interessante.
Stupida oca.
La birra nera, grazie al cielo quella non è cambiata! Già al terzo sorso la sua voce lamentosa sembra un ricordo sbiadito; e per quanto non mi sembra di vedere cameriere interessanti non credo che nella città del commercio avrò difficoltà a trovare un po’ di compagnia per stasera. Cielo, andrebbe bene persino quella grassona sdentata vicino all’uscita, purché stia zitta.
“Per un boccale di birra potrei essere io la tua compagnia, amico!”
Mi volto di scatto, come se qualcosa avesse pizzicato il cervello. L’uomo che mi si siede accanto non è esattamente il tipo di compagnia che avevo in mente: due occhi grandi, velati rosso, mi osservano al di sopra di un viso emaciato con una barba scomposta che non vede una lama da almeno quindici giorni. Puzza di idromele. E di magia.
Una delle combinazioni peggiori che io conosca.
“Chi ti dice che io stia cercando qualcuno?”
La sua voce è impastata, simile ad una carta continuamente stropicciata. “Perché … l’ho visto!”.
“E dove, sentiamo …”
“Come se potessi spiegare la magia selvaggia. La magia selvaggia non si spiega, non si studia, la si accetta per quello che è”. Il tanfo viene anche dal suo abito, una tunica viola stropicciata in più punti. Un tempo sarebbe stata una veste piuttosto costosa, ma ormai non è altro che un cumulo di stracci. “Oggi puoi essere un uccello, domani il più potente dei Deva. E la settimana dopo guardi sul fondo di un boccale di birra e vedi cose che avvengono in un altro continente. O vedi cose che si svolgono accanto a te che le tue orecchie non hanno voglia di ascoltare ed i tuoi occhi di vedere”.
“Uff, credo sia impossibile non sentire Skie …” mormoro. Guardo dall’altra parte, cercando di far capire a questo tizio che la sua conversazione mi ha stancato. Magia selvaggia … puah, tutti i maghi sono dei selvaggi. Ho passato troppi mesi con uno Zhentarim pazzo ed uno stregone drow intraducibile. Tutta gente senza un briciolo di senso pratico.
Infatti a Skie stavano simpatici.
Skie …
Al diavolo, sto pensando ancora a quell’idiota viziata! Lei e la sua stupida fissazione di volere una casa, una famiglia e tutte quelle patetiche stronzate! Se dipendesse dal suo cervello di gallina tutti i soldi che ho accumulato in una vita finirebbero in quattro mattoni in questa noiosissima città, in una patetica bottega e in un marmocchio urlante. Mi ha rotto le scatole per fuggire dal suo palazzo per poi impuntarsi a vivere in un posto fisso, prendere la mia libertà e strangolarla con una catena; credevo amasse il vento tra i capelli ed un cavallo rubato sotto le gambe, ma sembra che non sia riuscita ad annegare il suo comportamento da principessina insopportabile.
Vorrà dire che mi godrò in un altro modo il mio denaro e …
“Non lo fare!” grida la spugna al mio fianco. Il suo tono di voce è alto, e qualche avventore alza persino la testa. “Non per denaro. Non lo fare”.
“Senti, vuoi piantarla di …”
“No. Sei tu che devi piantarla. Piantarla di credere che la ricchezza sia la cosa più importante nella vita. Piantarla di credere che l’amore sia soltanto un passatempo di cui disfartene alla prima occasione. Io l’ho fatto, sai? Ho barattato la donna migliore del mondo per una montagna di monete d’oro, un bel negozio ed una vita come la volevo io. E sai una cosa? …” sussurra, ed il rosso nei suoi occhi sembra quasi sparire.
Fa freddo. All’improvviso.
“… adesso sono uno degli uomini più ricchi di tutta Trademeet. Ricco abbastanza da comprarmi tutta la birra di questa dannata città. Anche tutte le puttane da qui ad Athkatla” mormora, poi si alza e tira un respiro profondo. Guarda il boccale vuoto e per un istante lo sguardo si addolcisce e perde tutto il rossore. “Ma nemmeno tutte le ricchezze di Waukeen possono cancellare gli occhi di Telana che mi fissano quando chiudo le palpebre. A quanto pare nessuna pozione può farmi dimenticare …”
Chissà se è vero. Il pianto di Skie si riaffaccia, più pungente di prima. Non c’è più quel bellissimo silenzio.
Adesso mi sembra anche meno bello. Dannazione.
Vorrei tirare il mio boccale vuoto all’uomo che mi ha guastato la serata, ma del mago improvvisamente non c’è più traccia.
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Personaggio: Jan Jansen
Genere: comico, demenziale
Rating: verde
Avvertimenti: il comico non è il mio genere, e si vede. Ho fatto più fatica a scrivere questa che tutte le altre messe insieme.
La vera storia di come il prode Jan Jansen beffò e sconfisse Kangaxx il semi-lich
Una carica di paladini è uno spettacolo che non si ammira tutti i giorni. Spade levate contro il cielo, scudi e armature scintillanti di luce sacra (o in alternativa illuminati da qualche globo magico opportunamente nascosto tra le giunture), voci tonanti che invocano la giustizia degli dèi. Una scena che trasuda epicità quasi quanto lo zio Gerhardt quella volta che sconfisse l’invasione di talpe nel suo orto sparando dardi incantati nei cunicoli. Jan si sporgerebbe ad applaudire se non temesse di perdere la sua posizione privilegiata, accovacciato dietro al sarcofago che lo ha nascosto alla vista del lich per tutta la durata del combattimento.
Non spreca fiato ad avvertirli. Innanzitutto perché tra le loro urla sulla gloria e l’onore e il clang-clang delle armature non lo sentirebbero mai, e poi perché tanto lui è solamente “il piccolo gnomo ladro e infingardo”, figuriamoci se lo stanno ad ascoltare.
Finora se la sono cavata degnamente, deve riconoscerglielo. Le creature evocate dalla maga hanno retto bene l’impatto devastante dei poteri di Kangaxx, Anomen lo ha stordito a forza di sermoni su Helm (per un attimo Jan ha quasi avuto pietà del povero lich), le frecce del Figlio di Bhaal raramente sbagliano il segno, e Keldorn… beh, uno che va in giro brandendo una roba chiamata “Carsomyr il Santo Vendicatore” farebbe impallidire persino una vecchia scorza dura come la prozia Gladys, che è sopravvissuta eroicamente al Lungo Quinquennio della Carestia di Rape e ha seppellito con le sue mani quindici figli, ventitré nipoti e quarantaquattro pronipoti.
Peccato che ci siano cose contro cui persino Carsomyr il Santo Vendicatore o la gloria sempiterna di Helm hanno l’utilità di una latrina otturata durante un’epidemia di dissenteria. Poche cose, ma esistono. Una di queste è un incantesimo di Imprigionamento. Jan conosce bene gli incantesimi di Imprigionamento; per anni in famiglia avevano creduto che il cugino Tedd fosse scappato di casa per sfuggire alle angherie della suocera, prima di scoprire che aveva semplicemente curiosato tra le pergamene sbagliate.
I suoi sensi gnomeschi gli hanno fatto drizzare tutti i capelli sulla nuca nel momento in cui Kangaxx si è rivelato nella sua forma definitiva. Gli piacerebbe che ogni tanto i suoi sensi gnomeschi si sbagliassero, ma purtroppo non succede mai. E così, come da copione, i prodi Anomen e Keldorn puff! scompaiono proprio nel bel mezzo della loro carica gloriosa, proiettati all’istante in una simpatica sfera sepolta a centinaia di metri nelle profondità della terra dove nessuno potrà più ascoltare le loro dissertazioni su Helm e Torm. Che peccato.
Un attimo dopo anche l’incauto ranger fa la stessa fine, e il Figlio di Bhaal e la maga selvaggia riparano dietro al sarcofago, evocando nuovi sciami di creature da mandare al macello.
Solo a quel punto Jan si alza in piedi, stiracchiando le gambe intorpidite. Qualcosa gli dice che è arrivato il suo momento.
Dalle cianfrusaglie nella bisaccia estrae una pergamena, quella che ha sgraffignato qualche giorno fa all’Emporio dell’Avventuriero subito dopo aver sentito Keldorn proporre al Figlio di Bhaal di andare a caccia di lich. Pronuncia le parole magiche tenendola sollevata, e in pochi secondi una sfera impalpabile di luce azzurrina avvolge interamente il suo corpo.
Esce dal nascondiglio proprio mentre uno sfortunato djinn sparisce nel nulla (ormai il sottosuolo sarà diventato piuttosto affollato), e inizia ad avanzare tranquillo verso Kangaxx.
“Salve! Come va? Giornataccia, eh? Ti capisco sai, stai riposando tutto tranquillo nel tuo bel sarcofago quando quei brutti paladini maleducati cominciano a urlarti nelle orecchie... anche se tecnicamente tu non dovresti avere orecchie essendo un teschio gigante…”
Senza badare ai convenevoli il semi-lich comincia a rigurgitargli addosso la consueta dose di incantesimi. I raggi di energia si infrangono impotenti contro lo scudo che circonda Jan, sfrigolando contro la sua superficie eterea come pesci fritti in padella. La pergamena di protezione è veramente valsa tutti gli sforzi che ha fatto per rubarla.
Con calma lo gnomo punta la balestra verso la creatura e spara una salva di quadrelli. Poi un’altra. E un’altra ancora. Da dietro il sarcofago anche le frecce del Figlio di Bhaal e la fionda della maga gli vengono in aiuto.
In pochi minuti è tutto finito, e il silenzio torna a regnare nella cripta.
“Sapete?” dice mentre i suoi due compagni emergono con aria lievemente sconcertata dal loro riparo improvvisato. “Temo che dovremmo tornare all’Emporio dell’Avventuriero. Ci tocca rubare qualche pergamena di Libertà.”
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Invece è un racconto molto carino. In certi momenti mi ha ricordato Tasslehoff Burrfoot
Complimenti.
LOL
Lo sospettavo.
E' un personaggio (molto riuscito) della serie dei romanzi di Dragonlance (ambientazione di D&D).
E' un kender (che sarebbe la una specie di halfling).
Vabbè, senza raccontarti la storia del mondo, dico solo che è un personaggio davvero divertente (sicuramente il più divertente) e in una parte del tuo racconto sembra sia lui a parlare.
Maybe @whitemushroom and @Lisaralin are interested to translate their work to let it be shared and enjoyed to all BG fans? ;D
(se siete interessate, ragazze, contattatemi: vedremo di organizzare qualcosa... che dite? ;P)
EDIT: La saga di Dragonlance è una tra le più appassionanti del moderno Fantasy (dagli anni '70 in poi) E Tasselhoff Burrfoot, in Coppia con Flint Fireforge il nano delle colline, è un personaggio che ti rimane nel cuore!
Non l'hai ancora letto? Che aspetti, Liz? Leggilo!
As for the translation, @Metalloman, I'm not sure... I'd love to share my works with everyone in the community, but from my experience I know that translating a text in a language which is not your mother tongue usually works very, very bad... and I don't know if I'm able to do that... the ideal condition would be to find a native English speaker who could understand Italian and translate the stories, but it is obviously very difficult...
Per ora Branwen e, soprattutto, Montaron mi sono davvero piaciuti.
@bengoshi Thanks for reading. As for @Lisaralin , English is not my first language, so first of all I must apologize for my terrible writing. I consider myself quite good at reading and speaking English, but writing ... is something different. Anyway, I must admit that your suggestion is thrilling and it could be an interesting project to improve my written English, but I'm not so sure about the results. If I were to post a story, I'd like it to be able to transmit the same emotions I tried to give in my own language. I have to say that your proposal is quite tempting XD XD XD I'm going to have a word with Lisaralin and the other members of the italian forum about that. I wish I knew English better ...
Ragazze avete davvero una creatività notevole.
Non solo ciascuna delle vostre storie è a dir poco coinvolgente, ma riuscite sempre a creare il giusto mix tra Lore e interpretazione personale.
Non mi ero mai interessato alle fanfiction, ma sono lieto che i vostri racconti siano stati la mia prima esperienza a riguardo
Chapeu!
EDIT: Se posso avanzare una richiesta personale, mi piacerebbe in futuro vederne una su Irenicus.
Magari riguardante l'attaccamento nei confronti di Ellisime che lo spinse a creare cloni e a riprodurre la stanza nella prima mappa di gioco.
:Ppprrrrr
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Personaggio: Jon Irenicus
Genere: Malinconico, Introspettivo, Missing Moments. Canon.
Rating: giallo
Avvertimenti: non sono troppo soddisfatta di come è scritta. Un'altra stretta di mano virtuale a chi indovina il titolo.
Stop the clocks
Non è un mattino come tanti. Non lo è mai quando sono con lei.
Respiriamo insieme, aspettando che i nostri sospiri siano uno l’eco dell’altro, come due danzatori che provano e riprovano i loro movimenti senza mai fermarsi, il suo braccio steso sul mio petto mentre tutto il corpo giace premuto contro il mio torace.
Ieri notte è stata bellissima. Migliore di tutte le altre. Non come la nostra prima volta, quello no, ma di sicuro ci siamo andati davvero vicini, nei suoi capelli c’era tutto il profumo di Suldanesselar ed è stato mio, soltanto mio. Per un attimo le foglie degli alberi fuori dalla nostra stanza sono state più potenti di quelle dell’Albero della Vita e adesso il mondo è perfetto, mi volto e davanti a me c’è il suo meraviglioso sorriso. Nessuno ci interrompe, nessun cortigiano viene a reclamare le attenzioni della regina, i suoi occhi non vagano sul soffitto pensando alle centinaia di impegni della giornata dove certamente io non sarò contemplato: sono solo per me, e quando ci stringiamo le sue labbra mi cercano fino ad unirci di nuovo in un piccolo mondo di carezze, respiri rapidi e centinaia di baci che non smettono di approfondirsi.
“Ti amo, Joneleth” sussurra quando per un istante le nostre labbra si separano per riprendere fiato. “Ti amerò per sempre”.
“Per sempre …?”
“Ma certo. Per tutta la vita”.
Per tutta la vita è un termine piuttosto impegnativo. Sotto le dita la sua pelle bianca è più liscia di quella di una driade; conosco ogni palmo di quel corpo, l’ho esplorato in questo letto e nei miei sogni, come se tutta la perfezione di Faerûn fosse racchiusa nel mio palmo. Per tutta la vita vuol dire che questa pelle diventerà fango e foglie appassite che cadranno anche al mio respiro, una distesa grigia priva di forme; vuol dire che questi capelli non giocheranno più con la luce del sole, ma racconteranno solo di un tempo lunghissimo ed inesorabile che nemmeno la lunghissima vita degli elfi può ingannare.
Non riesco ad immaginarla così. Ci ho provato migliaia di volte, ma nella mia mente lei è sempre perfetta, luminosa, la sua bellezza rimane inalterata come se il tempo si fosse dimenticato di lei o si fosse fermato apposta per non guastarla. “Bugiarda”.
Le sue ossa sono incredibilmente fragili; la mia magia la scaglia contro la parete ed una scia di sangue corre contro il muro mentre il bellissimo corpo si accartoccia senza nemmeno un rumore. Ulene, Elyme e Cania entrano nella stanza in un battito di ciglia e la portano via prima ancora che possa rivolgere loro la parola; sanno bene che non devono sostare in questa stanza più del necessario, soprattutto quando la loro magia ha fallito per l’ennesima volta.
Non provo nulla.
Assolutamente nulla.
“Allora è vero che giochi ancora con le bambole!”
Detesto quando questa stanza viene violata, specie quando il suo profumo viene superato dall’odore di morte che manda quel corpo in decadimento. Non faccio esplodere Bodhi con una palla di fuoco perché è l’unico vero alleato che ho … e forse perché non è soltanto lei a portare la morte nella carne e nel sangue, qui dentro. “Prima o poi ci riuscirò. Non posso certo pensare che escano perfette repliche al primo tentativo. Tutto tornerà come un tempo, te lo garantisco”.
“Tempo?” sibila lei. Sta per sputare sul tappeto, ma quando mi porto ad un passo dal suo viso bluastro riprende fiato e mi osserva con quel suo sorriso che mi dà solo il voltastomaco. “Noi non abbiamo più tempo, Jon. Ed è stata proprio la tua amata regina a portarcelo via, se non te lo sei dimenticato …”
No, certo che no. So benissimo da dove viene il freddo che mi stringe lo ossa come una morsa, lo stesso che imprigiona i battiti del mio cuore al giorno in cui lei ci ha maledetti e mi ha privato dell’anima. Vorrei odiarla, entrare nel laboratorio, far esplodere tutte le capsule e non lasciare nulla di quegli incantevoli corpi, lasciare che tutta la mia magia bruci all’inferno il suo viso stampato nelle repliche, ma …
“Ho fatto portare il figlio di Bhaal nelle segrete. Spero che tu inizi a lavorarci al più presto” sogghigna Bodhi, e con un unico salto si porta fuori dalla stanza causando un urlo tra le driadi. “Non troverai in queste bambole ciò che hai perduto, Jon”.
Questo lo dici tu. Lo dici tu che non hai mai sentito la sua luce, respirato la sua aria, ascoltato la sua voce mentre alza canti a Silvanus il giorno del solstizio d’estate. Lo dici perché non hai mai bevuto la vita dalle sue labbra o l’eternità dai suoi occhi. Queste repliche non hanno che una manciata della sua luce, ma preferisco questo minuscolo spiraglio al mondo di sangue e morte di cui ti circondi, un universo freddo che offre una vita eterna solo a chi non ha nulla da cui tornare. Io invece ce l’ho. Mi basta poco, molto poco e finalmente riavrò tutto ciò che mi è stato portato via.
Tutto.
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Personaggio: Jaheira
Genere: Introspettivo, Missing Moments
Rating: giallo
Avvertimenti: mi sono basata sul background di Jaheira che è raccontato nella sua biografia in game. La Jaheira di questa storia è poco più che una bambina, perciò non stupitevi se appare diversa da quella che conoscete nel gioco. Il fatto è che io e la Jaheira adulta non andiamo per niente d'accordo, perciò ho trovato questa escamotage per parlare di lei.
Equilibrio
I piedi scalzi affondano nell’erba umida, trasmettendole una piacevole sensazione di fresco lungo tutte le gambe. Attorno a lei, la foresta sfoggia con orgoglio il suo manto autunnale, avvolta dalla soffusa luce dorata che filtra tra le fronde. Jaheira si ferma immobile al centro della radura, allargando le braccia con i palmi rivolti verso il cielo come i druidi le hanno insegnato. Un soffio di vento le scompiglia i capelli, ma né quello né la bellezza che la circonda riescono a scacciare le immagini di fuoco e paura che l’hanno appena risvegliata dall’ennesimo incubo. Come la mattina precedente. E quella prima ancora.
Jaheira socchiude gli occhi e cerca conforto nel profumo delle foglie e del muschio, nell’odore del bosco che da pochi mesi è diventato la sua nuova casa. Nella sua mente continua a recitare le parole del maestro, come una cantilena:
“Tu devi essere come l’albero, bambina. L’albero è ancorato alla terra, da essa trae nutrimento ed energia. Allo stesso tempo però i suoi rami offrono riparo agli uccelli e alle piccole creature della foresta, e le sue fronde respirano la voce del vento e si elevano fiere verso il cielo. È questa armonia tra la natura che ci dà la vita, gli esseri viventi e le forze divine che noi chiamiamo Equilibrio.”
Jaheira ci prova a respirare la voce del vento. Ci prova con tutte le sue forze. Ma il vento le porta soltanto l’odore acre del fumo che le invade i polmoni e la fa piegare in due tra i colpi di tosse, gli occhi inondati di lacrime. In un attimo lo schermo protettivo degli alberi svanisce e lei si ritrova di nuovo lì, nel castello, aggrappata disperatamente alle vesti di sua madre mentre da fuori le grida dei ribelli e i colpi dell’ariete fanno tremare il portone del cortile interno.
Rivive l’orribile momento in cui la madre la spinge via da sé, gentilmente ma con fermezza, per affidarla all’abbraccio di Mya, la sguattera di cucina. Rivive la corsa disperata tra i cunicoli bui e soffocanti del passaggio segreto, rivede il corpo di Wagner, il capitano della guarnigione, cadere tagliato in due da una spada per coprire la loro fuga verso la foresta.
Un conato di vomito la fa cadere in ginocchio su un tappeto di foglie secche.
Che sciocchezza, l’Equilibrio. Come può esserci Equilibrio nel mondo se delle persone buone, che non hanno mai fatto del male a nessuno, vengono uccise solo perché erano fedeli a un re che qualcun altro non amava? Dov’è l’Equilibrio nel castello incendiato, nei campi calpestati e distrutti, nel pianto di una bambina che in una sola notte ha perso tutto ciò che aveva di caro al mondo?
Lo scricchiolio improvviso di un ramo le strappa un sussulto, e Jaheira salta in piedi asciugandosi le lacrime con rabbia.
Di nuovo quell’impostore!
“Guarda che lo so che mi stai spiando!” grida verso le fronde da cui è venuto il rumore. Finora l’aveva sempre ignorato, ma non riesce a sopportare l’idea che l’abbia vista piangere. “Sei il ragazzino che è venuto una settimana fa con l’altro maestro. Fai veramente schifo a nasconderti.”
Il fruscio tra le fronde si intensifica, e pochi istanti dopo l’impostore si cala giù dall’albero con un salto un po’ goffo che per poco non gli fa perdere l’equilibrio. Solo ora riesce a vederlo bene in faccia: deve essere poco più grande di lei, e sfoggia un’espressione da assoluto ebete sul viso squadrato.
“C-che brava… mi hai scoperto… “
“Perché mi spiavi?” lo aggredisce Jaheira. “Che cosa vuoi da me?”
Il ragazzino diventa rosso e comincia a guardare in tutte le direzioni tranne che verso di lei. “I-io m-mi annoiavo e… scusa, non ti volevo offendere! Il mio m-maestro mi ha portato qui per imparare dai druidi, p-per f-f-fare esercizi di meditazione e conoscere la natura, ma, ma… non sono molto b-bravo. La meditazione è un po’ noiosa e… e…. “
Jaheira si volta e fa per andarsene. L’ultima cosa di cui ha voglia in quel momento è stare ad ascoltare i balbettii incoerenti di quello spione.
La voce di lui la rincorre attraverso la radura. “A-aspetta!! Io p-p-p-pensavo che p-potevamo diventare amici!! S-so combattere, sai? Sono un guerriero!”
Suo malgrado Jaheira si volta ridendo: “Un guerriero? Tu?”
“Sì!” un sorriso complice gli attraversa per un attimo il volto, rendendolo sorprendentemente più gradevole. “Se vuoi p-posso insegnarti. Scommetto che anche tu ti annoi con la meditazione. E poi… combattere aiuta a smettere di p-pensare.”
Finalmente il ragazzo si decide a guardarla negli occhi. Le sembra di riconoscere qualcosa in quello sguardo, un’ombra fugace che le ricorda la sua stessa tristezza, le sue stesse paure. È diverso dalle occhiate compassionevoli dei druidi che ogni giorno tentano di confortarla.
Per un istante ha l’impressione che qualcuno la capisca veramente.
“Io non ci credo che sai combattere.” gli dice infine, distogliendo la sguardo.
Il presunto guerriero non si arrende: “Domani a quest’ora, allo stagno. I bastoni da allenamento li porto io.”
Jaheira non risponde. Si volta di nuovo e riprende ad allontanarsi, ma questa volta il ragazzo non tenta di fermarla. Forse ha capito che insistere non serve. Che in cuor suo Jaheira ha già preso la sua decisione.
“Io comunque mi chiamo Khalid!” lo sente gridare mentre si inoltra tra gli alberi, e si lascia sfuggire un sorriso.
Per un attimo la foresta le sembra più luminosa.
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Personaggio: Safana
Genere: Introspettivo, Comico
Rating: giallo tendente all'arancione
Avvertimenti: ... si vede che detesto Safana? XD
Nothing but a mere illusion
Il tocco del mago è timido, palesemente inesperto. Le sue mani percorrono il corpo di Safana come farebbero con una delle sue preziose pergamene, sfiorandolo appena con la punta delle dita quasi temessero di sgualcirlo. Risalgono timorose lungo la curva morbida dei fianchi, esitano per lo spazio di qualche istante e solo alla fine osano raccogliersi attorno ai seni, indugiandovi con dolcezza.
Non sono certo quelle goffe carezze da adolescente a farle avvampare un brivido di desiderio sulla pelle e fin dentro le viscere. C’è una sensazione ancora più inebriante del calore del corpo di un uomo premuto contro il proprio, ed è il gusto del potere, urgente ed irresistibile. La consapevolezza che quell’uomo, almeno per il breve spazio di una notte, ci appartiene. Che ogni suo gesto, ogni suo sospiro, è schiavo della nostra volontà e del nostro inappellabile capriccio.
Stanca di giocare, Safana affonda le dita nei suoi capelli e lo tira verso di sé, lo bacia con passione, con violenza. Dalle labbra dell’incantatore sfugge un gemito inarticolato e le sue mani acquistano coraggio, esplorano il suo corpo con rinnovata avidità, sopraffatte dall’ondata inarrestabile di desiderio.
Dentro di sé, Safana esulta. La sua scelta sarebbe potuta cadere su un qualsiasi altro membro del gruppo: il mezzorco dal fisico impossibilmente perfetto magari, oppure il ranger affascinante e tenebroso. Il mago mingherlino, con le sue spalle curve e l’aria perennemente afflitta, l’ha convinta per la semplice ragione che era il più improbabile, il più assurdo di tutti. Quello su cui nessuna donna metterebbe mai gli occhi, nemmeno per errore.
Lo strumento perfetto per la sua vendetta.
Coran è uno stupido se crede che lei non abbia notato come guardava la cameriera l’altra sera alla locanda. Safana ha fatto finta di nulla, continuando a conversare con i compagni di viaggio e a bere birra come se niente fosse, ma ai suoi occhi attenti di ladra non è sfuggito nemmeno un particolare. Ha visto le mani dell’elfo allungarsi “casualmente" verso i fianchi e il fondoschiena di quella ragazzina insipida. Lo ha visto prenderla da parte alla fine della cena e sussurrarle qualcosa all’orecchio, strappandole una risatina imbarazzata e dipingendole le guance di un rossore che celava ben altri desideri.
Immaginare il seguito è bastato a mandarle di traverso la birra.
L’amore non c’entra nulla. Coran non fa che ripeterle di amarla, anche se poi non riesce a fare a meno delle sue scappatelle. L’amore come lo cantano i bardi è una sciocchezza, una favola per bambine viziate. Ciò che le brucia davvero è vedere l’elfo sfuggire al proprio controllo, cedere ai sorrisi di un’altra donna quando dovrebbe strisciare per terra al solo inarcarsi di un suo sopracciglio.
E per questo merita una punizione esemplare.
L’incantatore ora prende addirittura l’iniziativa, spingendola sul letto mentre continua a baciarla sulle labbra, lungo il collo, sui seni, ormai ubriaco di piacere, ubriaco di lei. Sono proprio le persone rigide e inibite come lui che una volta rotto il ghiaccio si lasciano andare alla passione nel modo più completo, compensando l’inesperienza con l’ardore senza freni di chi scopre il sesso per la prima volta.
Poteva sembrare un bersaglio difficile, ma la verità è che conquistarlo è stato un gioco da ragazzi. È bastato introdursi nella sua stanza con la scusa più stupida del mondo:
“Xan, stamattina mentre esploravamo le rovine di Ulcaster ho trovato questo libro antico. Credo sia un grimorio di qualche tipo… pensavo che ti potesse interessare.”
Una volta dentro, la sua esperienza ha fatto il resto. Safana sorride mentre il mago ansima nell’incavo del suo collo; se lei lo desidera, nessuno è in grado di resisterle.
Il pensiero della faccia di Coran quando scoprirà che lo ha scartato in favore del mago depresso la manda in estasi più di tutti i baci di Xan. Safana assapora il gusto dolce del trionfo e le sue dita scattano in avanti, armeggiando impazienti con i lacci della tunica del mago.
“Forse dovresti farla smettere. Prima che inizi a spogliarsi, intendo. A meno che tu non gradisca lo spettacolo.”
Senza staccare lo sguardo dal letto e da Safana, Neera lancia un’occhiata di sottecchi all’incantatore. No, non sembra gradire proprio per niente. La sua espressione è la stessa di sempre, quella del martire che sta sopportando stoicamente la pena indicibile di essere al mondo.
“Non credevo che avessi tutto questo senso dell’umorismo, Xan.”
In effetti ci vuole una bella dose di autocontrollo per non ridere di fronte all’immagine di Safana che abbraccia con passione il vuoto e imprime baci nell’aria. I suoi gemiti probabilmente stanno tenendo sveglia mezza locanda.
“Non è senso dell’umorismo. È difesa personale.”
“Ma come hai fatto? Non esiste un incantesimo di illusione così potente… “
“Diciamo che mi sono aiutato con una pergamena maledetta.“
Neera è sinceramente ammirata. Xan è uno dei compagni di viaggio più noiosi che abbia mai avuto, ma per quanto riguarda la conoscenza della magia non ha rivali.
“Credo che anche Coran dovrebbe venire a dare un’occhiata” aggiunge l’incantatore dopo un attimo. “Sono certo che lo troverebbe uno spettacolo istruttivo. Finalmente capirebbe che quello che lui si ostina a chiamare amore non è altro che una grande, grandissima illusione."
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Personaggio: Faldorn
Genere: Demenziale, pseudointrospettivo. Canon.
Rating: verde
Avvertimenti: ma secondo voi come si fa a scrivere una fanfiction su Faldorn? E' ammesso il lancio di pomodori all'autrice.
Let my show begin
Bene. Ora o mai più.
Lo so che ti stai chiedendo “Cosa si può scrivere su Faldorn?”
Bene, caro il mio … come dite dalle vostre parti …? … nerd di Baldur’s Gate, tu che passi le tue ore creando i personaggi più assurdi, cercando delle statistiche inesistenti o semplicemente vantandoti di aver finito tutto il gioco solo con il tuo stupido personaggio … beh, sappi che anche l’autrice che doveva occuparsi della mia storia si è posta la stessa domanda. Mi ha fissata con il suo solito sguardo da ebete e con i suoi occhiali che non pulisce da settimane, ha incrociato le braccia davanti alla tastiera e ha detto: “Faldorn, dammi un appiglio per scrivere qualcosa su di te, o qui la pagina resterà bianca a vita”.
Ho provato a rispondere a quella scansafatiche che se era riuscita a scrivere qualcosa su Eldoth (su Eldoth, capite, mica su Edwin!) poteva anche buttare giù due righe su di me. Ma niente, nulla, il cervello di quella lì si è spento e mi ha lasciata da sola a raccontare qualcosa di cui nemmeno io ho idea.
Guardate che lo so che non sono il personaggio preferito di nessuno. Non avrò 18 in intelligenza, ma non ci vuole Edwin per girare in queste vostre malsane comunità collegate a questi ancor più malsani computer per scoprire che nessuno mi ha mai scelta come personaggio preferito. Ovunque campeggia un impietoso 0%, che ogni tanto fa compagnia a quello di Quayle e Tiax. Ma vedete, in fondo tutti vogliono bene a Tiax. Chi di voi non se n’è mai uscito con un “One day, Tiax will point and click?”
Avanti, coraggio, ammettetelo!
E Quayle. Lui si che mi fa rodere il fegato. Non fa niente per tutto Baldur’s Gate 1, lo si incontra quasi per errore davanti alle porte della città, e poi … in Baldur’s Gate 2 torna tutto sorridente nel suo circo, ha persino una bella nipotina e soprattutto rimane in vita. E io, invece? Compaio come boss, il protagonista nemmeno si ricorda di me e mi fa attaccare da Jaheira o da Cernd e muoio senza nemmeno una battuta, e nessuno si preoccupa di sapere come mai ho ceduto al male, alla vendetta, etc etc …
Vogliamo discutere l’utilità della mia classe? In una squadra due guerrieri sono d’obbligo. E anche due maghi. Al limite anche due chierici. Ma due druidi … Solo un cretino metterebbe in squadra due druidi! (e tra questi c’è la mi autrice, che nella sua primissima partita era arrivata con due druidi davanti ad Irenicus e si chiedeva come mai non riuscisse a vincere). Purtroppo per me c’è quell’arrivista di Jaheira. Che non solo ha anche delle doti da guerriera che la rendono anche appetibile, ma si porta persino dietro un buon guerriero che vanifica qualunque mia utilità in una squadra. Aggiungiamoci che il suo portrait è molto più carino del mio … e il danno è fatto.
Se dite che la mia caratterizzazione fa schifo, perché non guardate quella di Kagain? Ma no, lui ha delle belle statistiche, perché non scrivete un’ode in rima alternata sulla grandezza del suo 20 in costituzione e ve la mettete dove dico io? Ed il primo che osa dire che Safana è un gran bel personaggio voglio chiedergli dove ha gli occhi … o forse una vaga idea ce l’avrei …
A completare il disastro arrivano quei tre dell’Enanced Edition, la maga demente, l’orco bisex ed il monaco appiccicoso, che ovviamente fanno un figurone perché sono arrivati venti anni dopo e sfido io che abbiano una caratterizzazione migliore della povera Faldorn! Tutti li esaltano, ma non sono altro personaggi moddati che hanno avuto la fortuna di diventare ufficiali e anzi, ho visto personaggi moddati anche migliori di loro … tanto non esistono delle mod che potenzino me.
Autrice: “Ehm, Faldorn … hai finito? Mi è venuta un’idea su Ellesime e mi servirebbe Word per …”
Ecco, siamo alle solite, una volta che ho un po’ di spazio per me arriva l’ennesimo personaggio amato dai fan che ….
Autrice: “Faldorn, hai sforato le cinquecento parole da un pezzo. Piantala di blaterare e torna a mugugnare incantesimi da qualche altra parte!”
Oh, ma una bella Piaga degli Insetti stanotte non gliela leva nessuno a questa megera …
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Ve l'avevo detto che era demenziale ...
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Personaggio: Baeloth Barrityl
Genere: Introspettivo, Comico, Missing Moments
Rating: verde
Avvertimenti: contiene allitterazioni. Ambientata prima di BG:EE e dei Black Pits. Il titolo è una citazione a Harry Potter.
Mischief managed
Pazienza. Precisione. Perizia. Pianificazione.
Un solo movimento sbagliato, una sola parola pronunciata male e per me è la fine. Sono venti giorni che indago l’intrico di incantesimi protettivi attorno alla camera segreta della Matrona Ardulace, e so che la chiave è lì, appena fuori la portata delle mie dita.
Ogni giorno aggiungo un minuscolo tassello al puzzle del mio piano perfetto. Pulisco i pavimenti, e mi concentro sulla trama di magia. Lucido le lampade, e scandaglio le protezioni alla ricerca di una debolezza. Persino mentre lavo le luride, limacciose latrine (di gran lunga la tortura più truce del mio tragico travaglio) sussurro incantesimi tra i denti, cercando di disfare uno per uno i fili magici che mi separano dall’ambito tesoro. Li allento con l’amorevole attenzione di un’artista, e li rimpiazzo con altrettante illusioni. Ormai non dovrebbe mancare molto.
Devo ringraziare lo Spettatore per aver fatto splendere di nuovo la scintilla della speranza nella mia anima annichilita, per avermi risollevato dal miserevole maelstrom di mestizia in cui ero precipitato. Ci siamo intesi subito, lo Spettatore e io. Abbiamo troppe cose in comune. Due geni incompresi, creature di intelligenza inimmaginabile imbrigliate e incatenate dall’invidia di individui inferiori. L’ho incontrato per la prima volta un giorno che la Matrona mi ha spedito tra le rovine nella periferia di Ust Natha per rincorrere uno dei suoi ributtanti ragni domestici. Non ho ritrovato il ragno, ma mi sono imbattuto nell’unico essere in tutto il Sottosuolo sufficientemente intelligente da comprendere il mio valore.
Dopo quel giorno ci sono tornato tutte le volte che ho potuto. Non possiamo aiutarci a vicenda, ma se non altro ci consoliamo con una delle più inestimabili benedizioni che sia concessa agli uomini in tempi di crisi: lamentarsi. I nostri dialoghi seguono sempre una sorta di copione prestabilito.
“Niente di nuovo sul fronte occidentale”, è il saluto usuale del Beholder. “Almeno venisse qualcuno a cercare di impadronirsi del tesoro. Se non altro la mia missione avrebbe un senso. Sicuro che non vorresti provarci tu? Anche per finta, se proprio non ti va.”
Lo Spettatore stava sonnecchiando serenamente nel suo piano quando l’incantesimo di un mago drow lo aveva evocato e vincolato indissolubilmente alla sua volontà. Per disgrazia il mago è morto poco dopo, e così il buon Beholder si è ritrovato costretto a fare la guardia per un secolo a un forziere di cui nemmeno conosce il contenuto.
“No, grazie. Uno come me meriterebbe tesori di ben altro valore. Io, Baeloth l’Intrattenitore, lo stregone più strabiliante, stupefacente e sensazionale del Sottosuolo, sottomesso a una sordida, svilente schiavitù!”
La causa primaria della mia rovina, lo dico sinceramente, risiede nella discriminazione a cui siamo soggetti noi sfortunati maschi drow. Nella stragrande maggioranza delle altre civiltà del mondo sono gli uomini a detenere lo scettro del comando. In molti regni e città degli umani le femmine sono proprietà del padre, dei fratelli e infine dello sposo; tra gli elfi di superficie godono dello stesso rispetto dei maschi, e per quanto riguarda i nani… beh, sfido chiunque a distinguere un nano da una nana. Persino tra gli animali il maschio ha autorità sul branco e possiede tutte le femmine che ne fanno parte. Stando così le cose, direi che ho avuto la favolosa fortuna di venire alla luce nell’unico luogo in tutta Faerûn in cui il sesso maschile è completamente assoggettato e asservito allo strapotere femminile.
“E che avrò fatto di tanto terribile, poi? La mia arena di gladiatori aveva successo. Come tutte le mie idee, del resto. Ero riverito e rispettato. Ti pare che la Matrona Ardulace se la doveva prendere con me solo per un paio di insipidi Ilithid fuggiti per errore? Avessero ucciso qualcuno di importante… “
Non ci sono dubbi che Ardulace Despana, prima matrona di Ust Natha, fosse gelosa del mio potere e della mia influenza e cercasse un pretesto qualsiasi per affondarmi. Ma, che Lolth le strappi il cuore, se lo divori e lo risputi fuori in poltiglia, non le bastava far chiudere la mia adorata arena? Doveva per forza condannarmi a questa abominevole e abietta agonia? Quasi avrei preferito una giornata di frustate o di carboni ardenti. Almeno, per citare un detto dei deprecabili duergar, me la sarei cavata “con una botta e via”.
“E invece sei finito a fare da aiutante agli sguatteri di cucina.”
“Magari solo di cucina. Le latrine me le sogno persino la notte. E ogni volta mi risveglio urlando.”
Poi, un giorno, appena un mese fa, lo Spettatore mi ha salutato in modo diverso.
“Oggi è una gran giornata! Ormai ero certo che mi si sarebbero atrofizzati i tentacoli, ma devo ringraziare quei due soldati tanto simpatici se sono riuscito a fare un po’ di esercizio. Mi dispiace solo che non sia rimasto molto di loro. Non sono riuscito a trattenermi, si vede che sono fuori allenamento…”
I due sventurati (membri del casato Despana, per la mia grande gioia) avevano commesso l’errore di chiacchierare troppo prima della loro prematura dipartita.
“Erano tutti infervorati per una lampada magica che avrebbero portato qualche giorno fa alla tua adorata Matrona. Pare che l’avessero sottratta agli Ilithid che vivono a est di qui. Tutta gente che a te sta molto simpatica, eh?”
A quel punto i tasselli del grande piano già avevano iniziato a prendere forma nella mia mente.
È per questo che sono qui, ora. Sciocca, superba Ardulace! Con la condanna che mi hai inflitto ti sei scavata la fossa sotto i piedi! Se so dove si trova la tua alcova segreta lo devo al fatto che trascorro le giornate a pulire ogni angolo più riposto delle tue stanze. E oggi, proprio oggi, spezzerò l’ultimo sigillo e mi impadronirò delle vestigia del tuo potere.
La magia finalmente si dissolve, la porta segreta si rivela e si schiude di fronte ai miei occhi frementi di attesa.
Le mie dita accarezzano la superficie dorata della lampada, assaporando il momento con voluttà.
Il genio risponde prontamente al potere del nuovo padrone.
“Il mio nome è Najim. Sono al vostro servizio, signore.”
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Personaggio: Ellesime
Genere: Introspettivo, Malinconico, Missing Moments.
Rating: verde
Avvertimenti: citazioni da tutti i pori da uno dei pochi videogiochi che amo più di Baldur's Gate. Prova a indovinare di quale gioco si tratta!
Reverse Rebirth
La luce compare da uno spiraglio. Un soffio di vento gentile penetra da quella fessura, flebile ma quanto basta per darmi forza; anche la magia è stanca, ma risponde lo stesso al mio comando e lentamente la terra si sgretola e trasforma quello spiraglio in una vera uscita.
Il sole mi abbraccia.
Ci sono stati momenti in cui ho creduto di rimanere per sempre sottoterra, di non poter fuggire e respirare quest’aria meravigliosa; momenti in cui la stessa magia di Mystra sembrava voltarmi le spalle, in cui ho dovuto scavare con le mani questo passaggio ignorando il dolore delle rocce sotto le unghie e la paura di un buio che sembra inghiottire qualunque cosa. Ho scavato pensando a lui, soltanto a lui. Se adesso sono qui, lo devo ai suoi occhi.
Gli incantesimi permeano l’aria delle colline di Windspear. Non è la magia pura di Suldanesselar e del suo Albero della Vita, ma è un richiamo più cupo ed antico che non posso fingere di ignorare, la terra stessa mi ha parlato del drago rosso che dorme nelle rovine; la assaporo, lasciandomi cullare. L’abbraccio del sole si trasforma in una gentile carezza, e lentamente muovo i primi passi in avanti senza voltarmi verso il cunicolo che è stato allo stesso tempo la mia prigione e la mia unica via di fuga.
Qualcuno mi sta aspettando.
Il ricordo della mia città mi stringe il cuore. La terra vibra sotto i piedi, ma gli ankheg avvertono la mia presenza e si allontanano mentre uno scoiattolo si affaccia all’ombra di un cespuglio quasi a ringraziarmi di avergli evitato di diventare il loro pasto. Vorrei accarezzarlo e sentire il suo flusso vitale, ma quello scompare tuffandosi nel sottobosco. A Suldanesselar questo non sarebbe successo.
A Suldanesselar sarebbe saltato sulla mia spalla e mi avrebbe raccontato della sua famiglia tra una battuta e l’altra sul comportamento dei tarli; si sarebbe profuso in mille inchini e tutti gli abitanti della foresta mi avrebbero fatto ala, proprio come nel giorno in cui Joneleth mi dichiarò il suo amore.
Ma Suldanesselar è lontana. Anche Joneleth.
Probabilmente non li vedrò mai più. Resteranno dei ricordi, delle immagini che col tempo sbiadiranno e voleranno via insieme al vento dell’Est; il suo viso scomparirà, si confonderà, ed anche quando non riuscirò a capire se sia un bene o un male rimarrà sempre in quell’angolo della mente dove sono nascosti i sogni. Lo cercherò in quel punto dove sono già sfioriti i volti di Denim, Elhan, e di tanti altri elfi che ormai affiorano davanti ai miei occhi come stelle cadenti in una notte scura.
Questo è il destino dei ciò che è passato, ma non voglio perdere tutto. Sono stati questi ricordi a portarmi fuori da quella prigione ed a spingermi sempre avanti, Joneleth, Suldanesselar, Joneleth e ancora Joneleth.
Questi ricordi sono tutto ciò che ho.
È un vero peccato che non siano miei.
“Bene arrivata!”. L’acqua del lago si increspa fino a gettare uno spruzzo lungo la mia veste; il riflesso degli alberi si assottiglia, e quando sollevo la testa trovo tre paia di occhi chiari carichi di un sorriso che ho visto solo una volta nella vita. “Credevamo che non ce l’avessi fatta …le altre …”
Non ci sono più altre.
Soltanto io. E non sarei qui se quel guerriero con il criceto sulla spalla non avesse urtato inavvertitamente la mia capsula, liberandomi da quell’incubo in cui ero stata costretta a tornare perché “incompleta”.
Il tocco di Elyme, Cania e Ulene è magia pura ed il mio corpo la riconosce mentre le ferite lentamente rimarginano ed i piedi ritrovano il vigore. Il loro profumo è quello della primavera.
“La regina ha detto che è possibile, i tuoi poteri sono così legati all’Albero della Vita che la trasformazione potrebbe avere effetto, ma …” la voce di Ulene è delicata, ma una sottile incrinatura scivola su quel meraviglioso cristallo. “Sei sicura di questa scelta? Non si può tornare indietro”.
“Indietro … dove?”
Joneleth …
“Non c’è niente dietro di me”.
Lei non l’avrebbe fatto. Lei sarebbe tornata indietro, sarebbe corsa a cercare l’uomo che amava, lei avrebbe dato la vita per la sua nazione, per gli elfi e gli umani. Non sarebbe rimasta in un angolo sperduto del mondo, non avrebbe mai scambiato la sua pelle candida per una corteccia, delle fronde, dei frutti e le voci argentine delle uniche persone che avrebbe mai potuto chiamare “amiche”. Avrebbe accantonato un’esistenza serena per combattere a fianco del suo popolo, tenendo allo stesso tempo nel petto un amore immortale.
Ma io non sono lei.
Sono soltanto una replica, per esattezza la numero quarantaquattro. E questa decisione spetta solo a me.
Quella della regina Ellesime è un’altra storia, e quindi la si dovrà raccontare un’altra volta.
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Personaggio: Khalid
Genere: Introspettivo, Malinconico, Comico, Missing Moments
Rating: giallo
Avvertimenti: li ho messi alla fine per non fare spoiler XD
Il suono del silenzio
“Tre tigri contro tre tigri.”
Non è da Khalid mettere in dubbio una decisione del figlio di Gorion. Sa, da sempre, di essere il soldato perfetto: rapido a eseguire gli ordini, letale con la spada, instancabile in combattimento, ma completamente privo di qualsiasi capacità di comando. E di solito gli va bene così, contento di affidarsi al giudizio di Jaheira e del ragazzo che lui e sua moglie hanno giurato di seguire fino in capo a Faerûn.
Stavolta però è diverso. Stavolta c’è quel maledetto stregone drow che sta mettendo a dura prova persino la sua leggendaria capacità di sopportazione.
“Dai, non è difficile! Ripeti con me: tre tigri contro tre tigri.”
Khalid si sporge oltre il costone di roccia che fa loro da rifugio e si accovaccia in una macchia di cespugli. Attraverso l’intrico di rami e foglie i suoi occhi scrutano il sentiero in ogni direzione, cercando di mettere a fuoco movimenti sospetti tra la fitta vegetazione del sottobosco. Il figlio di Gorion e il resto del gruppo sono andati avanti, a stanare il gruppo di banditi hobgoblin a cui hanno dato la caccia per giorni. Khalid e Baeloth sono la retroguardia, incaricati di tenere d’occhio la via d’ingresso al covo per intercettare eventuali rinforzi in arrivo o bloccare la strada ai fuggitivi.
Un compito che finora si sta rivelando un’autentica tortura.
“Magari preferisci ‘trentatré Treant andarono a Trademeet’? Facciamo a chi lo dice più veloce?”
“B-basta, drow. Abbassa la v-voce. Ci s-s-s-scopriranno!”
La risatina dello stregone echeggia tra gli alberi, amplificata dal silenzio della foresta. Gli svolazza attorno come un folletto maligno, tagliente quanto basta a riaprire vecchie cicatrici mai dimenticate. Khalid si ostina a tenere gli occhi fissi sul sentiero, ma quello sguardo lo trapassa da parte a parte, si imprime a fuoco in ogni angolo della sua mente. Quante volte lo ha già visto? Un sogghigno appena celato dalle dita di una mano, a metà tra la commiserazione il disprezzo. Uno scintillio maligno che affiora negli occhi scuri, sotto due sopracciglia folte e perennemente aggrottate.
Da bambino tutti i suoi sforzi erano volti a far sì che la linea severa di quelle labbra si schiudesse in un sorriso, in un segno di approvazione soltanto per lui. Ha sempre fallito. Il mercante più facoltoso di Calimshan non ha mai saputo che farsene di un figlio balbuziente, incapace di condurre affari e portare a termine trattative, totalmente inadatto a ereditare il suo impero commerciale.
“È una fortuna per me che tu sia qui, Khalid. Altrimenti finirei per morire di noia. Non lo trovi divertente? Un adepto delle armi audace e ardimentoso come te che balbetta come un babbuino bastonato!”
Negli anni Khalid ha messo a punto una serie di strategie nel tentativo sempre più disperato di compiacere il genitore. Ha imparato a riconoscere le parole “difficili”, quelle che ti fanno balbettare per forza, non importa con quanta lentezza e precisione tenti di pronunciarle. Ha imparato a evitarle, studiando sfilze infinite di sinonimi e perifrasi. Ha imparato a servirsi dei gesti per sostituirle.
Ha imparato a tacere. È diventato bravissimo a sparire negli angoli, a rendersi invisibile, a confondersi tra la gente.
Ha scoperto che non parlare a volte è meno faticoso e difficile che correre il rischio di sbagliare.
“Qui non abbiamo nulla da fare. Gli altri si stanno prendendo tutto il divertimento mentre noi siamo ridotti a fare le sentinelle… capisco che il capo non volesse portare un sempliciotto che sussulta al minimo sussurro, ma lasciare me indietro… “
L’istinto maturato negli anni è più forte di qualsiasi altra sensazione. La lingua gli si incolla al palato, i denti serrati, la mascella rigida: e, ancora una volta, Khalid sceglie di non parlare.
Potrebbe avvertire di nuovo l’incauto drow, ripetergli di abbassare la testa, di nascondersi tra i cespugli. Fargli notare che se continua a blaterare a voce così alta prima o poi le persone sbagliate finiranno per accorgersene.
Invece le sue labbra rimangono ostinatamente sigillate.
“… costringermi a marcire qui insieme a questa patetica imitazione di un guerriero… scaricare così lo stregone più strabiliante che abbia mai solcato il Sottosuolo e la superficie…”
L’unico preavviso è un fruscio, un lieve movimento tra le fronde del sottobosco. Khalid sente il sibilo della freccia e si volta in tempo per vederla conficcarsi al centro della fronte del drow. Baeloth sbarra gli occhi, il suo torrente di parole stroncato a metà, e cade al suolo con un tonfo sordo.
L’hobgoblin esce dal nascondiglio tra i cespugli con un’ascia in pugno e si avvicina alla loro postazione per controllare la vittima. Ma non ha fatto i conti con Khalid. Il mezzelfo sbuca all’improvviso dalle fronde, e l’hobgoblin è troppo lento a sollevare l’arma per difendersi. La spada di Khalid lampeggia una volta, abbattendosi dritta tra il collo e la spalla della creatura, che cade morta senza emettere un lamento.
Si assicura che l’assalitore fosse solo prima di avvicinarsi cautamente al corpo di Baeloth. Basta uno sguardo per capire che non c’è nulla da fare. Dovrà pensarci Branwen al suo ritorno, con una pergamena di resurrezione. Sempre che non sia già troppo tardi per l’intervento della magia.
No, qualcosa gli dice che gli toccherà sopportare l’arroganza del drow ancora per parecchio tempo. Il maledetto ha già dimostrato in passato di avere una fortuna sfacciata quando si tratta di salvarsi per il rotto della cuffia.
Per il momento però Khalid può permettersi di chiudere gli occhi, ascoltare i tenui rumori della foresta e il fruscio del vento, e godersi fino in fondo il meraviglioso suono del silenzio.
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Nota: nel gioco non viene detto espressamente che Khalid sia balbuziente, lo si vede solo balbettare qualche volta, ma io l'ho sempre immaginato così, e data la sua storia può anche starci secondo me. In quanto a Baeloth, forse uno con un bel 19 in intelligenza non sarebbe così stupido da farsi ammazzare in questo modo ridicolo, ma la cosa mi faceva troppo ridere e non ho saputo resistere XD
Credo che personalmente riprenderò a scrivere dopo ferragosto, ne approfitto per augurare a tutti buone vacanze. Tra partenze, amici e ospiti dubito che mi connetterò più di tanto.
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Personaggio: Ajantis Ilvarstarr.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Missing Moments. Canon.
Rating: verde
Avvertimenti: stranamente nessuna.
Delusory Knight
Da quanto tempo è lì dentro?
L’ombra della grande statua di Helm si allunga, segno che è passata più di un’ora da quando lei è entrata. Anche gli altri iniziano a mostrare segni di nervosismo, Korder si è alzato mugugnando tra sé mentre Loya tamburella le unghie sullo scudo con un ritmo serrato che non mi piace.
Cosa diavolo stai combinando, Mazzy?
Le quattro persone prima di lei hanno impiegato al massimo mezz’ora, e tutti non hanno fatto altro che complimentarsi tra loro per il paladino che presto sarà il loro mentore; la prova è un combattimento contro dei manichini, nulla che lei o io non possiamo superare. Ci siamo allenati talmente tante volte che sono quasi dispiaciuto all’idea di non potermi confrontare con degli altri candidati, magari anche con delle armi di legno o delle semplici cotte di cuoio. Quel ragazzetto sbarbato che è appena entrato al servito di sir Reirrac e lo sta gridando ai quattro venti impugna il giavellotto come una zappa e lo scudo come un battipanni … Per un attimo mi immagino che i maestri esaminatori la stiano trattenendo per ammirare la sua bravura con l’arco, o la velocità con cui può disarmare una guardia, ma quando le porte dell’edificio si aprono capisco che non è andata come pensavo.
Nemmeno a questa distanza riesce a nascondere le venature rosse che giacciono nei suoi occhi.
Uno degli aspiranti prova idiotamente a chiederle come è andata, ed in un attimo si ritrova a faccia in giù per le scale, con un bel livido sullo stinco. E ne avrebbe anche un paio sulla faccia se non mi intromettessi. Bloccare Mazzy alle spalle non è un’idea geniale, ma la conosco troppo bene e quando sta per fracassarmi una caviglia mi scanso al momento giusto ed il suo piede trova soltanto l’aria. “Mazzy, adesso calmati!”
“Non una parola, Ajantis. Ne ho sentite anche troppe oggi”.
Alcuni soldati del Cuore Radioso guardano nella nostra direzione; è chiaro che la piccola zuffa non è passata inosservata, e so che trattenere la mia amica è l’unico modo sicuro per evitare che venga accompagnata fuori di qui con una balestra puntata alle spalle o su un carro diretto alle prigioni. Fissa le guardie con un’occhiata di sfida, e allento la presa solo quando i suoi muscoli si rilassano e l’attenzione degli altri aspiranti paladini si concentra sul ragazzo che è appena entrato tra mille auguri di incoraggiamento.
“Oh, lui sicuramente riuscirà a superare la prova. Dopotutto è un ricco, nobile, importante umano”.
E non mi sfugge il veleno con cui pronuncia l’ultima parola.
“Mazzy, in caso te ne fossi dimenticata anche io sono un ricco e nobile umano, ma questo non …”
“Sì che c’entra qualcosa. C’entra tutto, in realtà”.
È strano vederla piangere. Non ha mai pianto, nemmeno quando è caduta nel burrone vicino al capanno dei Corthala e vi è rimasta due giorni con entrambe le gambe rotte; è sempre stata lei a prendere le decisioni, a trascinarmi la notte nella foresta per andare a caccia di lupi o a balzare nel covo dei ladri che stavano derubando il villaggio nelle colline Umar. Tutte le estati che trascorrevo con la mia famiglia sulle colline si trasformavano in epiche battaglie solo grazie alla testardaggine di quella piccola halfling che non ne voleva sapere di lavorare in taverna o fungere da dama di compagnia per le nobildonne in vacanza. E non riesco a credere che lo sguardo furioso che mi sta rivolgendo sia lo stesso che sognava di combattere contro legioni di giganti, spade alla mano sotto il vessillo del Cuore Radioso.
“Tu diventerai un paladino, Ajantis. Lo hai scritto nel sangue e nel tuo cognome. Nessuna porta ti si chiuderà davanti”.
“Ma cosa è successo? Non riesco a credere che il tuo stile di combattimento non …”
Lei sputa per terra, la tristezza stavolta trasformata in una maschera di rabbia. “Cosa è successo? È successo che gli esaminatori … aspetta, come hanno detto … non dubitiamo del tuo cuore, piccola halfling, ma della portata del tuo braccio … e mi hanno persino chiesto se volevo una fetta di torta per consolazione. Un vecchio signore ha provato a spezzare una lancia in mio favore, ma tutti hanno riso di me”.
“Io non ho mai riso di te, Mazzy. E non lo farò mai”. Perché non ci trovo nulla da ridere nel nostro sogno. Non c’è nulla da ridere nel sognare di battersi spalla a spalla come compagni d’armi e come amici, soli davanti ad orchi, licantropi e giganti per difendere il nostro paese. Ho sempre creduto di essere un debole, se fosse dipeso dal giudizio del mio maestro d’armi avrei riposto la spada e mi sarei dedicato alla gestione degli affari di famiglia a Waterdeep; e se adesso sento di poter affrontare anche un drago a mani nude è perché ho trovato qualcuno che mi ha spinto a credere in qualcosa di diverso, a coltivare un sogno che altrimenti sarebbe rimasto chiuso in qualche buio angolo della mia mente. E fa un certo effetto sapere che non potremo continuare insieme. Ancora di più quando realizzo che tra i due non sono certo io quello più adatto ad andare avanti. Posso ancora …
“Non ci pensare nemmeno” risponde lei. Si asciuga gli occhi col dorso della mano e cerca di assumere di nuovo l’espressione autoritaria che conosco. Anche se non le riesce molto bene. “Tu adesso vai ed insegui il tuo sogno. Ti auguro solo di trovare un maestro migliore di quei quattro idioti lì dentro. E se ogni tanto avessi voglia di raccontarmi qualcuna delle tue epiche imprese … sai dove trovarmi”.
Prima ancora che io possa aggiungere altro mi dà le spalle, e con il suo lieve passo impercettibile è già arrivata alla porta del tempio. La sala dietro di me si apre, ed il ragazzo esce portato in trionfo da tutti gli altri compagni. Uno degli esaminatori esce, con una pergamena in mano.
“Ajantis Ilvarstarr”.
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