E con somma gioia ho terminato la mia porzione di storie. Vi saluto in bellezza (spero) con una piccola one-shot dedicata al personaggio da me creato. Credo se lo meriti dopo tutte le disavventure che ha passato. Spero vi piaccia e che continuiate a seguire il nostro progetto comune. Until the swords part, friends!
Personaggio: Barristan Firehammer. Paladino umano maschio. Genere: Introspettivo, Malinconico, Missing Moments. Rating: giallo Avvertimenti: Barristan non fa parte del gioco, ma è il personaggio che ho creato per questa fantastica avventura. Non è stato di certo il primo, ma è l'unico con cui ho portato avanti entrambi i giochi con le relative espansioni, quindi penso che abbia un posto di riguardo nel mio cuore. L'ultima frase di questa fanfiction è una citazione, perché soltanto con questa mi sentivo di chiudere in bellezza questa meravigliosa serie. Ah, ho sforato i limiti, ma questa era l'ultima storia e volevo esagerare.
Singer of the End
“Scegli”. Ho commesso tante scelte nella mia vita. Di molte me ne sono pentito. Di altre no. Ho deciso di ascoltare le parole di Gorion e dargli le spalle, di correre senza sosta tra gli alberi mentre i suoi ultimi incantesimi illuminavano la notte; quella volta scelsi di fuggire come un vigliacco e di nascondermi oltre la collina, lasciando che l’unica persona che potessi mai chiamare “padre” offrisse la sua vita per la mia. E anche guardando tutte le imprese che ho compiuto, con la consapevolezza che le mie azioni hanno portato speranza in tanta gente … quella notte sbagliai. Forse sarei morto, forse no. Forse alcune delle persone che adesso mi guardano non sarebbero qui. Ma di certo non proverei quella stretta al cuore ogni volta che anche solo il ricordo del sul viso mi sfiora la mente. Per questo adesso non posso commettere errori. La luce del Trono di Bhaal illumina di verde ogni cosa. Il buio di questo luogo senza confini, immerso nello spazio concesso solo agli dèi, perde qualsiasi forma quando la colonna di luce lo trafigge e riflette le fiamme di Solaris, questo essere misterioso che rimarrà un enigma forse per sempre. “Scegli, progenie di Bhaal. Il potere che ti è stato conferito distruggerà per sempre lo spirito corrotto di Amelyssan e potrai diventare un uomo mortale. I fili che gli dèi hanno avvolto intorno al tuo corpo verranno sciolti, e la tua anima sarà libera di seguire il proprio destino. Oppure …” Le sue labbra si muovono appena, e la sua voce rimbomba in questo spazio vuoto come se non nascesse da quel corpo incantato. “… oppure fai tuo il potere che ti spetta per nascita, Figlio di Bhaal. Accogli in te l’essenza di tuo padre e domina il Trono. Potrai diventare inviso a divinità malvagie come Cyric, ma il potere immortale che ribolle nel tuo sangue potrà dar vita a miracoli mai visti. Ed io sarò al tuo fianco, mio signore”. Il Trono di Bhaal. Sarevok grida qualcosa, ma … Il Trono di Bhaal. La colonna di luce verde batte come un cuore impazzito, lo noto soltanto adesso. Forse è il mio cuore che batte e tutto intorno scivola e lo segue, ma questo posto è vivo. Sembra un golem alla ricerca disperata di un nucleo, un nucleo che Amelyssan aveva provato a riempire dei suoi incantesimi; ed ha fallito, perché il Trono è un trono, ed ha bisogno soltanto del sangue del suo re. Non è un’energia malvagia, questo lo so. Lo sento. È una forza simile alla più potente delle spade, alla lucente Carsomyr: si misura solo dalla mano che lo impugna, o almeno così direbbe Gorion. Non è mai stato usato per il bene degli esseri umani, ma questo non vieta … non vieta che potrebbe farlo. Oltre questo splendore Imoen sorride, poi china il capo. La mia preziosa sorellina sa meglio di chiunque altro cosa voglia dire dominare un enorme potere e camminare su quella sottile linea che separa il possederlo dall’esserne posseduti, tagliente come la lama di una spada che tenta di ferirci ogni volta che la nostra volontà vacilla e perde l’equilibrio. Lei mi chiede solo di non cadere. Di non ridurmi come Amelyssan o Irenicus. E questo lo posso fare. Sono anni che convivo con questo spettro oscuro, con il sangue del mio vero padre che ribolle nella battaglia e si infiamma nella morte e che solo grazie alla bontà di Gorion sono riuscito a trattenere; posso tentare, se non altro. Con il Trono potrei finalmente impedire la minaccia del Sottosuolo, o ricacciare i vampiri e gli Illithid. Porre fine alla guerra tra elfi e drow, rallentare la minaccia dei giganti che anche adesso marciano compatti verso l’Amn. Forse anche far girare indietro la clessidra del tempo, restituire Khalid alla dolce Jaheira, o Dynaheir a Minsc che ancora la piange senza farsi vedere da Boo. Ricreare il mondo da zero. Un lieve calore si muove dentro di me; lentamente, come il passo di un elfo sulla sabbia, scivola lungo il mio corpo ed arriva al cuore. Un tepore che parte dalle dita della mia mano destra, che quando abbasso gli occhi trovo racchiusa in quella sinistra di Neera. I suoi capelli adesso hanno una tinta indefinibile, caldi e gelidi allo stesso tempo. “Fai la tua scelta”, mormora. È la prima volta che la vedo così seria. “Qualunque strada percorrerai, io sarò felice se lo sarai anche tu”. Neera … Forse è quello che stanno dicendo tutti, che forse Jaheira mi sta martellando già da diversi minuti, ma è la sua voce, solo la sua voce a richiamarmi in quel luogo ricordandomi che non ho ancora pronunciato una sillaba da quando Solaris ha imposto il suo verdetto. È viva e forte come sempre, è la voce che ho imparato ad amare, ad ascoltare nelle sere di sconforto e nelle notti di gioia, ad obbedire nei momenti più impensati, a temere quando la presa dell’oscurità si fa più forte. Mi piace pensare a lei come la persona a cui offrire questo potere, a cui chiedere per prima come posso scacciare il suo dolore. Potrei distruggere i Maghi Rossi di Thay se solo questo bastasse per vederla sorridere. E questo Solaris lo ha capito. Mi volto di nuovo verso i suoi occhi fiammeggianti. “NON E’ VERO!” La presa di Neera stavolta è diversa, mi tira per il braccio fino a costringermi a guardarla di nuovo. E non c’è nulla dello sguardo dolce e sognante di qualche istante prima. “NON E’ VERO! NO, NON E’ VERO, NON SARO’ AFFATTO FELICE!” “Neera, ma cosa …?” “Io non voglio che tu te ne vada! Non voglio che tu diventi un chissà quale dio potente, immortale e bla bla bla e DEFINITIVAMENTE non mi importa nulla di come userai quella forza. Io … io voglio che tu rimanga con ME!” grida, poi incrocia le braccia con quella sua espressione corrucciata che nel migliore dei casi preavvisa un’ondata di magia selvaggia. “Voglio divertirmi, voglio passare delle fantastiche serate a ubriacarmi in taverna, voglio far esplodere i Thayani e far passare loro la fantasia di prendersela con noi maghi selvaggi … ma lo voglio fare con te! Senza di te, Barristan … tutto questo non avrebbe senso … non ho alcuna intenzione di essere piantata in asso per il Bene del Mondo. Vedi …” Il suo tono si abbassa, fino a ridursi ad un sussurro. Imoen, Jaheira, Viconia, perfino Sarevok per un istante tacciono. “… io ti amo per il mortale che sei. Non per il dio che sei nato per essere”. Il dio che sono nato per essere. Ho sempre pensato che si sia trattato di uno sbaglio, di un errore da parte dello stesso Bhaal quando scelse mia madre per portare avanti la sua progenie: non ho mai ascoltato la sua voce, nemmeno quando la forza dell’Uccisore si è manifestata nella mia carne. Ho sempre disdegnato tutto ciò che il Signore dell’Omicidio mi ha messo davanti, ed ho retratto la mano quando Sarevok ed altri hanno fatto di tutto per guadagnare le briciole di questo potere che dà diritto a salire al Trono. E se l’ho fatto è stato grazie a lei. Grazie alla piccola mezz’elfa che guarda prima me e poi Solaris come se gli ingranaggi mossi dagli dèi non siano altro che ruote arrugginite, la stessa ragazza che mi ha stretto tra le braccia quando l’Uccisore ha manifestato la sua violenza. Lei che non è arretrata di un passo quando ha visto il mio vero volto. Per un istante il Trono mi sembra meno potente. “E smettila di rimuginarci su! Non serve un dio per cambiare il mondo! Ti devo davvero fare la lista di quello che siamo riusciti a fare in poco tempo? Baldur’s Gate, Trademeet, Umar, Windspear, Suldanesselar, Athkatla … abbiamo una vita intera per riuscirci! Io e te!” “Ehi, non escludetemi dal gruppo!” protesta Imoen. “Anche io voglio fare la mia parte!” “E io vi seguirò. Ci vuole qualcuno che metta un po’ di giudizio in questo gruppo” dice Jaheira. Viconia alza gli occhi al cielo senza dire nulla, ma prima che la sua disapprovazione per tutta questa storia si trasformi in una predica sul mio comportamento illogico una mano potente mi preme contro la spalla, incurante dell’armatura. “Ascolta la tua mezz’elfa, fratellino. Non sarebbe la prima volta che sputi nel piatto di nostro padre, no?” L’espressione di Sarevok è ferma. Non lo sguardo inespressivo di quando abbatte i nemici o quando ascolta le liti senza fine di Jaheira e Neera. Credevo di aver portato a galla il suo vero Io in questo viaggio, ma solo adesso, solo davanti a questa luce, il suo sguardo è quello di un uomo che non ho mai conosciuto. “Non commettere il mio errore. Nessun potere è abbastanza grande da asciugare le lacrime che verserai quando lei non ci sarà più”. Quando lei non ci sarà più. Quando il mondo sarà diventato secco, perché non ci sarà il suo sorriso ad alimentarlo. Quando l’aria sarà gelida ed irrespirabile perché il suo fuoco si sarà dissolto in un manto di scintille. Quando sembrerà avvolto dalle tenebre, proprio come la notte in cui Gorion è andato incontro ad un destino che avrei potuto cambiare se non fossi stato così debole. E sono i suoi occhi gli unici che vedo in questa selva di visi, quasi come se fosse ancora accanto a me, sommerso dai libri. Lasciarsi alle spalle i propri sogni è un atto di coraggio molto più grande che affrontare un drago. Perché in quel caso la morte arriva con un soffio di fuoco, e non come piccole schegge di dolore in uno specchio che costantemente ti costringe a guardare ciò a cui hai rinunciato. Non si chiude la propria vita con un grido di battaglia, ma con un lento canto che accompagnerà ogni nostro sogno fino all’ultimo giorno. Neera mi stringe la mano di nuovo. Solaris mi osserva, ma non attende la mia risposta. Dietro quegli enormi occhi c’è un mistero che non potrò mai svelare, ma forse è proprio questo il bello di lei. Solaris sa, e d’improvviso tutto sembra più leggero. Non riesco a voltarmi che il Trono svanisce, avvolto in un’esplosione di fiamme. Nel mio petto c’è qualcosa che si muove, vola, corre, salta e poi esce simile ad un falco in attesa di tornare al nido; oltre questo frammento d’universo rimane soltanto il grido di Amelyssan che squarcia l’anima e poi tace, stavolta per sempre. Neera si aggrappa al mio braccio e guarda oltre cercando i nostri compagni: oltre noi due adesso c’è solo lo splendore degli dèi che si trasforma in un ruggito che ci spinge e ci trascina lontano, costringendoci a chiudere gli occhi e sperare che gli altri stiano bene. Ma in fondo so che ci rivedremo presto, forse già al nostro ritorno. Perché stiamo tornando nel nostro mondo, di questo ne sono certo. Stiamo tornando nel nostro mondo pieno di pirati e di schiavisti, di sacrifici umani e di guerre. Stiamo tornando nel nostro mondo dove pochi uomini usano il loro potere per giocare con le vite altrui, dove basta un po’ di magia per trasformare uomini e dèi e dove la morte scivola in torri secolari gridando una vendetta senza tempo. Stiamo tornando nel mondo dei draghi e dei vampiri, dei drow e degli Occhi Tiranni. Stiamo tornando nel mondo che ha bisogno di noi. Stiamo tornando nel nostro mondo pieno di luce.
Ci tengo tantissimo a ringraziare tutti i membri del forum che ci hanno supportato in questo percorso, mostrando il loro apprezzamento e dedicandoci minuti preziosi sia in qualità di staffer e supervisori che come lettori. Avete tutti fatto una grande parte e ci avete incoraggiate, e sono stata contentissima di postare in questo forum. Ovviamente il più grande ringraziamento va a Lisaralin senza cui tutto questo lavoro non sarebbe mai esistito.
Suggerimenti per le future storie: RACCONTI DELLE AVVENTURE DEL VOSTRO GRUPPO IN ICEWIND DALE. Diamo a questo titolo (il meglio riuscito di Beamdog, a mio avviso) il giusto credito. Sarebbe bello leggere i racconti delle vostre peripezie lungo il Dorso del Mondo.
Occasione perfetta per rimediare! Icewind Dale: Enhanced Edition è fatto davvero bene. Il migliore prodotto che Beamdog abbia rilasciato. Non a caso, ha ricevuto molte recensioni positive (http://forum.baldursgate.com/discussion/36164/the-list-of-iwdee-reviews-42-review-already/p1). E' tradotto e doppiato in italiano ed è ambientato lungo le vette innevate del Dorso del Mondo. Una location bellissima e diversa da quella di BG. Provalo
Infatti è decisamente nella lista dei miei giochi da provare. Me ne hanno parlato tutti benissimo. Per il prossimo progetto di scrittura io e Lis stavamo pensando a qualcosa dedicato ad un altro grande fandom: i cavalieri dello zodiaco ... ma ovviamente prima terminiamo questo, ci teniamo troppo ...
E con somma gioia ho terminato la mia porzione di storie. Vi saluto in bellezza (spero) con una piccola one-shot dedicata al personaggio da me creato. Credo se lo meriti dopo tutte le disavventure che ha passato. Spero vi piaccia e che continuiate a seguire il nostro progetto comune. Until the swords part, friends!
Personaggio: Barristan Firehammer. Paladino umano maschio. Genere: Introspettivo, Malinconico, Missing Moments. Rating: giallo Avvertimenti: Barristan non fa parte del gioco, ma è il personaggio che ho creato per questa fantastica avventura. Non è stato di certo il primo, ma è l'unico con cui ho portato avanti entrambi i giochi con le relative espansioni, quindi penso che abbia un posto di riguardo nel mio cuore. L'ultima frase di questa fanfiction è una citazione, perché soltanto con questa mi sentivo di chiudere in bellezza questa meravigliosa serie. Ah, ho sforato i limiti, ma questa era l'ultima storia e volevo esagerare.
Ci tengo tantissimo a ringraziare tutti i membri del forum che ci hanno supportato in questo percorso, mostrando il loro apprezzamento e dedicandoci minuti preziosi sia in qualità di staffer e supervisori che come lettori. Avete tutti fatto una grande parte e ci avete incoraggiate, e sono stata contentissima di postare in questo forum. Ovviamente il più grande ringraziamento va a Lisaralin senza cui tutto questo lavoro non sarebbe mai esistito.
Davvero un gran bel finale (non solo della serie di racconti, ma anche come descrizione di un finale della saga), si vede che era molto partecipato.
Conta che, da quando a giugno ho scoperto che in questo periodo sarebbe uscito al cinema un film sui Cavalieri dello Zodiaco, a quanto pare con gli stessi doppiatori del cartone animato, ho rivisto tutte le puntate dalla prima (ma le avevo già viste almeno 2-3 volte negli anni) all'ultima della serie del Grande Tempio, poi quelle di Asgard e infine quelle di Nettuno. Mi mancano le ultime puntate della serie di Ade, che avevo visto solo in parte, e qualche film a sé stante, per poter dire di aver visto tutto.
e le serie collaterali? Penso che io e Lis ci siamo viste/lette tutto lo scibile, spin-off e serie ufficiale, ed ovviamente da brave nerdine il primo giorno dell'uscita del film al cinema eravamo lì con gli stendardi appesi!
Quali sarebbero le serie collaterali? Se intendi manga, quelli non li ho letti. Anch'io avevo intenzione di andare a vedere il film, dovrei giusto trovare qualcuno che voglia andarci.
Mi scuso per la lunga assenza, l'ispirazione mi aveva abbandonata per un po', ma ora torno alla carica con l'ultimo nano della serie! Per quanto riguarda Icewind Dale, una volta finita la revisione della traduzione me lo giocherò come merita
Personaggio: Korgan Bloodaxe Genere: Introspettivo, Drammatico Rating: giallo tendente all'arancione Avvertimenti: presenza di spoiler per chi non ha giocato il nuovo personaggio di BG2:EE. Korgan è una persona orribile, soprattutto per come tratta le donne, ma scrivendo questa cosa in fondo un pochino mi sono affezionata a lui.
Gli occhi dell’abisso
“Se guardi troppo a lungo nell’abisso, l’abisso guarda dentro di te.” (Friedrich Nietzsche)
Per essere carina, la nuova arrivata è carina. Certo, le manca la barba ed è un filo troppo alta e longilinea, ma Korgan si vanta di essere un nano moderno, che ha imparato a non farsi scoraggiare dalle differenze razziali. Decenni di avventure in giro per l’Amn, spesso senza intravedere l’ombra di una donna per mesi, gli hanno fatto rivalutare persino le esili elfe dalla pelle di porcellana e le labbra a bocciolo di rosa. Il problema di questa Hexxat è che… come dire, sembra morta? Korgan è pronto a giurare di aver visto ghoul con più vitalità. Lo sguardo di Hexxat è costantemente assente, perso nel vuoto, e la ladra non spiccica mai parola se non per ripetere la solita, logora cantilena: “Portatemi alla tomba di Dragomir.” Il tono di voce di un golem d’argilla sarebbe più espressivo. La ragazza non ha reagito nemmeno quando Korgan le ha assestato una sonora pacca sul fondoschiena, approfittando del buio sulle scale del Diadema di Rame. Né urla di protesta né manifestazioni di apprezzamento, niente di niente. Korgan ha anche pensato che sarebbe stato assurdamente facile introdursi in camera sua per divertirsi un po’, ma alla fine ha deciso che non ne valeva la pena. Che gusto c’è se non strillano e si dimenano neanche un po’? A colazione nella sala comune hanno parlato a lungo di lei. La stupida avariel sostiene che sia stata vittima di qualche abuso, mentre secondo Valygar si tratta sicuramente di un maleficio, ennesima prova delle nefandezze dei “maghi oscuri”. Neera teme che possa essere finita tra le grinfie di uno di quei pazzoidi del Thay che si divertono tanto a praticare la vivisezione sugli essere umani. Anche a Korgan viene chiesto un parere. Il nano tace, prende tempo trangugiando lentamente il primo boccale di birra del mattino. A dire la verità, lo sguardo vuoto di Hexxat gli riporta alla mente qualcosa. Sigrid era una nana di appena pochi decenni quando le guerre tra i clan erano iniziate. Troppo innocente e inesperta del mondo per capire davvero cosa stesse succedendo, e perché. Nani che ammazzano altri nani, fratelli che si pugnalano alle spalle, fiumi di sangue versati per una sciocchezza come tre gallerie e qualche filone d’oro semiesaurito. Anche Korgan era giovane all’epoca, e tutta quella violenza gli sembrava assurda, folle, insensata. Ma in fondo al suo cuore già pulsava l’indole del guerriero, e quando suo padre lo aveva strappato a forza dal corpo ormai rigido della mamma aveva capito. Aveva urlato, scalciato e tirato la barba del padre fino a fargli sanguinare le guance, ma aveva capito. Aveva accettato la necessità di fuggire. Sua sorella no. Sigrid era rimasta a fissare la madre, immobile come se le avessero scagliato un incantesimo di Carne in Pietra, con lo stesso sguardo vuoto e privo di vita di Hexxat. Non c’era stato verso di smuoverla da lì. Suo padre era ferito, e non poteva caricarseli sulle spalle tutti e due. Aveva scelto il figlio maggiore, il più forte, quello che aveva più possibilità di sopravvivere alla vita di stenti che li attendeva. Sigrid probabilmente sarebbe morta comunque. L’ultima immagine che Korgan ha di sua sorella è di lei in piedi al centro della galleria, le braccia inerti lungo i fianchi, le urla e il fragore del combattimento che si avvicinano come nubi di tempesta. E il suo sguardo vuoto, perso nei meandri di chissà quale abisso. Non l’ha più rivista. Il Figlio di Bhaal decide che andranno alla tomba di Dragomir quel giorno stesso, per cercare di fare luce sul mistero di Hexxat. Korgan abbandona il tavolo tra una decina di imprecazioni, sferrando un calcio a una sedia. Certo, quando era lui a insistere per infiltrarsi nella cripta e recuperare il libro per Pimlico gli hanno consigliato tutti di non essere precipitoso, di aspettare. Troppo rischioso, dicevano! Ora invece tutti pronti a gettarsi tra le fauci dei ghoul per aiutare una povera fanciulla demente! Sulle scale si imbatte proprio nella fanciulla in questione. C’è un tizio alle sue spalle, seminascosto nella penombra. Un ceffo smilzo pieno di pugnali che ha tutta l’aria di essere un Ladro Tenebroso. Lo sconosciuto si avvicina a Hexxat e le sussurra qualcosa all’orecchio, mentre le sue labbra sottili si piegano in un sorriso lascivo. Intanto le sue mani partono all’ardita esplorazione delle meraviglie del corpo della ragazza. Korgan neanche rallenta l’andatura. Mentre passa accanto ai due sferra dritto nello stomaco dell’uomo uno di quei poderosi destri nanici di cui non ci si dimentica facilmente, che lo fa schizzare via mugolando come una fanciullina. Superando Hexxat la degna appena di uno sguardo. Per un attimo gli sembra che la ragazza gli abbia sorriso, ma probabilmente è solo l’ennesimo scherzo della birra e dell’illuminazione scadente del Diadema di Rame.
Note: la sorella di Korgan è di mia invenzione, ma la storia della guerra tra i clan, compresa la scena del padre che strappa il piccolo Korgan dal corpo della madre, viene raccontata da Korgan in uno dei suoi dialoghi con Mazzy. Se poi sia vera o no, questo solo Korgan lo sa. Ovviamente la Hexxat di cui si parla qui in realtà è Clara, ma i nostri eroi scopriranno la sua vera identità soltanto in seguito, una volta liberata la vera Hexxat dalla tomba di Dragomir.
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Personaggio: Aerie Genere: Introspettivo, Missing Moments Rating: verde Avvertimenti: contiene spoiler su un personaggio bonus di BG2:EE. Ispirata alle romance della mia partita. La citazione del titolo dovrebbe essere piuttosto semplice da indovinare XD
The bear and the maiden fair
“Mi occupo io della legna.” Una scusa, ovviamente. Un pretesto qualsiasi per allontanarsi dal campo e trascorrere un po’ di tempo nel bosco, sola con i propri pensieri, lontana dal chiacchiericcio degli altri. Lontana da lui. Wilson deve aver avuto la sua stessa idea. Aerie lo trova intento a sonnecchiare in una radura, il dorso peloso che si alza e si abbassa placidamente al ritmo del suo respiro profondo e rumoroso. Decide di fargli compagnia, si siede sull’erba e reclina il capo contro la sua pelliccia morbida. Chiude gli occhi, e pensa che sarebbe meraviglioso sprofondarvi dentro e dormire, dormire e ancora dormire avvolta da quell’abbraccio caldo e protettivo. Senza pensare a niente. Alcuni membri del gruppo hanno paura di Wilson, si sentono a disagio ad avere un orso per compagno di viaggio. Lei no. Si sono capiti sin dal primo momento, loro due; sin dal primissimo sguardo, scambiato attraverso le sbarre arrugginite e troppo strette della gabbia del mercante di animali. Chi ha sofferto sulla propria pelle la vita del prigioniero e dello schiavo non ha bisogno di parlare la stessa lingua per capirsi. L’oblio tanto sospirato non arriva. E come potrebbe, se dietro alle palpebre chiuse le macchie colorate e i frammenti di luce si ostinano a comporre sempre la stessa immagine? La vastità del cielo in un paio di occhi, capelli dorati, un fisico né alto né prestante ma fresco, agile e flessuoso come la scia di un dardo incantato. E la sua voce, che neanche i suoni quieti del bosco riescono a inghiottire. Il nome di un’altra donna pronunciato con ardore dalle sue bellissime labbra. Neera, è la nota più ricorrente nella melodia delle sue parole. Neera è bella, è spiritosa, è energia pura e dirompente come i suoi incantesimi; ma come comprendere cosa le passa per la testa, come schiudere i segreti del suo cuore? Cercare di capirla è come catturare un raggio di sole che si rifrange sull’acqua. Per fortuna c’è Aerie, la confidente, l’amica sempre pronta ad ascoltare e a offrire consigli sinceri. Come farebbe senza di lei? E Aerie si odia, perché ogni volta non riesce a fare altro che ingoiare le lacrime e ricucirsi addosso la maschera logora del sorriso. Amica. Sorella. Tante belle parole. Ma non quelle che vorrebbe trovare il coraggio di dirgli. Un debole grugnito le annuncia che Wilson si è svegliato. Lo accarezza sotto il muso, distratta, sfrega i capelli contro il suo manto bruno. Ai tempi di Faenya-Dail non avrebbe avuto dubbi su cosa fare. Un battito d’ali, un fruscio di piume e via veloce attraverso il vento e le correnti, lasciandosi indietro brandelli di nuvole insieme a tutti i cattivi pensieri. Niente al mondo le manca come volare. Si accorge del richiamo di Wilson solo quando i colpetti del muso contro la sua spalla si fanno più insistenti. Ancora una volta le basta incontrare per pochi istanti il suo sguardo del colore della terra umida per capire la sua richiesta. Con il muso Wilson accenna al proprio dorso ed emette una sorta di gorgoglio profondo, benevolo. Un invito. Aerie si aggrappa al suo collo robusto e gli sale in groppa. “Dove vuoi portarmi, amico mio?” Wilson parte con un ruggito di sfida, ed è veloce, straordinariamente veloce per una creatura della sua mole. Aerie si lascia sfuggire un gridolino e agguanta due ciuffi di pelliccia tanto forte da rischiare di strapparli. Sente la terra vibrare sotto le zampe potenti di Wilson, un ritmo serrato e incalzante che la lascia senza fiato. Pian piano però lo spavento passa e il suo corpo, senza che nessuno le spieghi come fare, si abitua. Impara ad assecondarlo. Lo accompagna con l’istinto di un cavaliere, piegandosi e ondeggiando a destra e a sinistra in perfetta sintonia con i movimenti dell’orso. Persino il loro respiro ora è uno solo. Insieme attraversano il bosco come una freccia scoccata dall’arco infallibile di Valygar, il vento contro il viso, foglie che la accarezzano rapide e si impigliano tra i capelli. Macchie di luce imprigionate tra i rami, un caleidoscopio verde e oro ad accompagnare la corsa selvaggia dell’elfa e dell’orso. Non è come volare, ma in qualche modo gli somiglia. Ed è bellissimo. Grazie, amico mio.
Personaggio: Rasaad yn Bashir Genere: Introspettivo, Malinconico, Drammatico Rating: giallo Avvertimenti: temo di essere OOC con Rasaad, probabilmente qui appare troppo assetato di vendetta per un legale buono. Però in BG2 mi è parso molto più tormentato e instabile rispetto al primo gioco, molto più in preda a dubbi mistici e propenso a smarrire la via. Perciò...
Notte senza luna
Il respiro della città è rumoroso. Persino di notte Athkatla non si addormenta mai davvero. Merci e viaggiatori partono e arrivano a ogni ora, la musica nelle taverne non si spegne mai. I suoi vicoli brulicano di vita sotterranea e misteriosa. Nelle città è più difficile percepire il flusso del mondo ed entrare in armonia con esso. È faticoso unire i frammenti in un mosaico completo, perché un velo di nebbia sporca sembra offuscare continuamente i nostri occhi. Un insistente ronzio di fondo disturba la concentrazione, ci impedisce di respirare all’unisono con ciò che ci circonda. O forse è solo una scusa per non guardare in faccia la verità. “Il mondo non si rivelerà mai a tuoi occhi se prima tu stesso non guarderai nella tua anima come in uno specchio d’acqua cristallina” amavano ripetere i maestri. Sembra passata una vita da quel tempo innocente, protetto dalle mura accoglienti del monastero. Una vita, o forse due. Quella di Gamaz, spezzata in mattino di gelo, di sangue e di neve. E la sua. Adesso però deve scacciare questi pensieri. Il cavaliere si muove rapido nonostante il peso dell’armatura, e Rasaad non può permettersi di perdere le sue tracce. Ha promesso al Figlio di Bhaal di tenerlo d’occhio. A dire il vero Anomen non si impegna molto a celare la propria avanzata. Le insegne del Cuore Radioso sulla sua armatura, splendenti alla luce delle torce, bastano a far scappare a gambe levate ladruncoli e tagliagole e a spianargli la strada. E perché procedere con furtività, poi? Solo i vili e i codardi nascondono la loro vergogna allo sguardo di Selûne. Anomen non ha dubbi: la sua impresa è nobile, la sua ira giusta, la sua vendetta inevitabile. Può permettersi di procedere a testa alta. Al contrario di me, che striscio tra le ombre come un Ladro Tenebroso qualsiasi. Lo scroscio quieto della risacca annuncia l’ingresso nel Quartiere del Ponte. A questo punto non ci sono più dubbi sulla destinazione di Anomen. Ancora prima che emerga dall’oscurità, Rasaad intuisce la sagoma imponente della residenza di Saerk Farrahd dritta davanti a loro. Un paio di guardie, probabilmente mercenari, presidiano l’ingresso anche a quell’ora della notte, ma per il momento non sembrano fare caso ad Anomen. L’aspirante cavaliere del Cuore Radioso si ferma a qualche metro di distanza dalla porta principale, la mano destra stretta attorno all’elsa della spada. È troppo buio per scorgere il suo viso, e Rasaad è troppo lontano, ma è come se lo avesse davanti agli occhi, nitido e chiaro nella luce di Selûne. Che farei io, se lì dentro ci fosse Alorgoth? Vorrebbe entrare, senza dubbio. Aprirsi la strada a suon di calci tra i suoi viscidi scagnozzi e metterlo con le spalle al muro, spaccare con un pugno le labbra che hanno sussurrato parole oscure nell’orecchio di Gamaz e riso mentre suo fratello sprofondava tra le spire di Shar. Lo ha cercato senza sosta solo per quel momento. Ha percorso in lungo e in largo la Costa della Spada e l’Amn, fiutato tracce come un segugio, colto i sussurri della notte con la bravura di una spia. E i suoi fratelli in Selûne, i monaci dell’Anima Solare, non l’hanno mai perdonato per questo. Non sono più miei fratelli. Non sono più degno di innalzare lodi a Selûne al loro fianco. Anomen esita, immobile di fronte alle mura che proteggono gli assassini di sua sorella. Le urla hanno risvegliato persino gli ubriachi, quella mattina al Diadema di Rame. La voce tonante di Anomen, accesa di ira e di sdegno, e quella più pacata del Figlio di Bhaal che lo pregava di non commettere pazzie. Di non caricare a testa bassa, di sottoporre il caso alle autorità piuttosto che gettarsi in una vendetta selvaggia e indegna di un aspirante paladino del Cuore Radioso. Tutto il gruppo si è schierato dalla sua parte. Solo Rasaad non ha proferito parola. Perché Anomen sta commettendo il suo stesso errore. E anche adesso Rasaad non abbandona il suo riparo tra le pieghe della notte. Avrebbe potuto fermare Anomen in un qualsiasi momento lungo il percorso. Ma non lo ha fatto. È una notte di luna nuova. Selûne volge il suo sguardo lontano dalla terra, oltre la distesa di stelle e la barriera gelida del cielo che la vista dell’uomo non riesce a penetrare. La notte ideale per versare sangue senza causare il pianto della dea. Dopo un tempo che pare infinito Anomen muove il primo passo verso l’edificio silenzioso. Ha preso la decisione che lo porterà a diventare un esule, un reietto del suo ordine. Ma l’esilio non è qualcosa che ci viene imposto dall’esterno; c’è chi nasce portandolo dentro di sé, in ogni momento. Rasaad ha visto combattere Anomen tante volte. Conosce il suo valore e la potenza della sua spada. Spalla contro spalla hanno affrontato centinaia di nemici insieme, si sono salvati la vita più volte di quante possa ricordare. Hanno condiviso racconti attorno al fuoco, lunghe veglie scrutando le tenebre con il cuore in gola, accerchiati da briganti, orchi, maghi rossi. Sono compagni. Fratelli. Non si lascia un fratello solo in preda alla notte e al buio, questo persino un reietto di Selûne può capirlo. Non può continuare a nascondersi tra le ombre mentre Anomen corre incontro all’esilio e alla dannazione. Rasaad abbandona il rifugio e avanza verso la residenza di Farrahd, mostrandosi alla luce delle torce. “Anomen.”
Note: Rasaad decide di fermare Anomen per impedirgli di cedere alla vendetta come ha fatto lui, oppure vuole aiutarlo, scendendo con lui nell'abisso della dannazione? Ai lettori l'ardua sentenza.
Grazie a tutti! E dire che quella di Rasaad mi aveva creato tanti problemi... Quasi dimenticavo però di postare il gran finale! Anche io concludo con una storia dedicata al mio personaggio!
--------------------------------------------------------------------------- Personaggio: Il Figlio di Bhaal Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic Rating: giallo Avvertimenti: dopo la fine di tutto, sulle note di The Bard's Song dei Blind Guardian.
The bard’s song
Now you all know The bards and their songs When hours have gone by I'll close my eyes In a world far away We may meet again But now hear my song About the dawn of the night Let's sing the bard's song…
Il bardo accarezza le corde del liuto con la delicatezza di un amante. Assapora tra le labbra note appena sussurrate, cariche di mistero; di certo la sua canzone non è per le orecchie dello scarso e decisamente ubriaco pubblico rimasto nella locanda fino a quest’ora della notte. Ha già raccolto un discreto gruzzolo di monete di rame e d’argento nel cappello piumato, e ora può permettersi di cantare per piacere, di celebrare il suo amore per l’arte, o forse per una bella dama lontana. Io preferisco pensare che stia cantando per me. Resa ardita dalla melodia, la mia penna d’oca scivola leggera sulla pergamena, fende la pagina bianca lasciandosi indietro la sua sinuosa scia d’inchiostro. È ironico, a pensarci bene. Sono cresciuto con il profumo di carta antica e rilegature di cuoio nelle narici, ho trascorso l’infanzia in saloni tappezzati di libri fin dove lo sguardo si perdeva nell’oscurità del soffitto; eppure il povero Gorion doveva patire i Nove Inferni per tenermi fermo alla scrivania per più di cinque minuti di seguito. La giovinezza mi chiamava all’aperto, sui prati con Imoen, a nuotare negli stagni o a fare a gara a chi si arrampicava più veloce sugli alberi. La mia sorellina riderebbe di gusto a vedermi in questo momento. Un elfo ingrigito, chino sulle sue pergamene come uno qualsiasi di quei vecchi sapientoni che erano le vittime preferite dei nostri scherzi. Riesco a sentirla, la risata cristallina di Imoen. Eccola, gioca a nascondersi tra gli arpeggi leggeri del bardo. La rincorro, cerco di catturarla dietro le palpebre chiuse e lascio volare la penna, seguendo la musica. Non ho bisogno di guardare il foglio. Imoen, la mia sorellina, prende vita dall’inchiostro, il suo sorriso fresco sulla pergamena, incancellabile dagli anni, dalle intemperie e dalle preoccupazioni. Stasera è anche per lei che scrivo.
Tomorrow will take us away Far from home No one will ever know our names But the bards' songs will remain Tomorrow will take it away The fear of today It will be gone Due to our magic songs…
La penna corre, e la voce del bardo si mischia ai pensieri e ai ricordi. Garrick cantava così, con quella voce impostata sui toni acuti, vagamente femminile. Xan correva a rinchiudersi in camera dopo le prime tre note, terrorizzato che qualcuno gli chiedesse di cantare. O peggio, di ballare. Branwen – inflessibile, feroce in battaglia, integra e pura come una roccia millenaria – lei invece sì che ballava, e nessuno lo avrebbe mai detto prima di vederla volteggiare sul pavimento di legno sconnesso come fosse un salone di marmo lucidissimo. Innumerevoli i tentativi di farla scontrare “per caso” con Rasaad; Neera, lei ci ha sempre visto lungo, era convintissima che con il giusto incoraggiamento tra i due potesse nascere qualcosa. E Anomen? Anomen faceva mangiare la polvere a qualsiasi bardo in quanto a intrattenimento, con i suoi racconti di imprese eroiche ai limiti dell’immaginazione. Resi ancora più epici, non c’è dubbio, dai mimi di Jan dietro le sue spalle. Valygar scuoteva la testa con disapprovazione dal suo tavolo nell’angolo. “L’angolo buio del ramingo”, lo chiamava Jan, anche se nessuno ha mai capito bene cosa intendesse. Ma esisteva qualcuno che stesse ad ascoltare un racconto di Jan dall’inizio alla fine? Il ranger burbero si lasciava andare solo quando la sala comune si svuotava e io accostavo una sedia al suo tavolo, versando l’ennesima, generosa pinta di birra. Allora persino la sua lingua silenziosa si scioglieva e passavamo ore a discutere di avventure, di archi e frecce, di boschi, dei mali del mondo e dei pericoli della magia. Ricordo ancora la nostra più lunga e articolata conversazione filosofica, un dibattito sostenuto con fervore e solide argomentazioni da entrambe le parti: è più affascinante Hexxat o Viconia? A certe domande semplicemente non c’è risposta.
There's only one song Left in my mind Tales of a brave man Who lived far from here Now the bards' songs are over And it's time to leave No one should ask you for the name Of the one Who tells the story…
“Loro vivono dentro di te. Nel tuo cuore.” Aerie me lo ripete in continuazione. Vado a trovarla sempre più spesso, due elfi ingrigiti che rievocano i vecchi tempi davanti a un boccale di birra ormai impossibile da reggere. Lei è serena – ha i suoi dèi elfici e gnomici, una comunità da mandare avanti, o forse ha semplicemente trovato la giusta filosofia di vita – e non riesce a capire perché io non posso accontentarmi. “Sta diventando la tua ossessione. Finirai per logorarti. E poi, quanti bardi hanno già cantato le tue… le nostre avventure? Credi davvero che esista un angolo di mondo che non le ha mai sentite?” Non è questo il punto, vorrei spiegarle. Nessun bardo conosce il suono della risata di Imoen, o il suo modo di inarcare il sopracciglio quando pensava che la stessi prendendo in giro. E quanti di loro sanno che Keldorn, l’eroe che ha salvato l’Amn dai giganti, amava la cucina di Calimshan e il vino di Waterdeep? “Non hai bisogno di fiumi d’inchiostro per ricordarli” riprende lei prima che io possa anche solo provare a spiegare. “Loro saranno sempre accanto a te.” Mi stringe la mano con affetto, e mi sembra quasi di sentire le vene pulsare sotto la sua pelle sottile come i fogli su cui scrivo. “Anche lei.” “No.” sussurro io, e Aerie si ritrae con un sussulto. Mi sento in colpa per averla spaventata. “Neera non può cavarsela così a buon mercato” continuo, in tono più dolce questa volta. Sorrido. “Stavolta non le permetterò di scappare.” Neera è sempre stata una specialista dell’arte della fuga. L’ho inseguita per una vita senza mai riuscire a raggiungerla. Era come cercare di afferrare l’acqua con le mani, o tagliare un raggio di luce con una spada. Alla fine, è stata lei a decidere di fermarsi. “Non ti invidio neanche un po’” sono state le ultime parole che mi ha rivolto. Le tenevo stretta la mano, perché sapevo che il suo sorriso cocciuto di sempre nascondeva una paura sconfinata. La stessa che attanagliava la gola anche a me, che mi annodava la lingua impedendomi di parlare e trasformava il mio campo visivo in un orizzonte umido e offuscato. “Ti pianto in asso per l’ennesima volta. E non mi è mai dispiaciuto così tanto.” E quando anche io sarò solo un ricordo, una statua annerita dal tempo nella piazza di Trademeet o un verso nelle ballate dei menestrelli, chi racconterà di Neera? Delle sue battute nei momenti più sbagliati, di come saltellava e rideva a squarciagola quando qualcosa la emozionava, di come persino il cinico Dorn piegava le labbra in un sorriso quando lei si esibiva nella sua celebre imitazione di Xan? Loro vivono in me, e moriranno con me. Ma in queste pagine, protette dalla cura maniacale dei bibliotecari di Candlekeep, vivranno per sempre.
And you're not alone So don't be afraid In the dark and cold 'Cause the bards' songs will remain They all will remain…
L’eco della canzone pian piano si spegne. L’oste sta sistemando le sedie sopra i tavoli, e un suo sguardo infastidito mi fa capire che vorrebbe chiudere la sala comune. Per stasera è tempo di andare. Richiudo le pagine del libro con appena un velo di nostalgia. A domani, amici.
In my thoughts and in my dreams They're always in my mind These songs of hobbits, dwarves and men And elves come close your eyes You can see them too.
@Lisaralin@whitemushroom Mie amate scrittrici, posso avanzare una richiesta? Se avete giocato a SOD con i nuovi membri del gruppo, potreste considerare la possibilità di omaggiarci con un racconto su di loro? Se non vi è possibile nell'immediato, spero che almeno in un futuro prossimo possiate considerare questa richiesta
Ciao Aedan! Guarda, per rispondere alla tua domanda ... sì, lo faremo! Abbiamo selezionato 6 special ed eccoci qui, perché la raccolta su BG vorremmo che sia quanto più completa possibile. Aggiungeremo i quattro nuovi personaggi giocabili più altri due ... di cui uno eccolo in arrivo!
Personaggio: Wilson Genere: Introspettivo, Missing Moments. Rating: giallo Avvertenze: Il Barristan che viene citato nella storia è il mio Bhaalspawn.
Il richiamo della città
L’altro è forte. Wilson gli si pianta davanti nel bel mezzo del sentiero; l’altro orso lo fissa, poi si guarda intorno e lo fissa di nuovo quando capisce che non vi sono altre vie di fuga e lui non lo lascerà passare oltre. È scontro. L’avversario si alza su due zampe e ruggisce per spaventarlo, ma su Wilson certe dimostrazioni di forza non funzionano ed è lui il primo a colpirlo con una zampata al ventre. Quello non perde l’equilibrio e con tutto il suo peso –il nemico è più anziano di lui, ma non gli manca la forza- gli viene incontro: affonda le zanne in avanti ma esse serrano solo l’aria quando Wilson si sposta e sfugge alla sua presa. L’altro è forte, ma non ragiona più ed i suoi occhi sono rossi. L’altro è forte, ma Wilson lo è di più. Solleva le zampe e le punta sulle spalle del nemico; ruggisce per convincerlo a fermarsi e lo spinge contro una quercia portandosi via parte del lungo pelo grigio. La sua mole sembra cedere per un istante, poi quello risponde con gli artigli caricandolo a piena forza, una potenza guidata soltanto dall’istinto battagliero. Wilson ne può vedere lo sguardo perso, lo scarso controllo e per lui è facile liberarsi dalla sua presa ed atterrarlo spingendo il proprio peso contro il suo fianco. L’avversario cade nel sottobosco e lui vi si avvicina per immobilizzarlo e farlo ragionare, ma quello per tutta risposta scatta in avanti con la testa e lo morde al collo, serrandogli i denti nel pelo senza alcuna intenzione di lasciare la presa. Il dolore lo attraversa, ma le fruste degli umani fanno molto più male. Wilson capisce che l’altro non si fermerà spontaneamente quindi stringe di nuovo gli artigli intorno alla testa dell’avversario ancora stretta alla sua. Le zanne nemiche provano ad affondare più in profondità ma falliscono e l’orso grigio cade a terra, ancora battagliero ma con le zanne ed il peso di Wilson ben piantati tra collo e spalle. Ringhia, si divincola con tutta la forza che possiede e continua finché la furia che gli iniettava gli occhi di rosso non lascia il posto ad un abbandono che non appartiene alla famiglia degli orsi. La pelliccia grigia striata di bianco si ritira e si fa sempre più corta mentre nei punti dove i suoi artigli ne hanno lacerato la pelle il sangue smette di correre e si fa pesto, l’odore pesante svanisce dalle narici di Wilson; lentamente rilascia la presa tenendo solo poco premute le zampe sulla creatura che sta mutando per evitare che possa attaccarlo di nuovo. Ma ciò non avviene e le iridi intrise di sangue riprendono il solito colore chiaro e le zampe si allungano, si distendono, si muovono fino a trasformare i pericolosi artigli in dita sottili e nodose, inoffensive finché non deciderà di abbandonare del tutto la presa su di lui. A Wilson piace l’uomo dei boschi. Non lo ignora come fa il giovane cavaliere della città, né lo apostrofa con strane parole come fa l’elfa tutta nera. Il vecchio umano parla alla foresta ed agli animali con grande rispetto e Wilson lo ha ascoltato in silenzio quando l’altro gli ha narrato del suo dolore sopito le notti in cui cambiava pelle e correva sotto la luna. “Hai ragione, amico mio” mormora l’uomo dei boschi. Osserva in modo mesto le proprie gambe senza peli e le proprie braccia, poi si passa un palmo contro la guancia quasi incredulo per ciò che è accaduto. “Mi dispiace non aver ascoltato i tuoi consigli. Ashdale è tutto per me”. Molti umani pensano che lui sia solo un orso e dunque certe cose non le possa capire: ma la verità è che lui è un orso e dunque certe cose le sa fin troppo bene. Conosce le gabbie e l’odore dei propri bisogni incrostato al pelo, i carri tutti rotti che saltano sulle strade abbandonate, le pantere che si distruggono le zanne per aprire le sbarre e riprendersi i cuccioli che sono stati sottratti loro con la forza. Ricorda la carne verde e piena di vermi e sa che tutti quelli con due zampe chiudono a chiave quelli con quattro perché li divertono, li incuriosiscono o semplicemente li conoscono troppo bene e se ne credono padroni. L’uomo che cambia il pelo pensa al suo cucciolo tutti i giorni ma parla troppo poco con gli altri uomini. Lui può diventare un lupo feroce ed uccidere in una notte decine di orchi, ma non ha la forza di convincere il resto del gruppo a distogliere la mente dai tesori nascosti sotto le colline di Windspear e tornare nella grande città per rivedere il suo piccolo. L’uomo dei boschi parla solo con Wilson, e questo non va bene. “Io … devo tornare da lui. Non posso più ignorarlo”. Per tutta risposta Wilson si pianta di nuovo al centro del sentiero, quel piccolo sottobosco di sassi e spinte che condurrà il vecchio umano, là dove la grande città di Athkatla cattura i maghi selvaggi, taglia le ali agli elfi e tiene il cucciolo chiamato Ashdale lontano da suo padre. E Wilson sa che l’altro non deve andarvi da solo, perché in quei posti la gente mette gli orsi nelle gabbie, li fanno ballare con la frusta e faranno tante cose brutte ad un uomo che può trasformarsi in un orso o in un lupo quando diventa davvero furioso. Wilson conosce pochi umani come quello che gli sta davanti, ma sa che quando i loro cuccioli sono in pericolo smettono di essere calmi e cadono nelle trappole della gente malvagia. E questo l’uomo che cambia il pelo lo sa. Si guarda i piedi per cercare delle parole con cui scusarsi, ma a Wilson non occorrono parole. Le può lasciare a quelli con due gambe, quelli che le usano anche per fare tanto male, più che con i bastoni: lui preferisce un paio di mani che lo grattano dietro le orecchie o che fanno sparire il dolore delle ferite con la loro strana magia. “Seguirò il tuo consiglio. Parlerò con Barristan e gli chiederò di tornare ad Athkatla, ma se non dovesse accettare …” Wilson gli viene accanto, scendendo per la via del ritorno. Il suo muso non è come quello degli uomini e quindi non sa ridere, ma serra i denti come fanno loro e lo sospinge verso il loro accampamento improvvisato dove senza dubbio qualcuno si sarà già accorso della loro scomparsa. Sa pochissimo di gente speciale come Barristan, ma non lascerebbe mai da solo un amico nel momento del bisogno.
Salve ragazzi, sono tornata. Storia completata (non ne sono convinta al 100%, ma più di così non si può) e sono in rampa per la prossima. Baldur's Gate non finirà mai di ispirarmi!
Personaggio: M'Khiin Genere: Introspettivo, Malinconico, Missing Moments. Rating: giallo Avvertenze: goblin non bravi a scrivere. Loro non fatti per raccontare, loro combattere..
La natura delle cose
Spiriti non parlano più a Ca’uxi. Lui punta il bastone e picchia forte la terra, ma la terra non si deve picchiare mai perché è molto più grande e più forte di goblin: Ca’uxi è stato malvagio ed ha fatto brutte cose, quindi la terra è furiosa e spiriti vanno via da lui. Spiriti parlano con M’Khiin perché M’Khiin è brava goblin. Lei non colpisce i suoi compagni col bastone solo perché lei è sciamana e può picchiare altri goblin. Tutto il clan Grubdoubler ride di Ca’uxi e gli tira le pietre perché lui credersi sciamano più grande di M’Khiin e lui invece solo grande perché è maschio e grida, ma spiriti sanno che vero grande non grida mai. Lei dice al clan di smetterla perché Ca’uxi ha perso, ma i guerrieri ridono di nuovo e prendono braccia di Ca’uxi così lui non può scappare . M’Khiin manda lupo nero ad allontanarli perché loro hanno molta paura di spiriti anche se guerrieri, però quando lupo appare la testa di Ca’uxi è già tutta rotta ed il cervello è per terra. Questo a M’Khiin non piace. Questo a M’Khiin non piace perché goblin, se vogliono, sono meglio di così. Ma non vogliono mai perché questa è la loro natura, e ciò la fa infuriare. “Brava M’Khiin. Grande M’Khiin”. Hobgoblin Bhurgm si alza in piedi e tutti adesso stanno zitti, perché Bhurgm è il capo di clan Grubdoubler e la sua mazza nera manda fulmini come quelle dei famosi maghi delle città – M’Khiin sa che capo l’ha rubata a giovane cavaliere del nord: hobgoblin non ottiene nulla senza uccidere, rubare o entrambe le cose insieme, ma Bhurgm è troppo stupido per uccidere. Lui schiaccia solo teste di goblin e la sua faccia è felice quando guarda corpo di Ca’uxi. “M’Khiin è forte. Ma M’Khiin può essere ancora più forte. M’Khiin può diventare grande sciamana che renderà indistruttibile clan Grubdoubler”. Lei non ha bisogno che Bhurgm le dica cosa può essere perché si sa che hobgoblin sanno poco delle cose, ma degli spiriti non sanno assolutamente nulla. “Io trovato modo per renderti grande grande, così grande da far scappare anche giganti con due teste, sì. Io scoperto come dare a M’Khiin forza di potente spirito di drago”. “Ne dubito” risponde lei, ma non molto ad alta voce. Lei è sciamana e può comandare ad altri goblin, ma quando il capo clan parla deve stare in silenzio anche se è uno stupido hobgoblin come Bhurgm. Perché questa è la natura delle cose. “Terra dà spiriti a M’Khiin. Terra dà magia a M’Khiin. Quindi se M’Khiin dà qualcosa a terra, terra darà a lei spirito più forte che possiede”. Vorrebbe rispondergli che spiriti non funzionano come lui dice e che hobgoblin non sanno nulla, ma adesso tutti guardano capo clan e credono che la sua grandiosa idea li renderà invincibili. Lui parla adesso a tutti altri goblin con mazza magica in mano e piccoli fulmini escono dal manico come se lui fosse un vero guerriero. “Io catturato elfo. Elfi hanno sempre tanta magia. M’Khiin adesso prende cuore di elfo e lo offre alla terra, così potrà avere grande spirito di drago e dare fuoco a tutti i nemici di clan Grubdoubler”. Altri goblin portano elfo dai capelli chiari legato a worg. Lui dice di liberarlo ed ha paura, ma tutti altri ridono e gli danno colpi. Solo perché elfo è legato, però. Loro mai colpire elfo libero per paura della sua magia, e questo a M’Khiin non piace: lei ha imparato a parlare agli spiriti con uomini della foresta che si trasformano in orsi, e sa che ci sono cose che si fanno e cose che non si fanno. Goblin tante volte fanno cose che non si fanno, ma non la ascoltano mai anche se lei è sciamana, e questo le fa molto male. Vecchi uomini dei boschi dicono che questa è la natura delle cose, ma goblin non sono cose e lei vorrebbe cambiare tutti quelli come lei. “Uccidere questo elfo è sbagliato, Bhurgm. Suo cuore non sveglierà nessun drago. Lascialo andare”. “Io dico di sì. Io sentito di grandi maghi uccidere nemici per avere potere e chiamare grandi demoni”. “Maghi non sono sciamani. Demoni non sono spiriti”. L’elfo annuisce ed è d’accordo con lei, ma Bhurgm gli dà calcio e guarda M’Khiin con tanta rabbia. Lui è hobgoblin più grande e più forte con mazza che libera fulmini, ma lei non ha paura di un capo che non è davvero un capo. Lei è sciamana. “M’Khiin fa ciò che io dico. Io capo Grubdoubler, M’Khiin goblin. E goblin fa quello che dico io o sua testa esplodere come quella di Ca’uxi”. “Natura di goblin è quella di obbedire a capo …” Adesso M’Khiin è stanca di tante sciocchezze. Spirito di lupo bianco arriva sempre per primo quando lei è furiosa, e quando fa vedere le zanne tutti sono spaventati. Il grande serpente appare sotto gli stivali di hobgoblin e gli si avvolge intorno alle gambe: sibila e fa vedere i denti, e quando Bhurgm alza la mazza colpisce solo l’aria perché spiriti non hanno ossa da rompere o cervelli da scappare e quando loro sono offesi nessuno può scappare. Anche vecchio orso grigio risponde alla sua chiamata, si alza su due zampe e prende arma che spara fulmini nella sua bocca. Tira e hobgoblin urla come cucciolo di goblin pauroso, dà un calcio all’orso ma il grande serpente gli stringe la gamba e lui inciampa. Altri goblin vorrebbero ridere, però tutti scappano perché lupo li fissa con occhi rossi. Loro vanno via perché loro forti solo a catturare povero elfo che dorme, non a combattere i veri spiriti della foresta. M’Khiin è stanca di loro. Lei va da hobgoblin che piange e gli fa vedere il suo bastone da sciamana. “Natura di goblin è quella di obbedire a capo. Allora io non più goblin. Io non voglio ordini da te” dice. Altri fanno voce grossa, ma non M’Khiin. “Tu ora va via”. Bhurgm ancora spaventato. Prova a risponderle che lui è ancora capo, ma grande e vecchio orso grigio rompe la sua mazza e hobgoblin scappa via come se avesse davvero visto un drago rosso che sputa fuoco. Altro goblin adesso sarebbe felice perché mostrato più forte di capo Grubdoubler, ma M’Khiin non è altro goblin. M’Khiin è M’Khiin, e adesso M’Khiin è sciamana senza clan. Forse meglio, forse peggio. Lei è solo una goblin e certe cose la piccola gente non le sa. Lei va dall’elfo e gli libera i polsi. “Meglio che tu scappa. Prossima volta non farti catturare, capelli d’argento”. “Un saggio suggerimento che seguirò senza dubbio, mia sublimemente sciocca e silenziosa sciamana” risponde lui mentre si sistema i vestiti scuri. È un mago, questo M’Khiin lo vede subito, ma M’Khiin non capisce perché mago elfo sia stato catturato da uno stupido come Bhurgm. Forse elfo un po’ ingenuo, qualche volta la gente alta lo è perché ha gli occhi troppo in su e non vede la terra su cui cammina. “Ma cosa osservano i miei occhi operosi? Una goffa quanto gentile goblin che rinnega la sua negletta natura per salvare nientemeno che un nobile elfo della notte? Un simile salvataggio significa che il sottoscritto debba sdebitarsi”. M’Khiin dimentica che gente alta parla troppo per lingua goblin. “Ascolta, piccolo porcospino, il sottoscritto ha un’incredibile, ingegnosa, inimmaginabile, inaudita, imbattibile, insuperabile idea! Cosa ne pensi di una conveniente (per me) collaborazione?” Lei ormai è tranquilla. Spiriti sempre irrequieti quando ci sono dei maghi, ma lei li chiama indietro. Non ha motivo di attaccare l’elfo rumoroso. “Con i tuoi particolari poteri potremmo performare qualcosa di puramente portentoso!” Non è che M’Khiin abbia molte scelte. Adesso lei non ha più clan, e forse l’elfo tutto nero può fare qualcosa per lei: non sembra molto intelligente, ma gli elfi scuri sono grandi maghi e forse non è cattiva idea rimanere con lui per un po’. In due è più facile trovare cibo caldo e un fuoco, e questo tutti i goblin lo sanno molto bene. È la loro natura. “E va bene, capelli d’argento. Ma solo per un poco”.
Personaggio: Corwin Schael Genere: Introspettivo, Malinconico, Missing Moments. Rating: verde Avvertenze: questa storia si ambienta in un ipotetico futuro successivo a Siege of Dragonspear. Sono convinta che nel prossimo gioco la Beamdog deciderà di mandare la mia fanfic a monte, ma fino a quel momento ... enjoy!
Qualunque cosa accada
Corwin respira a fondo. Non si tratta di nervosismo, bensì di una qualche forma di emozione. I suoi occhi si posano su ogni dettaglio della stanza ben ammobiliata: sulla scrivania nessun foglio è fuori posto, nessun angolo arricciato, le pergamene sono arrotolate ed impilate senza che una sopravanzi l’altra o che i sigilli in ceralacca si incollino tra loro per il lieve calore emanato dalle ultime braci del camino. Si controlla i piedi una seconda volta, assicurandosi che siano perfettamente allineati. L’uomo davanti a lei sembra l’incarnazione dei rigore. I suoi movimenti sono lenti e regolari anche quando soppesa che lei gli ha appena consegnato, una figura ben lontana dai luogotenenti del Pugno Fiammante e dal puzzo di birra e urina che risale dalle prigioni della fortezza fino alle stanze dei principali ufficiali. La cotta del comandante dai capelli bianchi è cosparsa di segni ed ammaccature, ma narra di gloria ed avventure passate molto più delle lucenti armature che i capitani di Baldur’s Gate indossano durante le parate. “Il suo stato di servizio è a dir poco ineccepibile, capitano Corwin Schael”. La figura anziana solleva lo sguardo dai fogli; la sua voce è dura, ma giusta. Corwin si accorge di avere la bocca secca. “Gli encomi che ha ricevuto per la questione di Dragonspear basterebbero a far impallidire la metà dei miei uomini, capitano. Sono quantomeno meravigliato nel vedere i miei colleghi di Baldur’s Gate inviare una donna come voi qui nel sud, specie considerando le tensioni tra i Granduchi e il Consiglio dei Cinque”. “Non sono stati i miei superiori a mandarmi qui, signore”. Corwin risponde piano, scandendo ogni singola parola. Non è certo una bambina intimorita, ma l’uomo anziano che la fissa dal suo scranno è una leggenda vivente e adesso esige una risposta da lei e soltanto da lei. “Sono stata io a chiedere il trasferimento”. Non era stato nemmeno troppo complesso: gli alti ufficiali del Pugno Fiammante non erano stati poi così addolorati nel consentire all’inflessibile, intransigente e ficcanaso capitano Schael di levarsi dai piedi. Specie il luogotenente Grovel, il cui ufficio contava senza dubbio più prostitute che incartamenti. O l’ufficiale Minerock, più che sollevato all’idea di firmare il visto di partenza per il Sacro Ordine del Cuore Radioso alla donna che lo aveva citato nei propri rapporti per connivenza con le operazioni illecite del Trono di Ferro. I paladini servono tutti una causa comune, dunque nessuno ha avuto realmente da ridire quando si è lasciata alle spalle il puzzo di Baldur’s Gate. E tutti i ricordi collegati a quella città. “Sarei invero curioso di conoscerne le motivazioni”. “Le motivazioni sono innumerevoli, comandante Firecam …” Rohma è stata la prima, ovviamente. Vederla giocare serena tra i sicuri giardini del quartiere governativo di Athkatla le ha rasserenato il cuore sin dal primo giorno, quando un giovane e distinto cavaliere nella villa adiacente alla loro ha regalato alla bambina tutte le bambole appartenute a sua sorella, una giovane donna venuta a mancare da poco. Le strade della Città della Moneta la aiutano a dimenticare la polvere, i ratti, gli uomini e le donne sfollati nei vicoli di Baldur’s Gate che nemmeno la sconfitta di Caelar Argent è riuscita a risolvere; l’odore delle latrine a cielo aperto non la investe più quando cammina. Non è così ingenua da credere che Athkatla sia una città perfetta –una rapida sosta al Diadema di Rame glielo ha confermato- ma senza dubbio è un luogo più che accettabile per far crescere Rohma. E poi la questione di Barristan. Corwin scuote la testa al ricordo del gentile Figlio di Bhaal, e solo dopo si accorge che le iridi severe del nobile Keldorn Firecam stanno aspettando la fine della sua risposta “…ad essere sincera non saprei nemmeno da quale iniziare”. “Eccellente. Mi risparmierà di ascoltarla”. C’è una lama dietro quelle parole. Corwin sobbalza quando la mano solcata da cicatrici le restituisce la lettera di presentazione insieme alle pergamene nemmeno aperte; cerca una spiegazione, ma le sopracciglia grigie screziate di bianco non danno alcun cenno di distendersi. “Non ho bisogno di gente come lei”. Prova a lanciare un’occhiata speranzosa ai documenti non ancora letti eppure, per tutta risposta, il vecchio paladino glieli stringe nella mano con maggior veemenza. “Se pensa che una manciata di encomi possa farmi cambiare idea si sbaglia di grosso, capitano” risponde. “La sua fama precede e, mi creda, non solo per la sua abilità con l’arco. Una persona che dubita della parola dei suoi compagni non possiede i requisiti adatti a servire l’Ordine. Come potrei affidarle la vita dei miei uomini sapendo che potrebbe negare loro il suo appoggio?” “Non farei mai una cosa simile. Chiunque le abbia raccontato una cosa simile si stava sicuramente divertendo ad infangare il mio onore con simili calunnie!” “Strano. Io credo invece che sia una persona che sicuramente lei ha abbandonato nel momento del bisogno. Più precisamente nelle celle del Pugno Fiammante. Ultima cella a destra, ala nord, se non vada errato. Credo ci sia ancora un cuore in frantumi in mezzo a tutto quel letame”. Gli occhi chiari di Barristan le si piantano innanzi, carichi di delusione come nello stesso istante in cui si era imposta di dimenticarli; non come gli occhi di Sarevok, l’altro Figlio di Bhaal che si diceva fosse in grado di fissarti con iridi ardenti come braci venate di luce scarlatta. No, gli occhi di quell’uomo sono grigi nel suo ultimo ricordo, quasi spenti nella penombra delle sbarre, così lontani dall’azzurro cavalleresco che li tingeva quando le chiedeva di parlargli di Rohma o di come si fosse procurata la cicatrice al volto. Ha votato gli ultimi mesi a soffocare quello sguardo con tutti gli impegni che fosse stata in grado di caricare sulle proprie spalle, eppure basta solo il pensiero di quell’uomo, del suo dolore, per soffiare via l’intricato castello di carte che ha eretto per impedire ai propri sentimenti di superare gli argini, il fossato che ormai credeva invalicabile finché le parole del vecchio paladino non lo hanno oltrepassato. Perché non c’è nulla di più doloroso della verità che emerge dopo tanto tempo di prigione tra le bugie. La verità è che ha avuto paura di credere in lui. Dargli le spalle allora le è sembrato più semplice, senza dubbio meno doloroso dell’issarsi tra lui e le menzogne e fargli da scudo. Era stato più facile ascoltare mille voci che non una, una voce resa ancora più flebile dalle prove dell’omicidio della giovane Silvershield costruite intorno a lui. Ed in quel momento tutte le accuse sembrano prendere vita negli occhi dell’anziano comandante. “Comprendo”. “No, ragazza, tu non comprendi affatto. È questo il tuo problema” dice. Molte storie di suo padre Corwin aveva sentito sull’inflessibilità ed il rigore del nobile Keldorn Firecam, ma in nessuna di quelle si narrava di come il veterano della guerra contro i giganti fosse in grado di trasformare un decorato ufficiale della milizia in un lombrico. “Se vuole dimostrarsi degna del Cuore Radioso prenda quelle lettere di presentazione, le lanci nel camino e faccia qualcosa di più utile che starsene nel mio ufficio a rubarmi tempo. L’Ordine ha mandato uno dei suoi migliori membri nelle rovine di Windspear a recuperare la più grande reliquia mai appartenuta ad un servitore della Legge … gelosamente custodita da un drago rosso, purtroppo”. La sua espressione si fa pensosa. “Ammetto che le sue possibilità di successo sono scarse. Solo un folle si spingerebbe nella tana di una bestia sputafuoco con … vediamo … una ladruncola evasa da Spellhold, un ranger per cui gli Stregoni Incappucciati offrono una taglia in grado di acquistare mezza Waterdeep, una druida ancora più inflessibile del sottoscritto, una maghetta selvaggia dai capelli indescrivibili e … persino della disgustosa feccia nera del Sottosuolo”. Certo, solo un folle lo farebbe, ma Corwin ne ha in mente solo uno. Perché conosce solo una persona in grado di rischiare la vita insieme a gente simile. E la parte della maghetta selvaggia dai capelli indescrivibili le leva di colpo qualsiasi dubbio. Prova a chiedere spiegazioni al nobile in armatura, ma quello le ha stretto di nuovo le lettere nel palmo e adesso le dà le spalle, segno che la loro conversazione è terminata. “Windspear è a soli tre giorni da cavallo da qui. Non crede anche lei che contro un drago molto spesso una freccia ben incoccata possa fare la differenza, capitano?” Ma Corwin ormai non lo ascolta più. È già alla rampa delle scale, il cuore in gola. Qualunque cosa accada lei sa che i prossimi tre giorni saranno i più lunghi della sua vita. Qualunque cosa accada ha troppo poco tempo per pensare a cosa dirgli, quando parlargli, dove trovare il coraggio di guardarlo di nuovo negli occhi. Qualunque cosa accada ha solo tre notti per ricordare come si pronuncia davvero quel “Ti amo” che allora non ha saputo dire.
E anche questa breve edizione dedicata a Siege of Dragonspear è terminata. Auguro a tutti un buon proseguimento e ringrazio tutti coloro che hanno letto queste vicende e mi hanno supportata nel lavoro! Grazie mille soprattutto a questo bellissimo e vivissimo forum con cui mi auguro di poter collaborare ancora!
Comments
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Personaggio: Barristan Firehammer. Paladino umano maschio.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Missing Moments.
Rating: giallo
Avvertimenti: Barristan non fa parte del gioco, ma è il personaggio che ho creato per questa fantastica avventura. Non è stato di certo il primo, ma è l'unico con cui ho portato avanti entrambi i giochi con le relative espansioni, quindi penso che abbia un posto di riguardo nel mio cuore. L'ultima frase di questa fanfiction è una citazione, perché soltanto con questa mi sentivo di chiudere in bellezza questa meravigliosa serie. Ah, ho sforato i limiti, ma questa era l'ultima storia e volevo esagerare.
Singer of the End
“Scegli”.
Ho commesso tante scelte nella mia vita. Di molte me ne sono pentito. Di altre no.
Ho deciso di ascoltare le parole di Gorion e dargli le spalle, di correre senza sosta tra gli alberi mentre i suoi ultimi incantesimi illuminavano la notte; quella volta scelsi di fuggire come un vigliacco e di nascondermi oltre la collina, lasciando che l’unica persona che potessi mai chiamare “padre” offrisse la sua vita per la mia. E anche guardando tutte le imprese che ho compiuto, con la consapevolezza che le mie azioni hanno portato speranza in tanta gente … quella notte sbagliai. Forse sarei morto, forse no. Forse alcune delle persone che adesso mi guardano non sarebbero qui. Ma di certo non proverei quella stretta al cuore ogni volta che anche solo il ricordo del sul viso mi sfiora la mente.
Per questo adesso non posso commettere errori.
La luce del Trono di Bhaal illumina di verde ogni cosa. Il buio di questo luogo senza confini, immerso nello spazio concesso solo agli dèi, perde qualsiasi forma quando la colonna di luce lo trafigge e riflette le fiamme di Solaris, questo essere misterioso che rimarrà un enigma forse per sempre. “Scegli, progenie di Bhaal. Il potere che ti è stato conferito distruggerà per sempre lo spirito corrotto di Amelyssan e potrai diventare un uomo mortale. I fili che gli dèi hanno avvolto intorno al tuo corpo verranno sciolti, e la tua anima sarà libera di seguire il proprio destino. Oppure …”
Le sue labbra si muovono appena, e la sua voce rimbomba in questo spazio vuoto come se non nascesse da quel corpo incantato. “… oppure fai tuo il potere che ti spetta per nascita, Figlio di Bhaal. Accogli in te l’essenza di tuo padre e domina il Trono. Potrai diventare inviso a divinità malvagie come Cyric, ma il potere immortale che ribolle nel tuo sangue potrà dar vita a miracoli mai visti. Ed io sarò al tuo fianco, mio signore”.
Il Trono di Bhaal.
Sarevok grida qualcosa, ma …
Il Trono di Bhaal. La colonna di luce verde batte come un cuore impazzito, lo noto soltanto adesso. Forse è il mio cuore che batte e tutto intorno scivola e lo segue, ma questo posto è vivo. Sembra un golem alla ricerca disperata di un nucleo, un nucleo che Amelyssan aveva provato a riempire dei suoi incantesimi; ed ha fallito, perché il Trono è un trono, ed ha bisogno soltanto del sangue del suo re. Non è un’energia malvagia, questo lo so. Lo sento. È una forza simile alla più potente delle spade, alla lucente Carsomyr: si misura solo dalla mano che lo impugna, o almeno così direbbe Gorion. Non è mai stato usato per il bene degli esseri umani, ma questo non vieta … non vieta che potrebbe farlo. Oltre questo splendore Imoen sorride, poi china il capo. La mia preziosa sorellina sa meglio di chiunque altro cosa voglia dire dominare un enorme potere e camminare su quella sottile linea che separa il possederlo dall’esserne posseduti, tagliente come la lama di una spada che tenta di ferirci ogni volta che la nostra volontà vacilla e perde l’equilibrio. Lei mi chiede solo di non cadere. Di non ridurmi come Amelyssan o Irenicus.
E questo lo posso fare. Sono anni che convivo con questo spettro oscuro, con il sangue del mio vero padre che ribolle nella battaglia e si infiamma nella morte e che solo grazie alla bontà di Gorion sono riuscito a trattenere; posso tentare, se non altro. Con il Trono potrei finalmente impedire la minaccia del Sottosuolo, o ricacciare i vampiri e gli Illithid. Porre fine alla guerra tra elfi e drow, rallentare la minaccia dei giganti che anche adesso marciano compatti verso l’Amn. Forse anche far girare indietro la clessidra del tempo, restituire Khalid alla dolce Jaheira, o Dynaheir a Minsc che ancora la piange senza farsi vedere da Boo. Ricreare il mondo da zero.
Un lieve calore si muove dentro di me; lentamente, come il passo di un elfo sulla sabbia, scivola lungo il mio corpo ed arriva al cuore. Un tepore che parte dalle dita della mia mano destra, che quando abbasso gli occhi trovo racchiusa in quella sinistra di Neera. I suoi capelli adesso hanno una tinta indefinibile, caldi e gelidi allo stesso tempo. “Fai la tua scelta”, mormora. È la prima volta che la vedo così seria. “Qualunque strada percorrerai, io sarò felice se lo sarai anche tu”.
Neera …
Forse è quello che stanno dicendo tutti, che forse Jaheira mi sta martellando già da diversi minuti, ma è la sua voce, solo la sua voce a richiamarmi in quel luogo ricordandomi che non ho ancora pronunciato una sillaba da quando Solaris ha imposto il suo verdetto. È viva e forte come sempre, è la voce che ho imparato ad amare, ad ascoltare nelle sere di sconforto e nelle notti di gioia, ad obbedire nei momenti più impensati, a temere quando la presa dell’oscurità si fa più forte. Mi piace pensare a lei come la persona a cui offrire questo potere, a cui chiedere per prima come posso scacciare il suo dolore. Potrei distruggere i Maghi Rossi di Thay se solo questo bastasse per vederla sorridere. E questo Solaris lo ha capito. Mi volto di nuovo verso i suoi occhi fiammeggianti.
“NON E’ VERO!”
La presa di Neera stavolta è diversa, mi tira per il braccio fino a costringermi a guardarla di nuovo. E non c’è nulla dello sguardo dolce e sognante di qualche istante prima. “NON E’ VERO! NO, NON E’ VERO, NON SARO’ AFFATTO FELICE!”
“Neera, ma cosa …?”
“Io non voglio che tu te ne vada! Non voglio che tu diventi un chissà quale dio potente, immortale e bla bla bla e DEFINITIVAMENTE non mi importa nulla di come userai quella forza. Io … io voglio che tu rimanga con ME!” grida, poi incrocia le braccia con quella sua espressione corrucciata che nel migliore dei casi preavvisa un’ondata di magia selvaggia. “Voglio divertirmi, voglio passare delle fantastiche serate a ubriacarmi in taverna, voglio far esplodere i Thayani e far passare loro la fantasia di prendersela con noi maghi selvaggi … ma lo voglio fare con te! Senza di te, Barristan … tutto questo non avrebbe senso … non ho alcuna intenzione di essere piantata in asso per il Bene del Mondo. Vedi …”
Il suo tono si abbassa, fino a ridursi ad un sussurro. Imoen, Jaheira, Viconia, perfino Sarevok per un istante tacciono. “… io ti amo per il mortale che sei. Non per il dio che sei nato per essere”.
Il dio che sono nato per essere. Ho sempre pensato che si sia trattato di uno sbaglio, di un errore da parte dello stesso Bhaal quando scelse mia madre per portare avanti la sua progenie: non ho mai ascoltato la sua voce, nemmeno quando la forza dell’Uccisore si è manifestata nella mia carne. Ho sempre disdegnato tutto ciò che il Signore dell’Omicidio mi ha messo davanti, ed ho retratto la mano quando Sarevok ed altri hanno fatto di tutto per guadagnare le briciole di questo potere che dà diritto a salire al Trono. E se l’ho fatto è stato grazie a lei. Grazie alla piccola mezz’elfa che guarda prima me e poi Solaris come se gli ingranaggi mossi dagli dèi non siano altro che ruote arrugginite, la stessa ragazza che mi ha stretto tra le braccia quando l’Uccisore ha manifestato la sua violenza. Lei che non è arretrata di un passo quando ha visto il mio vero volto.
Per un istante il Trono mi sembra meno potente.
“E smettila di rimuginarci su! Non serve un dio per cambiare il mondo! Ti devo davvero fare la lista di quello che siamo riusciti a fare in poco tempo? Baldur’s Gate, Trademeet, Umar, Windspear, Suldanesselar, Athkatla … abbiamo una vita intera per riuscirci! Io e te!”
“Ehi, non escludetemi dal gruppo!” protesta Imoen. “Anche io voglio fare la mia parte!”
“E io vi seguirò. Ci vuole qualcuno che metta un po’ di giudizio in questo gruppo” dice Jaheira.
Viconia alza gli occhi al cielo senza dire nulla, ma prima che la sua disapprovazione per tutta questa storia si trasformi in una predica sul mio comportamento illogico una mano potente mi preme contro la spalla, incurante dell’armatura. “Ascolta la tua mezz’elfa, fratellino. Non sarebbe la prima volta che sputi nel piatto di nostro padre, no?”
L’espressione di Sarevok è ferma. Non lo sguardo inespressivo di quando abbatte i nemici o quando ascolta le liti senza fine di Jaheira e Neera. Credevo di aver portato a galla il suo vero Io in questo viaggio, ma solo adesso, solo davanti a questa luce, il suo sguardo è quello di un uomo che non ho mai conosciuto. “Non commettere il mio errore. Nessun potere è abbastanza grande da asciugare le lacrime che verserai quando lei non ci sarà più”.
Quando lei non ci sarà più.
Quando il mondo sarà diventato secco, perché non ci sarà il suo sorriso ad alimentarlo. Quando l’aria sarà gelida ed irrespirabile perché il suo fuoco si sarà dissolto in un manto di scintille.
Quando sembrerà avvolto dalle tenebre, proprio come la notte in cui Gorion è andato incontro ad un destino che avrei potuto cambiare se non fossi stato così debole. E sono i suoi occhi gli unici che vedo in questa selva di visi, quasi come se fosse ancora accanto a me, sommerso dai libri.
Lasciarsi alle spalle i propri sogni è un atto di coraggio molto più grande che affrontare un drago. Perché in quel caso la morte arriva con un soffio di fuoco, e non come piccole schegge di dolore in uno specchio che costantemente ti costringe a guardare ciò a cui hai rinunciato. Non si chiude la propria vita con un grido di battaglia, ma con un lento canto che accompagnerà ogni nostro sogno fino all’ultimo giorno.
Neera mi stringe la mano di nuovo.
Solaris mi osserva, ma non attende la mia risposta. Dietro quegli enormi occhi c’è un mistero che non potrò mai svelare, ma forse è proprio questo il bello di lei. Solaris sa, e d’improvviso tutto sembra più leggero.
Non riesco a voltarmi che il Trono svanisce, avvolto in un’esplosione di fiamme. Nel mio petto c’è qualcosa che si muove, vola, corre, salta e poi esce simile ad un falco in attesa di tornare al nido; oltre questo frammento d’universo rimane soltanto il grido di Amelyssan che squarcia l’anima e poi tace, stavolta per sempre. Neera si aggrappa al mio braccio e guarda oltre cercando i nostri compagni: oltre noi due adesso c’è solo lo splendore degli dèi che si trasforma in un ruggito che ci spinge e ci trascina lontano, costringendoci a chiudere gli occhi e sperare che gli altri stiano bene. Ma in fondo so che ci rivedremo presto, forse già al nostro ritorno.
Perché stiamo tornando nel nostro mondo, di questo ne sono certo. Stiamo tornando nel nostro mondo pieno di pirati e di schiavisti, di sacrifici umani e di guerre. Stiamo tornando nel nostro mondo dove pochi uomini usano il loro potere per giocare con le vite altrui, dove basta un po’ di magia per trasformare uomini e dèi e dove la morte scivola in torri secolari gridando una vendetta senza tempo. Stiamo tornando nel mondo dei draghi e dei vampiri, dei drow e degli Occhi Tiranni. Stiamo tornando nel mondo che ha bisogno di noi.
Stiamo tornando nel nostro mondo pieno di luce.
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Ci tengo tantissimo a ringraziare tutti i membri del forum che ci hanno supportato in questo percorso, mostrando il loro apprezzamento e dedicandoci minuti preziosi sia in qualità di staffer e supervisori che come lettori. Avete tutti fatto una grande parte e ci avete incoraggiate, e sono stata contentissima di postare in questo forum. Ovviamente il più grande ringraziamento va a Lisaralin senza cui tutto questo lavoro non sarebbe mai esistito.
Diamo a questo titolo (il meglio riuscito di Beamdog, a mio avviso) il giusto credito.
Sarebbe bello leggere i racconti delle vostre peripezie lungo il Dorso del Mondo.
Icewind Dale: Enhanced Edition è fatto davvero bene. Il migliore prodotto che Beamdog abbia rilasciato. Non a caso, ha ricevuto molte recensioni positive (http://forum.baldursgate.com/discussion/36164/the-list-of-iwdee-reviews-42-review-already/p1). E' tradotto e doppiato in italiano ed è ambientato lungo le vette innevate del Dorso del Mondo. Una location bellissima e diversa da quella di BG. Provalo
Now we need a written playthrough with Sir Barristan : )
Anch'io avevo intenzione di andare a vedere il film, dovrei giusto trovare qualcuno che voglia andarci.
Per quanto riguarda Icewind Dale, una volta finita la revisione della traduzione me lo giocherò come merita
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Personaggio: Korgan Bloodaxe
Genere: Introspettivo, Drammatico
Rating: giallo tendente all'arancione
Avvertimenti: presenza di spoiler per chi non ha giocato il nuovo personaggio di BG2:EE. Korgan è una persona orribile, soprattutto per come tratta le donne, ma scrivendo questa cosa in fondo un pochino mi sono affezionata a lui.
Gli occhi dell’abisso
“Se guardi troppo a lungo nell’abisso, l’abisso guarda dentro di te.”
(Friedrich Nietzsche)
Per essere carina, la nuova arrivata è carina. Certo, le manca la barba ed è un filo troppo alta e longilinea, ma Korgan si vanta di essere un nano moderno, che ha imparato a non farsi scoraggiare dalle differenze razziali. Decenni di avventure in giro per l’Amn, spesso senza intravedere l’ombra di una donna per mesi, gli hanno fatto rivalutare persino le esili elfe dalla pelle di porcellana e le labbra a bocciolo di rosa.
Il problema di questa Hexxat è che… come dire, sembra morta? Korgan è pronto a giurare di aver visto ghoul con più vitalità. Lo sguardo di Hexxat è costantemente assente, perso nel vuoto, e la ladra non spiccica mai parola se non per ripetere la solita, logora cantilena: “Portatemi alla tomba di Dragomir.” Il tono di voce di un golem d’argilla sarebbe più espressivo.
La ragazza non ha reagito nemmeno quando Korgan le ha assestato una sonora pacca sul fondoschiena, approfittando del buio sulle scale del Diadema di Rame. Né urla di protesta né manifestazioni di apprezzamento, niente di niente. Korgan ha anche pensato che sarebbe stato assurdamente facile introdursi in camera sua per divertirsi un po’, ma alla fine ha deciso che non ne valeva la pena. Che gusto c’è se non strillano e si dimenano neanche un po’?
A colazione nella sala comune hanno parlato a lungo di lei. La stupida avariel sostiene che sia stata vittima di qualche abuso, mentre secondo Valygar si tratta sicuramente di un maleficio, ennesima prova delle nefandezze dei “maghi oscuri”. Neera teme che possa essere finita tra le grinfie di uno di quei pazzoidi del Thay che si divertono tanto a praticare la vivisezione sugli essere umani.
Anche a Korgan viene chiesto un parere. Il nano tace, prende tempo trangugiando lentamente il primo boccale di birra del mattino.
A dire la verità, lo sguardo vuoto di Hexxat gli riporta alla mente qualcosa.
Sigrid era una nana di appena pochi decenni quando le guerre tra i clan erano iniziate. Troppo innocente e inesperta del mondo per capire davvero cosa stesse succedendo, e perché. Nani che ammazzano altri nani, fratelli che si pugnalano alle spalle, fiumi di sangue versati per una sciocchezza come tre gallerie e qualche filone d’oro semiesaurito.
Anche Korgan era giovane all’epoca, e tutta quella violenza gli sembrava assurda, folle, insensata. Ma in fondo al suo cuore già pulsava l’indole del guerriero, e quando suo padre lo aveva strappato a forza dal corpo ormai rigido della mamma aveva capito. Aveva urlato, scalciato e tirato la barba del padre fino a fargli sanguinare le guance, ma aveva capito. Aveva accettato la necessità di fuggire.
Sua sorella no. Sigrid era rimasta a fissare la madre, immobile come se le avessero scagliato un incantesimo di Carne in Pietra, con lo stesso sguardo vuoto e privo di vita di Hexxat. Non c’era stato verso di smuoverla da lì.
Suo padre era ferito, e non poteva caricarseli sulle spalle tutti e due. Aveva scelto il figlio maggiore, il più forte, quello che aveva più possibilità di sopravvivere alla vita di stenti che li attendeva. Sigrid probabilmente sarebbe morta comunque. L’ultima immagine che Korgan ha di sua sorella è di lei in piedi al centro della galleria, le braccia inerti lungo i fianchi, le urla e il fragore del combattimento che si avvicinano come nubi di tempesta.
E il suo sguardo vuoto, perso nei meandri di chissà quale abisso.
Non l’ha più rivista.
Il Figlio di Bhaal decide che andranno alla tomba di Dragomir quel giorno stesso, per cercare di fare luce sul mistero di Hexxat. Korgan abbandona il tavolo tra una decina di imprecazioni, sferrando un calcio a una sedia. Certo, quando era lui a insistere per infiltrarsi nella cripta e recuperare il libro per Pimlico gli hanno consigliato tutti di non essere precipitoso, di aspettare. Troppo rischioso, dicevano! Ora invece tutti pronti a gettarsi tra le fauci dei ghoul per aiutare una povera fanciulla demente!
Sulle scale si imbatte proprio nella fanciulla in questione. C’è un tizio alle sue spalle, seminascosto nella penombra. Un ceffo smilzo pieno di pugnali che ha tutta l’aria di essere un Ladro Tenebroso. Lo sconosciuto si avvicina a Hexxat e le sussurra qualcosa all’orecchio, mentre le sue labbra sottili si piegano in un sorriso lascivo. Intanto le sue mani partono all’ardita esplorazione delle meraviglie del corpo della ragazza.
Korgan neanche rallenta l’andatura. Mentre passa accanto ai due sferra dritto nello stomaco dell’uomo uno di quei poderosi destri nanici di cui non ci si dimentica facilmente, che lo fa schizzare via mugolando come una fanciullina. Superando Hexxat la degna appena di uno sguardo.
Per un attimo gli sembra che la ragazza gli abbia sorriso, ma probabilmente è solo l’ennesimo scherzo della birra e dell’illuminazione scadente del Diadema di Rame.
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Note: la sorella di Korgan è di mia invenzione, ma la storia della guerra tra i clan, compresa la scena del padre che strappa il piccolo Korgan dal corpo della madre, viene raccontata da Korgan in uno dei suoi dialoghi con Mazzy. Se poi sia vera o no, questo solo Korgan lo sa.
Ovviamente la Hexxat di cui si parla qui in realtà è Clara, ma i nostri eroi scopriranno la sua vera identità soltanto in seguito, una volta liberata la vera Hexxat dalla tomba di Dragomir.
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Personaggio: Aerie
Genere: Introspettivo, Missing Moments
Rating: verde
Avvertimenti: contiene spoiler su un personaggio bonus di BG2:EE. Ispirata alle romance della mia partita. La citazione del titolo dovrebbe essere piuttosto semplice da indovinare XD
The bear and the maiden fair
“Mi occupo io della legna.”
Una scusa, ovviamente. Un pretesto qualsiasi per allontanarsi dal campo e trascorrere un po’ di tempo nel bosco, sola con i propri pensieri, lontana dal chiacchiericcio degli altri.
Lontana da lui.
Wilson deve aver avuto la sua stessa idea. Aerie lo trova intento a sonnecchiare in una radura, il dorso peloso che si alza e si abbassa placidamente al ritmo del suo respiro profondo e rumoroso. Decide di fargli compagnia, si siede sull’erba e reclina il capo contro la sua pelliccia morbida. Chiude gli occhi, e pensa che sarebbe meraviglioso sprofondarvi dentro e dormire, dormire e ancora dormire avvolta da quell’abbraccio caldo e protettivo. Senza pensare a niente.
Alcuni membri del gruppo hanno paura di Wilson, si sentono a disagio ad avere un orso per compagno di viaggio. Lei no. Si sono capiti sin dal primo momento, loro due; sin dal primissimo sguardo, scambiato attraverso le sbarre arrugginite e troppo strette della gabbia del mercante di animali. Chi ha sofferto sulla propria pelle la vita del prigioniero e dello schiavo non ha bisogno di parlare la stessa lingua per capirsi.
L’oblio tanto sospirato non arriva. E come potrebbe, se dietro alle palpebre chiuse le macchie colorate e i frammenti di luce si ostinano a comporre sempre la stessa immagine? La vastità del cielo in un paio di occhi, capelli dorati, un fisico né alto né prestante ma fresco, agile e flessuoso come la scia di un dardo incantato.
E la sua voce, che neanche i suoni quieti del bosco riescono a inghiottire. Il nome di un’altra donna pronunciato con ardore dalle sue bellissime labbra.
Neera, è la nota più ricorrente nella melodia delle sue parole. Neera è bella, è spiritosa, è energia pura e dirompente come i suoi incantesimi; ma come comprendere cosa le passa per la testa, come schiudere i segreti del suo cuore? Cercare di capirla è come catturare un raggio di sole che si rifrange sull’acqua. Per fortuna c’è Aerie, la confidente, l’amica sempre pronta ad ascoltare e a offrire consigli sinceri. Come farebbe senza di lei? E Aerie si odia, perché ogni volta non riesce a fare altro che ingoiare le lacrime e ricucirsi addosso la maschera logora del sorriso.
Amica. Sorella. Tante belle parole. Ma non quelle che vorrebbe trovare il coraggio di dirgli.
Un debole grugnito le annuncia che Wilson si è svegliato. Lo accarezza sotto il muso, distratta, sfrega i capelli contro il suo manto bruno.
Ai tempi di Faenya-Dail non avrebbe avuto dubbi su cosa fare. Un battito d’ali, un fruscio di piume e via veloce attraverso il vento e le correnti, lasciandosi indietro brandelli di nuvole insieme a tutti i cattivi pensieri.
Niente al mondo le manca come volare.
Si accorge del richiamo di Wilson solo quando i colpetti del muso contro la sua spalla si fanno più insistenti. Ancora una volta le basta incontrare per pochi istanti il suo sguardo del colore della terra umida per capire la sua richiesta. Con il muso Wilson accenna al proprio dorso ed emette una sorta di gorgoglio profondo, benevolo. Un invito.
Aerie si aggrappa al suo collo robusto e gli sale in groppa.
“Dove vuoi portarmi, amico mio?”
Wilson parte con un ruggito di sfida, ed è veloce, straordinariamente veloce per una creatura della sua mole. Aerie si lascia sfuggire un gridolino e agguanta due ciuffi di pelliccia tanto forte da rischiare di strapparli. Sente la terra vibrare sotto le zampe potenti di Wilson, un ritmo serrato e incalzante che la lascia senza fiato.
Pian piano però lo spavento passa e il suo corpo, senza che nessuno le spieghi come fare, si abitua. Impara ad assecondarlo. Lo accompagna con l’istinto di un cavaliere, piegandosi e ondeggiando a destra e a sinistra in perfetta sintonia con i movimenti dell’orso. Persino il loro respiro ora è uno solo.
Insieme attraversano il bosco come una freccia scoccata dall’arco infallibile di Valygar, il vento contro il viso, foglie che la accarezzano rapide e si impigliano tra i capelli. Macchie di luce imprigionate tra i rami, un caleidoscopio verde e oro ad accompagnare la corsa selvaggia dell’elfa e dell’orso.
Non è come volare, ma in qualche modo gli somiglia. Ed è bellissimo.
Grazie, amico mio.
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Personaggio: Rasaad yn Bashir
Genere: Introspettivo, Malinconico, Drammatico
Rating: giallo
Avvertimenti: temo di essere OOC con Rasaad, probabilmente qui appare troppo assetato di vendetta per un legale buono. Però in BG2 mi è parso molto più tormentato e instabile rispetto al primo gioco, molto più in preda a dubbi mistici e propenso a smarrire la via. Perciò...
Notte senza luna
Il respiro della città è rumoroso.
Persino di notte Athkatla non si addormenta mai davvero. Merci e viaggiatori partono e arrivano a ogni ora, la musica nelle taverne non si spegne mai. I suoi vicoli brulicano di vita sotterranea e misteriosa.
Nelle città è più difficile percepire il flusso del mondo ed entrare in armonia con esso. È faticoso unire i frammenti in un mosaico completo, perché un velo di nebbia sporca sembra offuscare continuamente i nostri occhi. Un insistente ronzio di fondo disturba la concentrazione, ci impedisce di respirare all’unisono con ciò che ci circonda.
O forse è solo una scusa per non guardare in faccia la verità.
“Il mondo non si rivelerà mai a tuoi occhi se prima tu stesso non guarderai nella tua anima come in uno specchio d’acqua cristallina” amavano ripetere i maestri. Sembra passata una vita da quel tempo innocente, protetto dalle mura accoglienti del monastero. Una vita, o forse due. Quella di Gamaz, spezzata in mattino di gelo, di sangue e di neve. E la sua.
Adesso però deve scacciare questi pensieri. Il cavaliere si muove rapido nonostante il peso dell’armatura, e Rasaad non può permettersi di perdere le sue tracce. Ha promesso al Figlio di Bhaal di tenerlo d’occhio.
A dire il vero Anomen non si impegna molto a celare la propria avanzata. Le insegne del Cuore Radioso sulla sua armatura, splendenti alla luce delle torce, bastano a far scappare a gambe levate ladruncoli e tagliagole e a spianargli la strada.
E perché procedere con furtività, poi? Solo i vili e i codardi nascondono la loro vergogna allo sguardo di Selûne. Anomen non ha dubbi: la sua impresa è nobile, la sua ira giusta, la sua vendetta inevitabile. Può permettersi di procedere a testa alta.
Al contrario di me, che striscio tra le ombre come un Ladro Tenebroso qualsiasi.
Lo scroscio quieto della risacca annuncia l’ingresso nel Quartiere del Ponte. A questo punto non ci sono più dubbi sulla destinazione di Anomen. Ancora prima che emerga dall’oscurità, Rasaad intuisce la sagoma imponente della residenza di Saerk Farrahd dritta davanti a loro. Un paio di guardie, probabilmente mercenari, presidiano l’ingresso anche a quell’ora della notte, ma per il momento non sembrano fare caso ad Anomen. L’aspirante cavaliere del Cuore Radioso si ferma a qualche metro di distanza dalla porta principale, la mano destra stretta attorno all’elsa della spada. È troppo buio per scorgere il suo viso, e Rasaad è troppo lontano, ma è come se lo avesse davanti agli occhi, nitido e chiaro nella luce di Selûne.
Che farei io, se lì dentro ci fosse Alorgoth?
Vorrebbe entrare, senza dubbio. Aprirsi la strada a suon di calci tra i suoi viscidi scagnozzi e metterlo con le spalle al muro, spaccare con un pugno le labbra che hanno sussurrato parole oscure nell’orecchio di Gamaz e riso mentre suo fratello sprofondava tra le spire di Shar.
Lo ha cercato senza sosta solo per quel momento. Ha percorso in lungo e in largo la Costa della Spada e l’Amn, fiutato tracce come un segugio, colto i sussurri della notte con la bravura di una spia. E i suoi fratelli in Selûne, i monaci dell’Anima Solare, non l’hanno mai perdonato per questo.
Non sono più miei fratelli. Non sono più degno di innalzare lodi a Selûne al loro fianco.
Anomen esita, immobile di fronte alle mura che proteggono gli assassini di sua sorella.
Le urla hanno risvegliato persino gli ubriachi, quella mattina al Diadema di Rame. La voce tonante di Anomen, accesa di ira e di sdegno, e quella più pacata del Figlio di Bhaal che lo pregava di non commettere pazzie. Di non caricare a testa bassa, di sottoporre il caso alle autorità piuttosto che gettarsi in una vendetta selvaggia e indegna di un aspirante paladino del Cuore Radioso. Tutto il gruppo si è schierato dalla sua parte. Solo Rasaad non ha proferito parola.
Perché Anomen sta commettendo il suo stesso errore.
E anche adesso Rasaad non abbandona il suo riparo tra le pieghe della notte. Avrebbe potuto fermare Anomen in un qualsiasi momento lungo il percorso. Ma non lo ha fatto.
È una notte di luna nuova. Selûne volge il suo sguardo lontano dalla terra, oltre la distesa di stelle e la barriera gelida del cielo che la vista dell’uomo non riesce a penetrare. La notte ideale per versare sangue senza causare il pianto della dea.
Dopo un tempo che pare infinito Anomen muove il primo passo verso l’edificio silenzioso. Ha preso la decisione che lo porterà a diventare un esule, un reietto del suo ordine. Ma l’esilio non è qualcosa che ci viene imposto dall’esterno; c’è chi nasce portandolo dentro di sé, in ogni momento.
Rasaad ha visto combattere Anomen tante volte. Conosce il suo valore e la potenza della sua spada. Spalla contro spalla hanno affrontato centinaia di nemici insieme, si sono salvati la vita più volte di quante possa ricordare. Hanno condiviso racconti attorno al fuoco, lunghe veglie scrutando le tenebre con il cuore in gola, accerchiati da briganti, orchi, maghi rossi. Sono compagni. Fratelli.
Non si lascia un fratello solo in preda alla notte e al buio, questo persino un reietto di Selûne può capirlo. Non può continuare a nascondersi tra le ombre mentre Anomen corre incontro all’esilio e alla dannazione.
Rasaad abbandona il rifugio e avanza verso la residenza di Farrahd, mostrandosi alla luce delle torce.
“Anomen.”
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Note: Rasaad decide di fermare Anomen per impedirgli di cedere alla vendetta come ha fatto lui, oppure vuole aiutarlo, scendendo con lui nell'abisso della dannazione? Ai lettori l'ardua sentenza.
Evoco @Davide affinché non gli sfugga questo racconto.
Quasi dimenticavo però di postare il gran finale! Anche io concludo con una storia dedicata al mio personaggio!
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Personaggio: Il Figlio di Bhaal
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic
Rating: giallo
Avvertimenti: dopo la fine di tutto, sulle note di The Bard's Song dei Blind Guardian.
The bard’s song
Now you all know
The bards and their songs
When hours have gone by
I'll close my eyes
In a world far away
We may meet again
But now hear my song
About the dawn of the night
Let's sing the bard's song…
Il bardo accarezza le corde del liuto con la delicatezza di un amante. Assapora tra le labbra note appena sussurrate, cariche di mistero; di certo la sua canzone non è per le orecchie dello scarso e decisamente ubriaco pubblico rimasto nella locanda fino a quest’ora della notte. Ha già raccolto un discreto gruzzolo di monete di rame e d’argento nel cappello piumato, e ora può permettersi di cantare per piacere, di celebrare il suo amore per l’arte, o forse per una bella dama lontana.
Io preferisco pensare che stia cantando per me.
Resa ardita dalla melodia, la mia penna d’oca scivola leggera sulla pergamena, fende la pagina bianca lasciandosi indietro la sua sinuosa scia d’inchiostro.
È ironico, a pensarci bene. Sono cresciuto con il profumo di carta antica e rilegature di cuoio nelle narici, ho trascorso l’infanzia in saloni tappezzati di libri fin dove lo sguardo si perdeva nell’oscurità del soffitto; eppure il povero Gorion doveva patire i Nove Inferni per tenermi fermo alla scrivania per più di cinque minuti di seguito. La giovinezza mi chiamava all’aperto, sui prati con Imoen, a nuotare negli stagni o a fare a gara a chi si arrampicava più veloce sugli alberi.
La mia sorellina riderebbe di gusto a vedermi in questo momento. Un elfo ingrigito, chino sulle sue pergamene come uno qualsiasi di quei vecchi sapientoni che erano le vittime preferite dei nostri scherzi.
Riesco a sentirla, la risata cristallina di Imoen. Eccola, gioca a nascondersi tra gli arpeggi leggeri del bardo. La rincorro, cerco di catturarla dietro le palpebre chiuse e lascio volare la penna, seguendo la musica. Non ho bisogno di guardare il foglio. Imoen, la mia sorellina, prende vita dall’inchiostro, il suo sorriso fresco sulla pergamena, incancellabile dagli anni, dalle intemperie e dalle preoccupazioni.
Stasera è anche per lei che scrivo.
Tomorrow will take us away
Far from home
No one will ever know our names
But the bards' songs will remain
Tomorrow will take it away
The fear of today
It will be gone
Due to our magic songs…
La penna corre, e la voce del bardo si mischia ai pensieri e ai ricordi. Garrick cantava così, con quella voce impostata sui toni acuti, vagamente femminile. Xan correva a rinchiudersi in camera dopo le prime tre note, terrorizzato che qualcuno gli chiedesse di cantare. O peggio, di ballare. Branwen – inflessibile, feroce in battaglia, integra e pura come una roccia millenaria – lei invece sì che ballava, e nessuno lo avrebbe mai detto prima di vederla volteggiare sul pavimento di legno sconnesso come fosse un salone di marmo lucidissimo. Innumerevoli i tentativi di farla scontrare “per caso” con Rasaad; Neera, lei ci ha sempre visto lungo, era convintissima che con il giusto incoraggiamento tra i due potesse nascere qualcosa.
E Anomen? Anomen faceva mangiare la polvere a qualsiasi bardo in quanto a intrattenimento, con i suoi racconti di imprese eroiche ai limiti dell’immaginazione. Resi ancora più epici, non c’è dubbio, dai mimi di Jan dietro le sue spalle. Valygar scuoteva la testa con disapprovazione dal suo tavolo nell’angolo. “L’angolo buio del ramingo”, lo chiamava Jan, anche se nessuno ha mai capito bene cosa intendesse. Ma esisteva qualcuno che stesse ad ascoltare un racconto di Jan dall’inizio alla fine?
Il ranger burbero si lasciava andare solo quando la sala comune si svuotava e io accostavo una sedia al suo tavolo, versando l’ennesima, generosa pinta di birra. Allora persino la sua lingua silenziosa si scioglieva e passavamo ore a discutere di avventure, di archi e frecce, di boschi, dei mali del mondo e dei pericoli della magia. Ricordo ancora la nostra più lunga e articolata conversazione filosofica, un dibattito sostenuto con fervore e solide argomentazioni da entrambe le parti: è più affascinante Hexxat o Viconia?
A certe domande semplicemente non c’è risposta.
There's only one song
Left in my mind
Tales of a brave man
Who lived far from here
Now the bards' songs are over
And it's time to leave
No one should ask you for the name
Of the one
Who tells the story…
“Loro vivono dentro di te. Nel tuo cuore.”
Aerie me lo ripete in continuazione. Vado a trovarla sempre più spesso, due elfi ingrigiti che rievocano i vecchi tempi davanti a un boccale di birra ormai impossibile da reggere. Lei è serena – ha i suoi dèi elfici e gnomici, una comunità da mandare avanti, o forse ha semplicemente trovato la giusta filosofia di vita – e non riesce a capire perché io non posso accontentarmi.
“Sta diventando la tua ossessione. Finirai per logorarti. E poi, quanti bardi hanno già cantato le tue… le nostre avventure? Credi davvero che esista un angolo di mondo che non le ha mai sentite?”
Non è questo il punto, vorrei spiegarle. Nessun bardo conosce il suono della risata di Imoen, o il suo modo di inarcare il sopracciglio quando pensava che la stessi prendendo in giro. E quanti di loro sanno che Keldorn, l’eroe che ha salvato l’Amn dai giganti, amava la cucina di Calimshan e il vino di Waterdeep?
“Non hai bisogno di fiumi d’inchiostro per ricordarli” riprende lei prima che io possa anche solo provare a spiegare. “Loro saranno sempre accanto a te.” Mi stringe la mano con affetto, e mi sembra quasi di sentire le vene pulsare sotto la sua pelle sottile come i fogli su cui scrivo. “Anche lei.”
“No.” sussurro io, e Aerie si ritrae con un sussulto. Mi sento in colpa per averla spaventata. “Neera non può cavarsela così a buon mercato” continuo, in tono più dolce questa volta. Sorrido. “Stavolta non le permetterò di scappare.”
Neera è sempre stata una specialista dell’arte della fuga. L’ho inseguita per una vita senza mai riuscire a raggiungerla. Era come cercare di afferrare l’acqua con le mani, o tagliare un raggio di luce con una spada.
Alla fine, è stata lei a decidere di fermarsi.
“Non ti invidio neanche un po’” sono state le ultime parole che mi ha rivolto. Le tenevo stretta la mano, perché sapevo che il suo sorriso cocciuto di sempre nascondeva una paura sconfinata. La stessa che attanagliava la gola anche a me, che mi annodava la lingua impedendomi di parlare e trasformava il mio campo visivo in un orizzonte umido e offuscato. “Ti pianto in asso per l’ennesima volta. E non mi è mai dispiaciuto così tanto.”
E quando anche io sarò solo un ricordo, una statua annerita dal tempo nella piazza di Trademeet o un verso nelle ballate dei menestrelli, chi racconterà di Neera? Delle sue battute nei momenti più sbagliati, di come saltellava e rideva a squarciagola quando qualcosa la emozionava, di come persino il cinico Dorn piegava le labbra in un sorriso quando lei si esibiva nella sua celebre imitazione di Xan?
Loro vivono in me, e moriranno con me. Ma in queste pagine, protette dalla cura maniacale dei bibliotecari di Candlekeep, vivranno per sempre.
And you're not alone
So don't be afraid
In the dark and cold
'Cause the bards' songs will remain
They all will remain…
L’eco della canzone pian piano si spegne. L’oste sta sistemando le sedie sopra i tavoli, e un suo sguardo infastidito mi fa capire che vorrebbe chiudere la sala comune. Per stasera è tempo di andare.
Richiudo le pagine del libro con appena un velo di nostalgia.
A domani, amici.
In my thoughts and in my dreams
They're always in my mind
These songs of hobbits, dwarves and men
And elves come close your eyes
You can see them too.
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Mie amate scrittrici, posso avanzare una richiesta?
Se avete giocato a SOD con i nuovi membri del gruppo, potreste considerare la possibilità di omaggiarci con un racconto su di loro?
Se non vi è possibile nell'immediato, spero che almeno in un futuro prossimo possiate considerare questa richiesta
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Personaggio: Wilson
Genere: Introspettivo, Missing Moments.
Rating: giallo
Avvertenze: Il Barristan che viene citato nella storia è il mio Bhaalspawn.
Il richiamo della città
L’altro è forte.
Wilson gli si pianta davanti nel bel mezzo del sentiero; l’altro orso lo fissa, poi si guarda intorno e lo fissa di nuovo quando capisce che non vi sono altre vie di fuga e lui non lo lascerà passare oltre. È scontro.
L’avversario si alza su due zampe e ruggisce per spaventarlo, ma su Wilson certe dimostrazioni di forza non funzionano ed è lui il primo a colpirlo con una zampata al ventre. Quello non perde l’equilibrio e con tutto il suo peso –il nemico è più anziano di lui, ma non gli manca la forza- gli viene incontro: affonda le zanne in avanti ma esse serrano solo l’aria quando Wilson si sposta e sfugge alla sua presa.
L’altro è forte, ma non ragiona più ed i suoi occhi sono rossi.
L’altro è forte, ma Wilson lo è di più.
Solleva le zampe e le punta sulle spalle del nemico; ruggisce per convincerlo a fermarsi e lo spinge contro una quercia portandosi via parte del lungo pelo grigio. La sua mole sembra cedere per un istante, poi quello risponde con gli artigli caricandolo a piena forza, una potenza guidata soltanto dall’istinto battagliero. Wilson ne può vedere lo sguardo perso, lo scarso controllo e per lui è facile liberarsi dalla sua presa ed atterrarlo spingendo il proprio peso contro il suo fianco. L’avversario cade nel sottobosco e lui vi si avvicina per immobilizzarlo e farlo ragionare, ma quello per tutta risposta scatta in avanti con la testa e lo morde al collo, serrandogli i denti nel pelo senza alcuna intenzione di lasciare la presa.
Il dolore lo attraversa, ma le fruste degli umani fanno molto più male. Wilson capisce che l’altro non si fermerà spontaneamente quindi stringe di nuovo gli artigli intorno alla testa dell’avversario ancora stretta alla sua. Le zanne nemiche provano ad affondare più in profondità ma falliscono e l’orso grigio cade a terra, ancora battagliero ma con le zanne ed il peso di Wilson ben piantati tra collo e spalle. Ringhia, si divincola con tutta la forza che possiede e continua finché la furia che gli iniettava gli occhi di rosso non lascia il posto ad un abbandono che non appartiene alla famiglia degli orsi.
La pelliccia grigia striata di bianco si ritira e si fa sempre più corta mentre nei punti dove i suoi artigli ne hanno lacerato la pelle il sangue smette di correre e si fa pesto, l’odore pesante svanisce dalle narici di Wilson; lentamente rilascia la presa tenendo solo poco premute le zampe sulla creatura che sta mutando per evitare che possa attaccarlo di nuovo. Ma ciò non avviene e le iridi intrise di sangue riprendono il solito colore chiaro e le zampe si allungano, si distendono, si muovono fino a trasformare i pericolosi artigli in dita sottili e nodose, inoffensive finché non deciderà di abbandonare del tutto la presa su di lui.
A Wilson piace l’uomo dei boschi. Non lo ignora come fa il giovane cavaliere della città, né lo apostrofa con strane parole come fa l’elfa tutta nera. Il vecchio umano parla alla foresta ed agli animali con grande rispetto e Wilson lo ha ascoltato in silenzio quando l’altro gli ha narrato del suo dolore sopito le notti in cui cambiava pelle e correva sotto la luna.
“Hai ragione, amico mio” mormora l’uomo dei boschi. Osserva in modo mesto le proprie gambe senza peli e le proprie braccia, poi si passa un palmo contro la guancia quasi incredulo per ciò che è accaduto. “Mi dispiace non aver ascoltato i tuoi consigli. Ashdale è tutto per me”.
Molti umani pensano che lui sia solo un orso e dunque certe cose non le possa capire: ma la verità è che lui è un orso e dunque certe cose le sa fin troppo bene. Conosce le gabbie e l’odore dei propri bisogni incrostato al pelo, i carri tutti rotti che saltano sulle strade abbandonate, le pantere che si distruggono le zanne per aprire le sbarre e riprendersi i cuccioli che sono stati sottratti loro con la forza. Ricorda la carne verde e piena di vermi e sa che tutti quelli con due zampe chiudono a chiave quelli con quattro perché li divertono, li incuriosiscono o semplicemente li conoscono troppo bene e se ne credono padroni.
L’uomo che cambia il pelo pensa al suo cucciolo tutti i giorni ma parla troppo poco con gli altri uomini. Lui può diventare un lupo feroce ed uccidere in una notte decine di orchi, ma non ha la forza di convincere il resto del gruppo a distogliere la mente dai tesori nascosti sotto le colline di Windspear e tornare nella grande città per rivedere il suo piccolo. L’uomo dei boschi parla solo con Wilson, e questo non va bene.
“Io … devo tornare da lui. Non posso più ignorarlo”.
Per tutta risposta Wilson si pianta di nuovo al centro del sentiero, quel piccolo sottobosco di sassi e spinte che condurrà il vecchio umano, là dove la grande città di Athkatla cattura i maghi selvaggi, taglia le ali agli elfi e tiene il cucciolo chiamato Ashdale lontano da suo padre. E Wilson sa che l’altro non deve andarvi da solo, perché in quei posti la gente mette gli orsi nelle gabbie, li fanno ballare con la frusta e faranno tante cose brutte ad un uomo che può trasformarsi in un orso o in un lupo quando diventa davvero furioso. Wilson conosce pochi umani come quello che gli sta davanti, ma sa che quando i loro cuccioli sono in pericolo smettono di essere calmi e cadono nelle trappole della gente malvagia.
E questo l’uomo che cambia il pelo lo sa. Si guarda i piedi per cercare delle parole con cui scusarsi, ma a Wilson non occorrono parole. Le può lasciare a quelli con due gambe, quelli che le usano anche per fare tanto male, più che con i bastoni: lui preferisce un paio di mani che lo grattano dietro le orecchie o che fanno sparire il dolore delle ferite con la loro strana magia. “Seguirò il tuo consiglio. Parlerò con Barristan e gli chiederò di tornare ad Athkatla, ma se non dovesse accettare …”
Wilson gli viene accanto, scendendo per la via del ritorno. Il suo muso non è come quello degli uomini e quindi non sa ridere, ma serra i denti come fanno loro e lo sospinge verso il loro accampamento improvvisato dove senza dubbio qualcuno si sarà già accorso della loro scomparsa. Sa pochissimo di gente speciale come Barristan, ma non lascerebbe mai da solo un amico nel momento del bisogno.
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Magnifico! Bravissima... Sono contento di leggere nuovi racconti dalle vostre penne
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Personaggio: M'Khiin
Genere: Introspettivo, Malinconico, Missing Moments.
Rating: giallo
Avvertenze: goblin non bravi a scrivere. Loro non fatti per raccontare, loro combattere..
La natura delle cose
Spiriti non parlano più a Ca’uxi. Lui punta il bastone e picchia forte la terra, ma la terra non si deve picchiare mai perché è molto più grande e più forte di goblin: Ca’uxi è stato malvagio ed ha fatto brutte cose, quindi la terra è furiosa e spiriti vanno via da lui.
Spiriti parlano con M’Khiin perché M’Khiin è brava goblin. Lei non colpisce i suoi compagni col bastone solo perché lei è sciamana e può picchiare altri goblin.
Tutto il clan Grubdoubler ride di Ca’uxi e gli tira le pietre perché lui credersi sciamano più grande di M’Khiin e lui invece solo grande perché è maschio e grida, ma spiriti sanno che vero grande non grida mai. Lei dice al clan di smetterla perché Ca’uxi ha perso, ma i guerrieri ridono di nuovo e prendono braccia di Ca’uxi così lui non può scappare . M’Khiin manda lupo nero ad allontanarli perché loro hanno molta paura di spiriti anche se guerrieri, però quando lupo appare la testa di Ca’uxi è già tutta rotta ed il cervello è per terra.
Questo a M’Khiin non piace.
Questo a M’Khiin non piace perché goblin, se vogliono, sono meglio di così. Ma non vogliono mai perché questa è la loro natura, e ciò la fa infuriare.
“Brava M’Khiin. Grande M’Khiin”. Hobgoblin Bhurgm si alza in piedi e tutti adesso stanno zitti, perché Bhurgm è il capo di clan Grubdoubler e la sua mazza nera manda fulmini come quelle dei famosi maghi delle città – M’Khiin sa che capo l’ha rubata a giovane cavaliere del nord: hobgoblin non ottiene nulla senza uccidere, rubare o entrambe le cose insieme, ma Bhurgm è troppo stupido per uccidere. Lui schiaccia solo teste di goblin e la sua faccia è felice quando guarda corpo di Ca’uxi. “M’Khiin è forte. Ma M’Khiin può essere ancora più forte. M’Khiin può diventare grande sciamana che renderà indistruttibile clan Grubdoubler”.
Lei non ha bisogno che Bhurgm le dica cosa può essere perché si sa che hobgoblin sanno poco delle cose, ma degli spiriti non sanno assolutamente nulla.
“Io trovato modo per renderti grande grande, così grande da far scappare anche giganti con due teste, sì. Io scoperto come dare a M’Khiin forza di potente spirito di drago”.
“Ne dubito” risponde lei, ma non molto ad alta voce. Lei è sciamana e può comandare ad altri goblin, ma quando il capo clan parla deve stare in silenzio anche se è uno stupido hobgoblin come Bhurgm. Perché questa è la natura delle cose.
“Terra dà spiriti a M’Khiin. Terra dà magia a M’Khiin. Quindi se M’Khiin dà qualcosa a terra, terra darà a lei spirito più forte che possiede”.
Vorrebbe rispondergli che spiriti non funzionano come lui dice e che hobgoblin non sanno nulla, ma adesso tutti guardano capo clan e credono che la sua grandiosa idea li renderà invincibili. Lui parla adesso a tutti altri goblin con mazza magica in mano e piccoli fulmini escono dal manico come se lui fosse un vero guerriero. “Io catturato elfo. Elfi hanno sempre tanta magia. M’Khiin adesso prende cuore di elfo e lo offre alla terra, così potrà avere grande spirito di drago e dare fuoco a tutti i nemici di clan Grubdoubler”.
Altri goblin portano elfo dai capelli chiari legato a worg. Lui dice di liberarlo ed ha paura, ma tutti altri ridono e gli danno colpi. Solo perché elfo è legato, però. Loro mai colpire elfo libero per paura della sua magia, e questo a M’Khiin non piace: lei ha imparato a parlare agli spiriti con uomini della foresta che si trasformano in orsi, e sa che ci sono cose che si fanno e cose che non si fanno. Goblin tante volte fanno cose che non si fanno, ma non la ascoltano mai anche se lei è sciamana, e questo le fa molto male. Vecchi uomini dei boschi dicono che questa è la natura delle cose, ma goblin non sono cose e lei vorrebbe cambiare tutti quelli come lei. “Uccidere questo elfo è sbagliato, Bhurgm. Suo cuore non sveglierà nessun drago. Lascialo andare”.
“Io dico di sì. Io sentito di grandi maghi uccidere nemici per avere potere e chiamare grandi demoni”.
“Maghi non sono sciamani. Demoni non sono spiriti”.
L’elfo annuisce ed è d’accordo con lei, ma Bhurgm gli dà calcio e guarda M’Khiin con tanta rabbia. Lui è hobgoblin più grande e più forte con mazza che libera fulmini, ma lei non ha paura di un capo che non è davvero un capo. Lei è sciamana. “M’Khiin fa ciò che io dico. Io capo Grubdoubler, M’Khiin goblin. E goblin fa quello che dico io o sua testa esplodere come quella di Ca’uxi”.
“Natura di goblin è quella di obbedire a capo …”
Adesso M’Khiin è stanca di tante sciocchezze. Spirito di lupo bianco arriva sempre per primo quando lei è furiosa, e quando fa vedere le zanne tutti sono spaventati. Il grande serpente appare sotto gli stivali di hobgoblin e gli si avvolge intorno alle gambe: sibila e fa vedere i denti, e quando Bhurgm alza la mazza colpisce solo l’aria perché spiriti non hanno ossa da rompere o cervelli da scappare e quando loro sono offesi nessuno può scappare. Anche vecchio orso grigio risponde alla sua chiamata, si alza su due zampe e prende arma che spara fulmini nella sua bocca. Tira e hobgoblin urla come cucciolo di goblin pauroso, dà un calcio all’orso ma il grande serpente gli stringe la gamba e lui inciampa. Altri goblin vorrebbero ridere, però tutti scappano perché lupo li fissa con occhi rossi. Loro vanno via perché loro forti solo a catturare povero elfo che dorme, non a combattere i veri spiriti della foresta. M’Khiin è stanca di loro.
Lei va da hobgoblin che piange e gli fa vedere il suo bastone da sciamana. “Natura di goblin è quella di obbedire a capo. Allora io non più goblin. Io non voglio ordini da te” dice. Altri fanno voce grossa, ma non M’Khiin. “Tu ora va via”.
Bhurgm ancora spaventato. Prova a risponderle che lui è ancora capo, ma grande e vecchio orso grigio rompe la sua mazza e hobgoblin scappa via come se avesse davvero visto un drago rosso che sputa fuoco.
Altro goblin adesso sarebbe felice perché mostrato più forte di capo Grubdoubler, ma M’Khiin non è altro goblin. M’Khiin è M’Khiin, e adesso M’Khiin è sciamana senza clan. Forse meglio, forse peggio. Lei è solo una goblin e certe cose la piccola gente non le sa. Lei va dall’elfo e gli libera i polsi. “Meglio che tu scappa. Prossima volta non farti catturare, capelli d’argento”.
“Un saggio suggerimento che seguirò senza dubbio, mia sublimemente sciocca e silenziosa sciamana” risponde lui mentre si sistema i vestiti scuri. È un mago, questo M’Khiin lo vede subito, ma M’Khiin non capisce perché mago elfo sia stato catturato da uno stupido come Bhurgm. Forse elfo un po’ ingenuo, qualche volta la gente alta lo è perché ha gli occhi troppo in su e non vede la terra su cui cammina. “Ma cosa osservano i miei occhi operosi? Una goffa quanto gentile goblin che rinnega la sua negletta natura per salvare nientemeno che un nobile elfo della notte? Un simile salvataggio significa che il sottoscritto debba sdebitarsi”.
M’Khiin dimentica che gente alta parla troppo per lingua goblin.
“Ascolta, piccolo porcospino, il sottoscritto ha un’incredibile, ingegnosa, inimmaginabile, inaudita, imbattibile, insuperabile idea! Cosa ne pensi di una conveniente (per me) collaborazione?”
Lei ormai è tranquilla. Spiriti sempre irrequieti quando ci sono dei maghi, ma lei li chiama indietro. Non ha motivo di attaccare l’elfo rumoroso. “Con i tuoi particolari poteri potremmo performare qualcosa di puramente portentoso!”
Non è che M’Khiin abbia molte scelte. Adesso lei non ha più clan, e forse l’elfo tutto nero può fare qualcosa per lei: non sembra molto intelligente, ma gli elfi scuri sono grandi maghi e forse non è cattiva idea rimanere con lui per un po’. In due è più facile trovare cibo caldo e un fuoco, e questo tutti i goblin lo sanno molto bene. È la loro natura.
“E va bene, capelli d’argento. Ma solo per un poco”.
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Personaggio: Corwin Schael
Genere: Introspettivo, Malinconico, Missing Moments.
Rating: verde
Avvertenze: questa storia si ambienta in un ipotetico futuro successivo a Siege of Dragonspear. Sono convinta che nel prossimo gioco la Beamdog deciderà di mandare la mia fanfic a monte, ma fino a quel momento ... enjoy!
Qualunque cosa accada
Corwin respira a fondo. Non si tratta di nervosismo, bensì di una qualche forma di emozione.
I suoi occhi si posano su ogni dettaglio della stanza ben ammobiliata: sulla scrivania nessun foglio è fuori posto, nessun angolo arricciato, le pergamene sono arrotolate ed impilate senza che una sopravanzi l’altra o che i sigilli in ceralacca si incollino tra loro per il lieve calore emanato dalle ultime braci del camino. Si controlla i piedi una seconda volta, assicurandosi che siano perfettamente allineati.
L’uomo davanti a lei sembra l’incarnazione dei rigore. I suoi movimenti sono lenti e regolari anche quando soppesa che lei gli ha appena consegnato, una figura ben lontana dai luogotenenti del Pugno Fiammante e dal puzzo di birra e urina che risale dalle prigioni della fortezza fino alle stanze dei principali ufficiali. La cotta del comandante dai capelli bianchi è cosparsa di segni ed ammaccature, ma narra di gloria ed avventure passate molto più delle lucenti armature che i capitani di Baldur’s Gate indossano durante le parate. “Il suo stato di servizio è a dir poco ineccepibile, capitano Corwin Schael”.
La figura anziana solleva lo sguardo dai fogli; la sua voce è dura, ma giusta. Corwin si accorge di avere la bocca secca. “Gli encomi che ha ricevuto per la questione di Dragonspear basterebbero a far impallidire la metà dei miei uomini, capitano. Sono quantomeno meravigliato nel vedere i miei colleghi di Baldur’s Gate inviare una donna come voi qui nel sud, specie considerando le tensioni tra i Granduchi e il Consiglio dei Cinque”.
“Non sono stati i miei superiori a mandarmi qui, signore”.
Corwin risponde piano, scandendo ogni singola parola. Non è certo una bambina intimorita, ma l’uomo anziano che la fissa dal suo scranno è una leggenda vivente e adesso esige una risposta da lei e soltanto da lei. “Sono stata io a chiedere il trasferimento”.
Non era stato nemmeno troppo complesso: gli alti ufficiali del Pugno Fiammante non erano stati poi così addolorati nel consentire all’inflessibile, intransigente e ficcanaso capitano Schael di levarsi dai piedi. Specie il luogotenente Grovel, il cui ufficio contava senza dubbio più prostitute che incartamenti. O l’ufficiale Minerock, più che sollevato all’idea di firmare il visto di partenza per il Sacro Ordine del Cuore Radioso alla donna che lo aveva citato nei propri rapporti per connivenza con le operazioni illecite del Trono di Ferro. I paladini servono tutti una causa comune, dunque nessuno ha avuto realmente da ridire quando si è lasciata alle spalle il puzzo di Baldur’s Gate. E tutti i ricordi collegati a quella città.
“Sarei invero curioso di conoscerne le motivazioni”.
“Le motivazioni sono innumerevoli, comandante Firecam …”
Rohma è stata la prima, ovviamente. Vederla giocare serena tra i sicuri giardini del quartiere governativo di Athkatla le ha rasserenato il cuore sin dal primo giorno, quando un giovane e distinto cavaliere nella villa adiacente alla loro ha regalato alla bambina tutte le bambole appartenute a sua sorella, una giovane donna venuta a mancare da poco. Le strade della Città della Moneta la aiutano a dimenticare la polvere, i ratti, gli uomini e le donne sfollati nei vicoli di Baldur’s Gate che nemmeno la sconfitta di Caelar Argent è riuscita a risolvere; l’odore delle latrine a cielo aperto non la investe più quando cammina. Non è così ingenua da credere che Athkatla sia una città perfetta –una rapida sosta al Diadema di Rame glielo ha confermato- ma senza dubbio è un luogo più che accettabile per far crescere Rohma.
E poi la questione di Barristan.
Corwin scuote la testa al ricordo del gentile Figlio di Bhaal, e solo dopo si accorge che le iridi severe del nobile Keldorn Firecam stanno aspettando la fine della sua risposta “…ad essere sincera non saprei nemmeno da quale iniziare”.
“Eccellente. Mi risparmierà di ascoltarla”.
C’è una lama dietro quelle parole. Corwin sobbalza quando la mano solcata da cicatrici le restituisce la lettera di presentazione insieme alle pergamene nemmeno aperte; cerca una spiegazione, ma le sopracciglia grigie screziate di bianco non danno alcun cenno di distendersi. “Non ho bisogno di gente come lei”.
Prova a lanciare un’occhiata speranzosa ai documenti non ancora letti eppure, per tutta risposta, il vecchio paladino glieli stringe nella mano con maggior veemenza. “Se pensa che una manciata di encomi possa farmi cambiare idea si sbaglia di grosso, capitano” risponde. “La sua fama precede e, mi creda, non solo per la sua abilità con l’arco. Una persona che dubita della parola dei suoi compagni non possiede i requisiti adatti a servire l’Ordine. Come potrei affidarle la vita dei miei uomini sapendo che potrebbe negare loro il suo appoggio?”
“Non farei mai una cosa simile. Chiunque le abbia raccontato una cosa simile si stava sicuramente divertendo ad infangare il mio onore con simili calunnie!”
“Strano. Io credo invece che sia una persona che sicuramente lei ha abbandonato nel momento del bisogno. Più precisamente nelle celle del Pugno Fiammante. Ultima cella a destra, ala nord, se non vada errato. Credo ci sia ancora un cuore in frantumi in mezzo a tutto quel letame”.
Gli occhi chiari di Barristan le si piantano innanzi, carichi di delusione come nello stesso istante in cui si era imposta di dimenticarli; non come gli occhi di Sarevok, l’altro Figlio di Bhaal che si diceva fosse in grado di fissarti con iridi ardenti come braci venate di luce scarlatta. No, gli occhi di quell’uomo sono grigi nel suo ultimo ricordo, quasi spenti nella penombra delle sbarre, così lontani dall’azzurro cavalleresco che li tingeva quando le chiedeva di parlargli di Rohma o di come si fosse procurata la cicatrice al volto. Ha votato gli ultimi mesi a soffocare quello sguardo con tutti gli impegni che fosse stata in grado di caricare sulle proprie spalle, eppure basta solo il pensiero di quell’uomo, del suo dolore, per soffiare via l’intricato castello di carte che ha eretto per impedire ai propri sentimenti di superare gli argini, il fossato che ormai credeva invalicabile finché le parole del vecchio paladino non lo hanno oltrepassato. Perché non c’è nulla di più doloroso della verità che emerge dopo tanto tempo di prigione tra le bugie.
La verità è che ha avuto paura di credere in lui.
Dargli le spalle allora le è sembrato più semplice, senza dubbio meno doloroso dell’issarsi tra lui e le menzogne e fargli da scudo. Era stato più facile ascoltare mille voci che non una, una voce resa ancora più flebile dalle prove dell’omicidio della giovane Silvershield costruite intorno a lui. Ed in quel momento tutte le accuse sembrano prendere vita negli occhi dell’anziano comandante. “Comprendo”.
“No, ragazza, tu non comprendi affatto. È questo il tuo problema” dice. Molte storie di suo padre Corwin aveva sentito sull’inflessibilità ed il rigore del nobile Keldorn Firecam, ma in nessuna di quelle si narrava di come il veterano della guerra contro i giganti fosse in grado di trasformare un decorato ufficiale della milizia in un lombrico. “Se vuole dimostrarsi degna del Cuore Radioso prenda quelle lettere di presentazione, le lanci nel camino e faccia qualcosa di più utile che starsene nel mio ufficio a rubarmi tempo. L’Ordine ha mandato uno dei suoi migliori membri nelle rovine di Windspear a recuperare la più grande reliquia mai appartenuta ad un servitore della Legge … gelosamente custodita da un drago rosso, purtroppo”.
La sua espressione si fa pensosa. “Ammetto che le sue possibilità di successo sono scarse. Solo un folle si spingerebbe nella tana di una bestia sputafuoco con … vediamo … una ladruncola evasa da Spellhold, un ranger per cui gli Stregoni Incappucciati offrono una taglia in grado di acquistare mezza Waterdeep, una druida ancora più inflessibile del sottoscritto, una maghetta selvaggia dai capelli indescrivibili e … persino della disgustosa feccia nera del Sottosuolo”.
Certo, solo un folle lo farebbe, ma Corwin ne ha in mente solo uno. Perché conosce solo una persona in grado di rischiare la vita insieme a gente simile. E la parte della maghetta selvaggia dai capelli indescrivibili le leva di colpo qualsiasi dubbio. Prova a chiedere spiegazioni al nobile in armatura, ma quello le ha stretto di nuovo le lettere nel palmo e adesso le dà le spalle, segno che la loro conversazione è terminata. “Windspear è a soli tre giorni da cavallo da qui. Non crede anche lei che contro un drago molto spesso una freccia ben incoccata possa fare la differenza, capitano?”
Ma Corwin ormai non lo ascolta più. È già alla rampa delle scale, il cuore in gola.
Qualunque cosa accada lei sa che i prossimi tre giorni saranno i più lunghi della sua vita.
Qualunque cosa accada ha troppo poco tempo per pensare a cosa dirgli, quando parlargli, dove trovare il coraggio di guardarlo di nuovo negli occhi.
Qualunque cosa accada ha solo tre notti per ricordare come si pronuncia davvero quel “Ti amo” che allora non ha saputo dire.
E anche questa breve edizione dedicata a Siege of Dragonspear è terminata. Auguro a tutti un buon proseguimento e ringrazio tutti coloro che hanno letto queste vicende e mi hanno supportata nel lavoro! Grazie mille soprattutto a questo bellissimo e vivissimo forum con cui mi auguro di poter collaborare ancora!