Baldur's Gate: Battle and Peace - by whitemushroom & Lisaralin
whitemushroom
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Buonasera a tutti. Girovagando per il web italiano io e Lisaralin abbiamo notato che dal punto di vista delle fanfiction il compartimento Baldur's Gate è praticamente deserto; il fandom di questo meraviglioso videogioco non sembra molto propenso a scrivere, dunque abbiamo deciso di mettere mano a penna e calamaio (o forse a Microsoft Word) e dedicare una serie di flashfic ai principali personaggi della saga. Le flashfic sono piccole storie di circa 500-1000 parole: abbiamo inserito in un bussolotto i nomi dei personaggi giocabili di BG I, II, le varie EE e qualche png tra i più importanti, poi li abbiamo sorteggiati tra noi. Il risultato è che ciascuna di noi scriverà volta per volta una flashfic su un personaggio della sua lista; non promettiamo di aggiornare in maniera frequente, però ci sarebbe piaciuto farvi leggere le nostre storie e sapere cosa ne pensate. Chi lo sa, magari possono essere uno stimolo per scrivere e far conoscere al web quanto è stupendo questo videogioco!!!!!
Per stasera apro io le danze!
Personaggio: Kivan
Rating: Giallo tendente al verde
Avvertimenti: Melassa. Se siete diabetici girate a largo.
Pireflies
“Sai quante stelle ci sono in cielo?”
Deheriana mi guarda, sorpresa dalla mia domanda. “Non saprei … tu le hai mai contate?”
“Un paio di volte, sì. Ma dopo duecento inizio a perdere il conto”.
“Sei sempre il solito …”
Mi dà una spintarella, e io fingo di cadere a terra con un grido di dolore. Lei mi segue, e rotoliamo un po’ sull’erba finché non ci fermiamo a meno di un braccio dal fuoco; al riflesso della fiamma i suoi capelli chiari si tingono di un colore che nemmeno il più grande pittore di Suldanesselar saprebbe lontanamente imitare.
Ci sdraiamo uno accanto all’altra, la sua mano nella mia. “Facciamo una gara!” propone lei, avvicinandosi a me. “Chi conta più stelle ha vinto! E se vinco io mi devi promettere solennemente che questa primavera mi porterai a Baldur’s Gate!”
Ancora questa storia. Sa benissimo che non sopporto le grandi città.
“Non sono proprio riuscito a dissuaderti, eh? E va bene, ma se vinco io …” non riesco a terminare la frase. Le labbra di Deheriana sono sulle mie, delicate, piccole, fatte per baciare ed essere baciate. Mi riempie di sé e della sua fragranza simile al mirto, mi travolge con un’ondata rovente che non smette finché il mio cuore non si calma e batte all’unisono con il suo.
“Se vinci tu …” mormora lei, restituendomi il fiato “… quello consideralo un acconto. E adesso iniziamo, perché già mi sento in mano il biglietto della Casa delle Meraviglie! Una … due … tre …”
Mi perdo nel cielo stellato.
Il profumo del legno di pino che scoppietta nel fuoco mi riempie le narici. L’odore di Deheriana si mescola a quello dell’erba ancora bagnata per la pioggia di ieri, e poco lontano da noi i passi di una lepre si allontanano come per paura di disturbare la nostra gara. Il terreno mi porta un silenzio innaturale, come se tutti gli abitanti di questo bosco si fossero fermati per un solo istante; o forse sono soltanto io che non riesco a sentire altro che il mio cuore e la sua voce.
“Ottantasette … ottantotto …”
Resto immobile in questo istante, assaporando il lieve pizzicare della mia pelle nel vento fresco. Mi chiedo se anche lei stia sentendo la magia di questo posto. Non riesco proprio a capire come possa amare le grandi città degli uomini, cosa ci trovi di piacevole nel gettarsi in mezzo a quella massa di gente che urla, impreca tutto il santo giorno e odora di pesce e sudore.
Mi rendo conto di aver quasi chiuso gli occhi quando la sua voce mi richiama indietro “… e centodue! Avanti, ti sfido!”
“Temo che dovrai disfare i bagagli …” le sorrido, gustandomi la sua espressione inorridita. “Perché io ne ho contate centotre!
Lei aggrotta le sopracciglia e si siede di colpo. “Stai mentendo!”
“Assolutamente no” sussurro. “Evidentemente non ti sei accorta che ho preso una stella e me la sono messa in tasca!”
Mi guarda come se fossi impazzito, però mi limito a lanciarle un’occhiata di sfida. Corruga la fronte, poi inizia ad ispezionare il mio mantello. Le sue dita armeggiano con la stoffa lacera, e quando sentono qualcosa che non dovrebbe essere lì iniziano a danzare rapidamente sotto i miei occhi. Potrei vivere altri mille anni, ma il mio cuore non potrà mai battere come in questo momento.
“Kivan, tu …”
“Già, temo di aver perso la gara. Alla ventesima stella mi sono addormentato”.
Prendo l’anello e lo faccio lentamente scorrere lungo il suo anulare. La sottile fascia dorata si illumina per le fiamme e per il suo sorriso che fa di me l’elfo più felice del mondo. “Un mio amico, un chierico di Ilmater, mi ha promesso che riuscirà a liberare una sala solo per noi. Ci aspetta il giorno del solstizio d’estate al suo tempio …” mormoro, ma il tempo del mio cuore si è fermato “… a Baldur’s Gate”.
La sua risposta, il suo sorriso, la sua gioia si perdono nella luce.
Mi stringo nel mantello e trattengo il respiro. Rabbrividisco. Cerco di richiamare la figura di Deheriana, ma il fuoco del nostro accampamento improvvisato mi restituisce soltanto delle scintille e delle sottili strie luminose che giocano al ricordo dei suoi splendidi capelli. Accanto a me lo Zhentarim ed il suo amico halfling russano nella grossa, distruggendo la pace di questa notte.
Soltanto io non riesco a dormire.
Domani sarà il solstizio d’estate. Domani entrerò a Baldur’s Gate.
Senza di lei.
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Per stasera apro io le danze!
Personaggio: Kivan
Rating: Giallo tendente al verde
Avvertimenti: Melassa. Se siete diabetici girate a largo.
Pireflies
“Sai quante stelle ci sono in cielo?”
Deheriana mi guarda, sorpresa dalla mia domanda. “Non saprei … tu le hai mai contate?”
“Un paio di volte, sì. Ma dopo duecento inizio a perdere il conto”.
“Sei sempre il solito …”
Mi dà una spintarella, e io fingo di cadere a terra con un grido di dolore. Lei mi segue, e rotoliamo un po’ sull’erba finché non ci fermiamo a meno di un braccio dal fuoco; al riflesso della fiamma i suoi capelli chiari si tingono di un colore che nemmeno il più grande pittore di Suldanesselar saprebbe lontanamente imitare.
Ci sdraiamo uno accanto all’altra, la sua mano nella mia. “Facciamo una gara!” propone lei, avvicinandosi a me. “Chi conta più stelle ha vinto! E se vinco io mi devi promettere solennemente che questa primavera mi porterai a Baldur’s Gate!”
Ancora questa storia. Sa benissimo che non sopporto le grandi città.
“Non sono proprio riuscito a dissuaderti, eh? E va bene, ma se vinco io …” non riesco a terminare la frase. Le labbra di Deheriana sono sulle mie, delicate, piccole, fatte per baciare ed essere baciate. Mi riempie di sé e della sua fragranza simile al mirto, mi travolge con un’ondata rovente che non smette finché il mio cuore non si calma e batte all’unisono con il suo.
“Se vinci tu …” mormora lei, restituendomi il fiato “… quello consideralo un acconto. E adesso iniziamo, perché già mi sento in mano il biglietto della Casa delle Meraviglie! Una … due … tre …”
Mi perdo nel cielo stellato.
Il profumo del legno di pino che scoppietta nel fuoco mi riempie le narici. L’odore di Deheriana si mescola a quello dell’erba ancora bagnata per la pioggia di ieri, e poco lontano da noi i passi di una lepre si allontanano come per paura di disturbare la nostra gara. Il terreno mi porta un silenzio innaturale, come se tutti gli abitanti di questo bosco si fossero fermati per un solo istante; o forse sono soltanto io che non riesco a sentire altro che il mio cuore e la sua voce.
“Ottantasette … ottantotto …”
Resto immobile in questo istante, assaporando il lieve pizzicare della mia pelle nel vento fresco. Mi chiedo se anche lei stia sentendo la magia di questo posto. Non riesco proprio a capire come possa amare le grandi città degli uomini, cosa ci trovi di piacevole nel gettarsi in mezzo a quella massa di gente che urla, impreca tutto il santo giorno e odora di pesce e sudore.
Mi rendo conto di aver quasi chiuso gli occhi quando la sua voce mi richiama indietro “… e centodue! Avanti, ti sfido!”
“Temo che dovrai disfare i bagagli …” le sorrido, gustandomi la sua espressione inorridita. “Perché io ne ho contate centotre!
Lei aggrotta le sopracciglia e si siede di colpo. “Stai mentendo!”
“Assolutamente no” sussurro. “Evidentemente non ti sei accorta che ho preso una stella e me la sono messa in tasca!”
Mi guarda come se fossi impazzito, però mi limito a lanciarle un’occhiata di sfida. Corruga la fronte, poi inizia ad ispezionare il mio mantello. Le sue dita armeggiano con la stoffa lacera, e quando sentono qualcosa che non dovrebbe essere lì iniziano a danzare rapidamente sotto i miei occhi. Potrei vivere altri mille anni, ma il mio cuore non potrà mai battere come in questo momento.
“Kivan, tu …”
“Già, temo di aver perso la gara. Alla ventesima stella mi sono addormentato”.
Prendo l’anello e lo faccio lentamente scorrere lungo il suo anulare. La sottile fascia dorata si illumina per le fiamme e per il suo sorriso che fa di me l’elfo più felice del mondo. “Un mio amico, un chierico di Ilmater, mi ha promesso che riuscirà a liberare una sala solo per noi. Ci aspetta il giorno del solstizio d’estate al suo tempio …” mormoro, ma il tempo del mio cuore si è fermato “… a Baldur’s Gate”.
La sua risposta, il suo sorriso, la sua gioia si perdono nella luce.
Mi stringo nel mantello e trattengo il respiro. Rabbrividisco. Cerco di richiamare la figura di Deheriana, ma il fuoco del nostro accampamento improvvisato mi restituisce soltanto delle scintille e delle sottili strie luminose che giocano al ricordo dei suoi splendidi capelli. Accanto a me lo Zhentarim ed il suo amico halfling russano nella grossa, distruggendo la pace di questa notte.
Soltanto io non riesco a dormire.
Domani sarà il solstizio d’estate. Domani entrerò a Baldur’s Gate.
Senza di lei.
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Comments
Dannazione, @whitemushroom, mi hai commosso! >;c
Mi ha sempre riempito di tristezza la storia di Kivan, e il tuo romanzare ha scosso questo rude cuore del nord... bravissima, davvero, il tuo breve racconto mi è piaciuto moltissimo, tu e @lisaralin avete avuto una bellissima idea, e ovviamente ora attendo anche il suo contributo e, perché no, anche quello di altri utenti che magari saranno ispirati da questo thread.
Il primo personaggio della mia lista invece e' un nano Premetto che in questa come in altre storie della mia raccolta apparira' come figlio di Bhaal il personaggio con cui sto giocando la mia attuale partita, un giovane elfo mago/ladro caotico buono.
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Personaggio: Yeslick Orothiar
Genere: introspettivo
Rating: Giallo (?)
Avvertimenti: citazioni allo Hobbit come se piovesse. Non ho saputo resistere XD
I See Water
I suoi sogni perlopiù sono fatti d'acqua.
Inizia piano, nel cuore profondo della montagna. Un gigante risvegliato per sbaglio che si stiracchia intorpidito dopo un sonno di secoli. Un rombo sordo sale dalle profondità della terra e rimbalza minaccioso tra cunicoli e gallerie, sempre più forte, sempre più assordante. La roccia trema come per il fragore di migliaia di zoccoli in corsa, le pareti si sgretolano, i suoi fratelli abbandonano asce e picconi e si affannano in preda al panico verso l'uscita delle miniere, cercando invano scampo da quella carica mortale. Ma l'acqua è un esercito che non fa prigionieri, e si riversa nelle case della sua gente travolgendo ogni cosa al suo passaggio.
Ogni notte, nel buio della sua cella invasa dalla muffa e dai topi, Yeslick rivive l'incubo della fine del suo clan.
Le antiche saghe del popolo nanico sono piene di storie di regni perduti o distrutti. Sono racconti appassionanti, in cui non mancano mai battaglie epiche e gesta valorose. La storia del clan Orothiar invece non è di quelle che nutrono l'ispirazione dei bardi per i secoli a venire. Nessuna battaglia all'ultimo sangue, nessun drago nero calato dal cielo per impadronirsi dei tesori del Re sotto la Montagna. È stato un semplice incidente. Un errore stupido ed evitabile. Un piccone incauto colpisce nel punto sbagliato, una falda acquifera si rompe, e in pochi minuti la miniera è sott'acqua e i suoi fratelli galleggiano a pancia in su, affogati come topi.
E chi si è installato sulle rovine della sua casa traendo profitto dalla devastazione non è certo un drago, a stento lo si potrebbe definire verme. Il verme, che risponde all'odioso nome di Rieltar Anchev e che un tempo era stato suo amico, non gli ha concesso nemmeno la grazia di ucciderlo dopo avergli portato via tutto. Molto più divertente lasciarlo marcire in una cella ad assistere alle sofferenze degli schiavi che lavorano giorno e notte per la grandezza del Trono di Ferro.
Nelle antiche saghe naniche i regni perduti vengono anche riconquistati. Coraggiosi principi in esilio armati solo di un ideale e di un pugno di valorosi compagni sfidano e abbattono il drago, e le forze del bene trionfano. Yeslick è solo un modesto chierico rinchiuso in una cella puzzolente, e oltre a pregare Moradin e Clangeddin di far prendere un colpo apoplettico al verme non può fare molto.
Nelle lunghe ore di solitudine, scandite dal martellare ritmico dei picconi e dai lamenti degli schiavi, gli dèi sembrano più che mai lontani, e le saghe antiche solo un'invenzione patetica per intrattenere i bambini.
Uno schianto improvviso lo distoglie dai suoi pensieri. Oltre la porta di ferro della sua cella si sentono adesso urla indistinte, rumori di colpi e lo sfrigolare di parecchi incantesimi.
Yeslick scatta in piedi e si appiattisce contro la parete quando la porta salta dai cardini, abbattuta da qualche magia di fuoco. Nel polverone sulla soglia si delinea la figura di un ragazzo, un elfo a giudicare dalle orecchie, biondo, giovanissimo e con stampato in faccia un sorriso del tutto inadeguato alla situazione. Alle sue spalle un gruppo di avventurieri tiene a bada i mercenari del Trono di Ferro; Yeslick riesce a distinguere una maga dagli improbabili capelli rosa e uno strano guerriero con il viso ricoperto di tatuaggi che combatte a mani nude.
Tutto il gruppo sembra uscito direttamente da una delle antiche saghe a cui Yeslick è convinto di non credere più.
L'elfo continua a sorridere e gli tende una mano: “Se ti trovi qui vuol dire che sei un nemico del Trono di Ferro. Ti unisci a noi?”
Il sorriso dell'elfo è stranamente contagioso, e Yeslick si ritrova a stringergli la mano con calore.
“Sono dei vostri.”
Un nano in esilio, e un pugno di valorosi compagni.
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Ci voleva qualcosa di piu' "romantico" in questo forum.
Proprio brave. Non vedo l'ora di leggere il prossimo!
Personaggio: Tamoko
Genere: Introspettivo, Missing Moments
Rating: verde
Avvertimenti: nessuno
Moonlight Densetsu
Manco il bersaglio. Scaglio una seconda freccia. Lo manco di nuovo.
So che lui sta per arrivare, lascio cadere l’arco e faccio per estrarre la spada, ma lui mi anticipa; al posto dell’elsa, le mie dita toccano il suo metallo. “Siamo distratti stasera?”
Sì. Molto.
Non ho tempo per le lezioni, non oggi. Lui resta immobile, la spada ancora affilata sotto la mia mano; si aspetta che io reagisca, e non lo faccio aspettare. Scarto di lato, allontanandomi dalla sua arma, poi scivolo verso di lui e mi abbasso evitando un suo fendente. Se riesco a raggiungere il pugnale che so che nasconde nello stivale destro ho vinto. L’appuntamento è tra meno di due ore.
Lui capisce le mie intenzioni, lo riconosco dallo scintillare dei suoi occhi, ma non si scosta; si mette in posizione di guardia, con la spada corta davanti a sé, ma posso evitarla. Mi ha insegnato lui come fare, dopotutto. Corro in avanti, lo costringo a difendersi, poi rotolo per terra.
Sguardo fisso sullo stivale.
Quando la lama si abbassa io sono già oltre la sua difesa, aggrappata alla gamba. Infilo le dita tra le stringhe alla ricerca del pugnale, ma non trovo altro che stralci di cuoio rovinato; nell’attimo che impiego a rendermi conto di essere stata beffata, la sua spada mi sfiora il collo. “Che ti prende, Tamoko? Quante volte ti ho detto di guardare prima di attaccare?”
“Tante, nii-san …” rispondo seccata. Stasera ho di meglio da fare che allenarmi in un sottoscala puzzolente.
“Perché ho come il sospetto che questo sia la causa della tua distrazione?”. Allunga la mano fino al mio petto, e solleva leggermente il pendente che ho tenuto nascosto sotto il vestito. Glielo lascio toccare, ovviamente. Un altro si sarebbe ritrovato con tre dita in meno.
Il ciondolo risplende anche alla luce delle tre candele fioche della stanza, stupendo come la mezzaluna che è stata delicatamente cesellata nell’argento; lui la osserva, la valuta, fa scorrere il polpastrello sulle pietruzze chiare che dovrebbero essere le nuvole. Non ho mai avuto un gioiello simile; non tutto mio, almeno. Ne ho sfilati un’infinità dal collo delle nobildonne che affollano passeggiate, e ho anche alleggerito qualche cortigiana dei ricchi doni dei loro amanti; me ne sono passati centinaia tra le dita, eppure non ne ho mai tenuto nemmeno uno per me. Ma questo è diverso. Questo è la mia luna, e solo pronunciare il nome della persona che me lo ha regalato mi fa scattare un sorriso. “Sarevok. Si chiama Sarevok ”.
Storce il naso a sentire un nome gaijin, e fa per protestare quando lo zittisco sollevando un dito. Devo correre a farmi una doccia, o Sarevok crederà davvero che tutte le ragazze di Kara-Tur puzzino come delle giumente. “Lui non è come gli altri, nii-san. È una persona per bene, ha studiato, è educato … e soprattutto è sincero!”
“Tamoko, tutti i maschi sono sinceri con una bella ragazza … prima di essere scivolati sotto la sua gonna. E non crederti che solo perché ti ha regalato un gioiello da qualche centinaio di monete d’oro che …”
Sono questi i momenti in cui vorrei essere figlia unica. “Nii-san, vorrei ricordarti che ho ventidue anni e posso benissimo mandare ai Nove qualsiasi malintenzionato. Sarevok è diverso dagli altri nobili, non è corrotto, non mi guarda dall’alto in basso, tiene sul serio alla nostra storia!” Protesto ed inizio a salire le scale, ma so che qualunque argomentazione non lo smuoverà. Non lo sopporto quando pensa di decidere per entrambi. Quando pensa che il nostro avvenire non potrà mai cambiare e che la nostra massima ambizione sia quella di vivere alla giornata, rubando ninnoli ai nobili, portando il loto nero di nascosto a Baldur’s Gate e sperando ogni minuto che gli occhi invisibili dei Ladri Tenebrosi non si posino su di noi. “Potremmo fare una vita diversa. Tutti e due. Potremmo pagare il debito di nostro padre e poi …”
“Lo frequenti per i suoi soldi?”
“No!” grido, e mi accorgo di avere le unghie piantate nel legno del corrimano. “Certo che no. Soltanto che … quando sono con lui … il mondo mi sembra migliore. È un uomo grandioso, tutto quello che lo circonda è … diverso. E grande. Non è una questione di ricchezze, ma quando mi sta vicino …”
Quando mi sta vicino è la mia luna. Il suo raggio trasforma in argento tutto ciò che l’oscurità nasconde. Vorrei dire, vorrei spiegare, vorrei cantare, ma non trovo nemmeno una parola per spiegare il batticuore che mi travolge quando mi sorride e mi stringe la mano. Sto per chiedergli se è mai stato innamorato davvero, ma sospira e scrolla le spalle. Abbassa gli occhi, ed entra in quel mondo di pensieri e ricordi dove nemmeno io sono sempre la benvenuta; quando ne emerge raccoglie l’arco, incocca una freccia e si prepara a riprendere l’allenamento. “Se ti rende così felice, fai pure. Ma ricorda una cosa, Tamoko …” dice, ed il primo dardo raggiunge il cuore del manichino con un suono secco “… il primo che ti fa soffrire si troverà una katana nella schiena. La mia, per essere precisi”.
E per stasera non posso chiedergli di più.
Scendo le scale, e senza pensare gli lascio un bacio sulla guancia. “Grazie, nii-san. Sei il fratello migliore del mondo”.
Poi corro. Rimane meno di un’ora.
Sono felice. Tanto felice.
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L'ispirazione su Tamoko mi è venuta anche in questo caso ribaltando l'ispirazione che avevo avuto per Yoshimo.
Ho lasciato volutamente in sospeso il nome del fratello di Tamoko, proprio per lasciare libero il lettore e mantenersi quanto più possibile Canon con la trama di Baldur's Gate: nella mia testa comunque questo personaggio è proprio Yoshimo, riprendendo l'idea originale degli autori di renderlo il fratello di Tamoko per spingerlo a tradire il gruppo. L'idea mi aveva affascinato molto, e da lì sono partita come spunto. Sia che Yoshimo sia davvero il fratello di Tamoko o meno, l'idea di darle una caratterizzazione giapponesizzante secondo me ha senso, visto il nome in stile nipponico (mi sono documentata su Kara-Tur prima di scrivere il tutto).
Per il resto ... una Tamoko sfortunata, molto innamorata ma purtroppo della persona sbagliata!
Il portrait è opera di fan.
Mi piacciono i finali a sorpresa.
Brava anche @whitemushroom! Tamoko è un personaggio che mi ha sempre affascinato! (Azzo...ad averla davanti...XD)
Questa pero' sono costretta a metterla sotto spoiler, e vi consiglio di non leggerla se ancora non conoscete bene il nuovo personaggio di BG2:EE. Siete avvertiti!
[SPOILER]
Personaggio: Clara
Genere: Introspettivo, Missing Moments
Rating: giallo virante sull'arancione
Avvertimenti: come ho gia' scritto contiene grossi SPOILER su BG2:EE. Della storia di Clara non si sa quasi nulla, io ho preso il poco che c'era e l'ho mischiato con particolari di mia invenzione. Ma mi e' piaciuta l'idea di dare una voce a un personaggio che non la aveva
Ah, e' venuta decisamente piu' lunga di una flashfic, ma ho deciso che non me importa nulla XD
La comparsa
La lama del pugnale brilla di uno scintillio dorato nella luce delle fiaccole che circondano il catafalco. Seduta accanto al corpo esanime del suo amato, la principessa tiene l'arma sospesa con la punta rivolta verso il petto mentre fa correre lo sguardo inondato di lacrime su tutti loro. Le sue ultime parole sono un inno disperato all'amore, vibranti di passione e di dedizione eterna.
Un ultimo sguardo al viso del suo uomo e il pugnale le affonda nel cuore, facendo sbocciare un fiore rosso sulla sua veste immacolata. Un sospiro le sfugge dalle labbra mentre cade riversa sul corpo dell'innamorato.
È un delirio di applausi. Il pubblico scatta in piedi come un sol uomo, le dame piangono, gli uomini chiedono a gran voce il bis, e anche Clara si spella le mani a forza di applaudire, gli occhi lucidi, il cuore che le martella a mille nel petto come tutte le volte che assiste a uno spettacolo che la emoziona.
Mentre il sipario si chiude lancia uno sguardo a lady Nalia, che le siede accanto; anche lei ha le guance rigate di lacrime e si asciuga gli occhi con il fazzoletto ricamato.
Lady Nalia De'Arnise è bella come la principessa della tragedia, e ha un cuore straordinariamente generoso per essere una nobile: nessun'altra dama di una grande casata si abbasserebbe a fare amicizia con l'umile figlia di un bracciante al servizio nelle terre del lord suo padre, o le consentirebbe di sederle accanto nel suo stesso castello durante le rappresentazioni dei bardi. Lady Nalia è diversa dalle altre: è come un'eroina delle tragedie, una principessa coraggiosa che mette la sua vita e le sue ricchezze al servizio dei poveri e degli oppressi. Clara la ammira, per lei si getterebbe nel fuoco e attraverserebbe i Nove Inferni a piedi. E la invidia anche, in fondo: perché il palcoscenico della vita appartiene a quelli come lei. Clara, la figlia del bracciante, resterà sempre e solo una comparsa.
“Devo andare ora, milady.” le dice in tono di scusa quando escono dalla sala grande. Probabilmente suo padre la punirà ancora per essere stata via tutto il giorno. È la stagione del raccolto, alla fattoria hanno bisogno di ogni paio di braccia. Poco importa: se la principessa dalla veste bianca ha affrontato il morso gelido del pugnale per amore del suo uomo, anche lei potrà sopportare un paio di colpi di cinghia in nome della sua passione per il teatro e le canzoni dei bardi.
“Aspetta.” Lady Nalia la trattiene per un braccio e a sorpresa le mette in mano un involto di stoffa, un sacchetto pesante che tintinna a ogni minimo movimento.
“Che cosa... ?”
“Per te.” Lady Nalia non le dà il tempo di protestare. Le mette l'indice davanti alle labbra e parla a bassa voce, con tono da cospiratrice: “Ci ho pensato a lungo. Siamo amiche, e so che non sei felice qui. Lo vedo. So che sogni di fare l'attrice. Con questi potrai.” le chiude le dita attorno al sacchetto di tela ruvida, stringendole le mani con affetto. “Bastano per pagarsi un passaggio fino ad Athkatla, e molto di più. Il mio regalo per un'amica speciale.”
Clara non ha parole, solo un enorme groppo alla gola. E per la prima volta in vita sua osa fare quello che non aveva mai fatto e getta le braccia al collo della sua signora, la sua eroina, la sua dea. Le piange sulla spalla tutta la sua gratitudine e la sua devozione e poi si dilegua nella notte, il sacchetto tintinnante stretto sotto il mantello e un paio di ali spiegate nel cuore.
La serratura arrugginita cede senza difficoltà sotto il suo tocco esperto. Dentro, la tomba puzza di chiuso e marciume, segno che è stata sigillata da parecchio tempo. Meglio così. È più facile rubare ai morti che ai vivi.
Le servono soldi, e subito. La Città della Moneta e un paio di incontri sbagliati hanno prosciugato il suo capitale in pochissimo tempo, e alla Locanda dei Cinque Boccali nessuno ha bisogno di un'altra attrice. Clara si è ritrovata ben presto a fare un mestiere del tutto diverso per tirare a campare. Uno che in fondo ha persino a che fare con la recitazione, soprattutto quando i clienti sono vecchi e viscidi e il loro fiato puzzolente di alcool ti fa salire conati di vomito. Clara ha sopportato stoicamente, come le eroine delle tragedie, sempre in nome del suo sogno. Finché un cliente che l'ha presa in simpatia non le ha insegnato un altro mestiere ancora, allettandola con la prospettiva di soldi facili.
Accende una torcia, guardandosi rapidamente attorno in cerca del sarcofago. La lastra del coperchio sembra pesante, ma con il grimaldello che ha portato con sé non dovrebbe essere difficile sollevarla.
Non riesce nemmeno ad avvicinarsi. All'improvviso la testa prende a girarle vorticosamente, una sensazione di soffocamento le attanaglia il petto. Annaspa, la torcia le cade di mano e si spegne, lasciandola nel buio.
Una voce risuona nelle tenebre, non alle sue orecchie ma direttamente dentro la sua testa:
“Clara.”
Una voce femminile, melodiosa, con un indefinibile accento esotico.
E all'improvviso la vede, anche se ogni cosa intorno è avvolta dal buio. Ma lei è lì, alta e maestosa di fronte agli occhi della sua mente, la pelle bruna e gli occhi neri dal taglio esotico intensi come carboni ardenti, il collo e le orecchie ornati da splendidi gioielli d'oro.
Una regina. Davanti a lei Clara non può fare altro che cadere in ginocchio.
“Sì. Tu sarai perfetta.” dice l'apparizione misteriosa con la sua voce di miele, e Clara pensa che non vorrebbe mai smettere di ascoltarla. “Tu sarai la chiave della mia libertà.”
La regina le prende il volto tra le mani, e la bacia.
E mentre Clara sente la sua coscienza fluire via a brandelli e la mente tingersi di oscurità fa in tempo a pensare che il sipario si sta chiudendo per l'ultima volta, e che in tutta la tragedia lei non è stata altro che una piccola, insignificante comparsa.
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Note: di Clara sappiamo che era figlia di contadini, percio' ho pensato che fosse realistico renderla la figlia di un bracciante al servizio di Lord De'Arnise.
Su come sia avvenita la sua "possessione" da parte di Hexxat il gioco ci dice ancora meno, percio' anche in quel caso e' tutto frutto della mia fantasia.[/SPOILER]
Continuate così
EDIT: Letto! Molto molto bello, Lisaralin! ;D
Il panorama italiano è desertico quando si tratta di fan fiction ispirate ai videogiochi (mentre i colleghi inglesi sfornano tales a iosa).
Ho letto tutti i racconti (ad eccezione di quello sul nuovo PNG di BG2EE perché non vi ho ancora giocato) e mi sono piaciuti molto, specialmente quello su Kivan.
Jaheira e Khalid sono i miei personaggi preferiti, quindi mi aspetto grandi cose! Sarebbe bello leggere un racconto dedicato a loro prima dell'incontro con la progenie di Bhaal, descrivendo ad esempio uno squarcio di vita quotidiana di questa splendida coppia, ma the choice is yours!
Nel mentre, ancora sentitissime congratulazioni!
Per quanto riguarda Jaheira e Khalid... sono entrambi sulla mia lista, ma ammetto che al momento non ho ispirazioni per loro (in realta' al momento ho finito le ispirazioni in generale, ma sono sicura che qualcosa saltera' fuori quando meno me lo aspetto :P). Jaheira inoltre e' un personaggio che in generale mi crea molte difficolta'... la trovo eccellente a livello narrativo e di caratterizzazione, forse uno dei migliori pg della saga in assoluto, ma non riesco a entrare in sintonia con lei per quanto riguarda proprio la "visione della vita" e il modo di pensare. Per cui mi riesce difficile scrivere mettendosi nei suoi panni, ma ci provero'!
In bocca al lupo! A giudicare dalla qualità del racconto su Yeslick, sono sicuro che alla fine sfornerai qualcosa di eccellente anche per loro
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Personaggio: Quayle
Genere: Introspettivo, Missing Moments
Rating: verde
Avvertimenti: nessuno
Beautiful people
Guardano, incuriositi. Sorridono. Ridono. Ed infine applaudono.
Uno scroscio senza fine, un piccolo terremoto che scuote questa tenda vecchia e malandata, proprio come me, uno straccio scolorito su cui si abbattono il sole a mezzogiorno, le piogge battenti e le risate del pubblico. Mi inchino, poi mi levo il cappello e mi esibisco nel mio numero preferito: una colomba si libera in volo e si dirige sopra il pubblico, diretta verso una donna dalla pelle scura e lo sguardo altero, l’unica che applaude pigramente sul sedile più alto e meno illuminato del tendone.
Sotto lo sguardo di tutti la colomba plana ed atterra proprio davanti a quella fanciulla. Pronuncio le parole magiche, schiocco le dita … ed il mio prezioso volatile si trasforma in una cascata di petali rossi.
Il pubblico è in visibilio. La fanciulla è sorpresa, ed anche a questa distanza posso vedere un sorriso curioso, misto a stupore, solcare il suo viso bruno che racconta di sogni, luoghi esotici ed una tristezza quasi senza tempo.
Lo spettacolo è terminato. Il pubblico esce.
Ormai li conosco. Sir Ronald, il nobile cavaliere del Cuore Radioso con Josseph e Nolo, i suoi figli gemelli. Lady Marisa, ogni volta con un accompagnatore diverso. Alea, un’adorabile elfa che ha deciso di abbandonare la guardia di Suldanesselar per diventare un bardo di successo, e trova il nostro spettacolo una fonte inestimabile d’ispirazione. Potrei parlare per ore di ciascuno di loro, soprattutto della tristezza che si portano nel cuore e che cercano di dimenticare sotto questo tendone, incantandosi davanti ai miei giochi di prestigio o alle movenze degli acrobati. Vengono per trovare un sorriso.
Questo Kalah non è mai riuscito a capirlo. Quelle risate lo irritavano, gli applausi gli sembravano niente più che uno scrosciare di mani privo di sensazioni: si era chiuso nel suo castello di illusioni private, unendosi a noi solo perché nessuno avrebbe mai accolto un umile gnomo illusionista se non un altro gnomo illusionista come me. Odiava quelle persone che lo osservavano dalle panche, gridava che erano tutti idioti rammolliti che ci osservavano dall’alto in basso e ridevano di lui.
Io non credo che sia così. Prima di fondare questo circo ho viaggiato a lungo, supponendo scioccamente che i miei anni di esperienza bastassero per farmi comprendere tutto il mondo, e che prima o poi avrei trovato qualche ricco umano o elfo bisognoso della mia saggezza. Solo dopo ho capito che non era il mondo ad aver bisogno di me, ma io di lui. Ho bisogno del sorriso di queste persone, ho bisogno delle loro storie.
Ho bisogno di vederli, di osservare gli abiti multicolori delle dame ed i capelli unti delle contadine, di assaporare l’odore di pesce di Lana ed il fumo che si appiccica sulla barba rossiccia di mastro Cromwell quando esce dalla fucina. Gente diversa, gente incredibili. Persone che ogni sera riempiono questa tenda e creano un caleidoscopio che riscalda il cuore, piccoli frammenti di un meraviglioso rompicapo che non avrei mai immaginato esistesse prima di creare questo tendone e riunire intorno a me persone di ogni razza ed abilità.
Sono felice che Aerie faccia parte di questo disegno. Mi domando dove sia adesso, a cosa stia pensando, se sia felice in mezzo a tutta questa gente. Io sono qui, in questa piccola arena, osservando e felice di osservare; ma lei è giovane, e quando quell’uomo armato di tutto punto che ci ha salvati le ha chiesto di unirsi ai suoi compagni non ho saputo resistere alla sua gioia. Deve imparare a vivere, a cancellare l’orrore delle sue ali perdute, a camminare, correre, ridere, danzare in mezzo al mondo. Ho sempre sognato vederla in mezzo a quella gente meravigliosa.
I miei spettacoli non saranno gli stessi senza di lei, ma finché avrò il sorriso della gente riuscirò a trascinare le mie vecchie ossa fino al giorno in cui Baravar non mi reclamerà.
La donna dalla pelle scura è l’ultima ad uscire. Si tira su il cappuccio, e mi fissa per un’ultima volta.
Porta la rosa davanti al naso, poi esce nel mondo pieno di colori.
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Note: l'uomo armato di tutto punto è ovviamente il mio Bhaalspawn, un gentile paladino pronto a salvare il circo anche senza ricevere alcuna ricompensa. La misteriosa donna che osserva Quayle nella mia testa è Hexxat, ma ovviamente potrebbe essere una qualsiasi figura del mitico universo di BG!
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Personaggio: Alora
Genere: Introspettivo, Azione, Missing Moments
Rating: Verde
Avvertimenti: forse Alora mi e' venuta un filino troppo seria, ma mi piaceva l'idea di esplorare anche quel lato di lei. Anche stavolta siamo piu' nel regno delle one shot che delle flashfic, ma il dono della sintesi non e' decisamente il mio forte...
Spirito libero
Destra, sinistra, ancora sinistra, un vicolo buio dopo l'altro. Una corsa folle guidata ormai solo dalla disperazione.
Alora non ha più idea di dove si trovi. Il rumore del mare da qualche parte alla sua destra le suggerisce che il quartiere dei Moli non deve essere lontano, ma nell'oscurità profonda della notte tutte le strade le sembrano uguali. Athkatla non è Baldur's Gate, la città che per anni ha fatto da sfondo alle sue imprese e di cui conosce ogni angolo e segreto. I suoi inseguitori non sono i soliti soldati del Pugno Fiammeggiante che chiudono sempre un occhio di fronte al sorriso irresistibile di una piccola halfling dagli occhioni innocenti.
A darle la caccia stavolta sono dei ladri proprio come lei. Solo molto più cattivi.
Si ferma appena un attimo a riprendere fiato, il cuore che minaccia di esploderle nel petto. Alle sue spalle i passi concitati degli inseguitori si fanno sempre più vicini. I Ladri Tenebrosi non si sforzano neanche più di nascondere la loro presenza, certi come sono di avere la preda nel sacco.
Alora si impone un ultimo sforzo, con testardaggine ordina alle sue gambe doloranti di riprendere la corsa. Come un fulmine attraversa una viuzza costellata di pozzanghere, svolta a destra nell'ennesimo vicolo...
… e di colpo si ritrova un muro alto e privo di appigli a pochi centimetri dal naso.
Fine della corsa.
Si volta in tempo per vedere tre Ladri Tenebrosi materializzarsi dalle ombre del vicolo, i pugnali sguainati che risplendono alla debole luce delle stelle.
È in trappola.
“Ehm... non potremmo parlarne un attimo? Ve lo detto, non sapevo proprio che quella era la vostra zona... “
I tre non rispondono, ma Alora ha la certezza che il loro ghigno sotto il cappuccio si allarghi ancora di più. Si appiattisce con le spalle al muro che le ha ostacolato la fuga, la mente che lavora frenetica alla ricerca di un piano di emergenza. Forse se riuscisse a sgattaiolare sotto le loro gambe...
I tre assassini la stringono in cerchio, sollevando le armi.
Un'esplosione di luce, accecante e improvvisa. Una vampa di calore si fa strada con violenza fino a lei, e Alora cerca di proteggere il viso con un braccio mentre il vicolo viene illuminato a giorno da un tripudio di fiamme. La Palla di Fuoco spazza via i Ladri Tenebrosi, li incenerisce sul posto prima ancora che quelli abbiano il tempo di urlare.
Pochi secondi e il calore svanisce di colpo, il buio torna a inghiottire il vicolo. Solo una lieve scia luminosa rimane a volteggiare placidamente nell'aria, rivelando una figura incappucciata che si avvicina lentamente.
Alora non è mai stata così felice in vita sua di vedere quella familiare veste rossa.
“Come immaginavo senza di me sei persa.”
“Edwin!” Corre incontro al mago, senza badare ai suoi brontolii mentre lo abbraccia piena di sollievo. “Ma... non erano i tuoi nuovi amici quelli?” Accenna con la testa al poco che resta dei tre assassini.
“Oh, di certo non andranno a raccontare in giro che sono stato io!” Edwin sorride – è sempre bello quando sorride, dovrebbe farlo più spesso – e si accarezza la barba ben curata: “Ma a te cosa salta in testa di rubare nel territorio dei Ladri Tenebrosi? (la cosa più stupida che potesse fare... ah, se non ci fossi io qui...). Perché non ti sei unita a loro quando ne avevi l'occasione, insieme a me?”
Alora storce la bocca in un'espressione infastidita. “Te l'ho detto. Non mi piace questa storia delle gilde. Non mi piace prendere ordini e scattare sull'attenti davanti a un capo. Io... voglio essere libera, Edwin. Lavoro da sola, come pare a me.”
“Eppure con me ci hai lavorato (e senza l'aiuto della mia magia dubito che le sarebbe riuscito un solo colpo...).”
“Non è la stessa cosa. Lo sai.”
È vero. Le mancherà lavorare in coppia con Edwin. Sono stati una buona squadra, loro due. Il ricordo delle loro fughe rocambolesche attraverso la Costa della Spada le strappa un sorriso, e allo stesso tempo una fitta di malinconia. È per accontentare lui che si è convinta a venire fino ad Athkatla...
E lì, in quella città straniera, ha capito che il loro sodalizio non poteva durare.
Edwin non poteva accontentarsi a lungo di una vita di espedienti. È un uomo ambizioso, ogni sua azione è diretta a un fine, a un guadagno concreto. Lui non capisce cosa voglia dire correre sui tetti per il puro piacere di sentire il vento nei capelli, o mirare a un gioiello ben custodito per il semplice gusto della sfida. Nella sua ottica collaborare con i Ladri Tenebrosi è la scelta più vantaggiosa per il momento.
“Ne abbiamo già parlato.” aggiunge, e il suo tono è definitivo.
Il mago rosso sospira in modo volutamente teatrale:“Allora, mia cara, stavolta è davvero un addio (anche se non capisco perché la cosa mi dispiaccia tanto...). ”
D'istinto Alora si alza in punta di piedi e lo bacia su una guancia.
“Dispiace anche a me.”
Edwin la guarda esterrefatto, e lei per tutta risposta gli fa una linguaccia divertita.
Credevi davvero che le mie orecchie allenate di ladra non riuscissero a distinguere i tuoi borbottii, caro il mio mago rosso?
Poi si volta e si dilegua rapida e leggera tra le ombre della notte.
Non si ferma a guardarsi indietro nemmeno una volta.
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@Lisaralin anche se vuoi scrivere un racconto da 50 pagine noi lo leggiamo lo stesso, non preoccuparti
Per scrivere un racconto di 50 pagine dovrebbero prima venirmi le idee, pero' XD Per me e' gia' difficile pensare a qualcosa di breve... ma porteremo a termine questa raccolta, costi quel che costi!
Sembra abbiate trovato una musa ispiratrice che vi alimenta senza fine! Spero che questo topic possa essere di esempio ai lettori e, chissà, magari qualcuno sarà preso dalla vostra stessa ispirazione e scriverà altri racconti con protagonisti i personaggi di BG.
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Personaggio: Anomen Delryn
Genere: Introspettivo, Missing Moments, Songfic
Rating: giallo tendente all'arancione
Avvertimenti: è una songfic ispirata alla canzone di cui riporterò il link. Vi consiglio di ascoltarla, non ruberà più di qualche minuto al vostro tempo, ma sono certa che capirete il perché dell'ispirazione. Non sono contentissima dello scambio di battute di questa fanfic, però più di così non riusciva a venirmi. Ho contravvenuto a tutte le regole delle flashfic, ma come facevo a contenere tutta questa scena in 500 parole?
http://www.youtube.com/watch?v=U3NoDEu7kpg
Hellfire
Personaggio: Anomen Delryn
Genere: Introspettivo, Missing Moments, Songfic
Rating: Giallo virante sull'arancione
Avvertimenti: è una songfic ispirata da questa canzone. Mi è bastato cambiare una parola o due. Ah, ovviamente non sono riuscita a rispettare i canoni della flashfic, visto che questa storia sfora abbondantemente le mille parole.
Hellfire
My Great Lord Helm,
you know I am a righteous man,
of my virtue I am justly proud!
My Great Lord Helm,
you know I’m so much purer than
the common, vulgar, weak, licentious crowd!
Sono morbide. Perfette. Cerco di oppormi, vorrei fermarmi, trovare un appiglio. Ma non c’è nulla oltre quelle labbra che bruciano più del fuoco di un drago, ed è una fiamma che arde e si insinua ben oltre la mia bocca. La mia armatura mi separa dal suo corpo, alta come uno scudo; ma non riesce a fermare le sue dita, che sono sulla mia testa, sulle guance, nei capelli, dieci serpenti mortali. Faccio per allontanarla, ma invece di scagliarla lontano mi ritrovo a stringerla. O peggio, a desiderarla.
Then tell me, my Lord,
why I see her dancing there?
Why her smold’ring eyes still scorch my soul?
“Baci in maniera terribile, rivvil” mormora, staccandosi dal mio viso. Si passa la lingua sulle labbra. Potrebbe essere la regina di tutte le Succubi. “Dovresti fare molto, molto più esercizio!”
“Viconia, guarda che io ho già …”
“Baciato qualcuno? Qualche casta donzella dal bel vestito fatto delle pregiate sete di Kara-tur? Una di quelle principesse che donano un fazzoletto al prode paladino sul suo bianco destriero?” sorride, ma posso sentire il suo respiro sulla mia pelle. Scivola contro di me. Il suo sorriso malvagio mi scorre lungo la spina dorsale, ed arriva fin lì. “Forse non hai afferrato la differenza …”
Con entrambe le mani mi afferra la base del collo e mi costringe a guardarla, imprigionandomi nei suoi occhi così chiari contro la pelle dal colore della notte. Mi bacia di nuovo, con violenza, passione, stringe il mio labbro inferiore tra i denti e mi fa sfuggire un suono mai uscito prima dalla mia bocca.
I feel her, I see her,
the sun caught in her silver hair
is blazing in me out of all control!
È Helm che mi dà la forza. Rompo il suo assalto proprio quando i lombi divampano nelle fiamme dell’inferno, e nel farlo i suoi denti tracciano un rivolo di sangue. Il suo sapore dolce sembra risvegliarmi da un incubo. “Non osare tentarmi, drow! Riporta le tue malie lussuriose sotto terra insieme alla tua lurida specie!”
“Oh, il glorioso paladino fa la voce grossa! Deve forse compensare qualcosa che grosso non è?”
Like fire! Hellfire!
This fire in my skin
This burning … desire …
is turning me to sin!
È lì, davanti a me, immonda come tutta la sua specie. Pronta a trascinarmi all’inferno. La pelle mi brucia anche se madida di sudore; lei mi sta guardando e chiamando a sé, i suoi occhi rapaci volano su di me come una preda indifesa. “Allora, che sapore ha il peccato?”
Una risposta mi corre lungo la gola. Una risposta che ancora profuma delle sue labbra.
La ricaccio indietro, perché altrimenti sarei dannato per sempre.
“Orribile …” mormoro. Sussurro. Mento.
It’s not my fault! I’m not to blame!
It is the drow girl the witch who sent this flame!
It’s not my fault! If in Gods’ plan
They made the devil so much stronger than a man!
“È così orribile essere vivi?”
“Non si tratta di …”
“Potresti morire domani, rivvil. O dopodomani, non lo so! Il figlio di Bhaal è davvero risoluto a voler cacciare quel drago rosso dal suo nido, e non credo che la tua bella armatura luccicante possa proteggerti dal soffio di Colui che Danza nel Fuoco”. Ritrae lo sguardo, i suoi artigli azzurri, ma trattengo il respiro. Si siede su una roccia, mimetizzandosi nelle tenebre e con la luna stessa, e tutto il suo corpo è un meraviglioso arco che aspetta solo la mia freccia. “Potrebbe essere la tua ultima notte … io ti sto solo proponendo un modo proficuo per impegnarla”.
“Le tue parole cadono nel vuoto, drow. Ogni notte potrebbe essere l’ultima!”
Sorride, e il vento traditore mi porta tutto il suo profumo. “Allora festeggiamo ogni notte, rivvil! Accendiamo il nostro fuoco, e lasciamo che i respiri della notte giungano fino a Shar come inni alla sua grandezza!” Si passa una mano tra i capelli, quasi con noncuranza, ma le sue dita mi sembra che scorrano su tutto il mio corpo. “Servi pure Helm sotto quella fastidiosa luce del giorno. Ma la sera … gioisci con la Signora della Notte in attesa che il giorno venga di nuovo. Il piacere attraversa molte vie …”
Protect me, My Lord,
don’t let this woman cast her spell,
don’t let her fire sear my flesh and bone!
Destroy that drow, and let her taste the fire of Hell,
or else let her be mine and mine alone!
No.
“Se pensi che percorrerò la via del peccato, drow, ti sbagli di grosso!”
No.
Helm, no.
“C’è una sola via per te, strega. E porta ad una pira nel quartiere governativo di Athkatla!” Indietreggio di qualche passo, ed è come se la malia si sciogliesse. La vedo irrigidirsi, e lo scudo di Helm si frappone tra me e quel demone dalla pelle scura. Sento la Sua spada nelle mie parole. “Avvicinati di nuovo a me e ti legherò di persona a quel palo di legno! Te ed il tuo caro stregone rosso!”
Scivola dalla sua posizione. Nella lussuria del suo sguardo si è aggiunta la vampa dell’odio. “Come vuoi, Anomen! Ma se tra una guardia e l’altra hai di nuovo bisogno di me … sai dove trovarmi!”
“Scordatelo! E non osare mai più rivolgerti a me in modo così familiare!”
“Oh, scusami … Sir Anomen!”
Hellfire! Dark fire!
Now, drow, it’s your turn:
choose me or your pyre,
be mine or you will burn!
Il tiefling non la smette di cantare in quella sua strana lingua. Mi guardo intorno cercando un sasso da tirargli contro, ma i miei occhi rimangono fissi sulla figura demoniaca che scivola nelle ombre, lontana da me.
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Poteva essere scritta meglio, ma non posso farci molto. L'idea era venuta ed era meglio scriverla subito. All'inizio pensavo di usare come protagonista Ajantis, perché è un personaggio su cui non ho affatto idee e sembrava un buon modo per inserirlo in una storia, ma le prime righe della canzone sembrano proprio uscite dalla spocchia di Anomen, quindi ho optato per lui.
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Personaggio: Shar-Teel Dosan
Genere: Introspettivo, Azione, Missing Moments
Rating: giallo virante sull'arancione
Avvertimenti: "If it bleeds, I can kill it."
The Kinslayer
Il grande teschio dorato inciso sul pavimento sembra prendersi gioco di loro con il suo ghigno spettrale. È il sorriso superiore e sprezzante di un dio per il quale il combattimento all'ultimo sangue che si sta consumando nel tempio sotterraneo non è altro che un gioco, un semplice tassello in un disegno ben più vasto e imperscrutabile di tutti loro.
Chiunque prevalga quel giorno, lui ha vinto. Il più forte tra i suoi figli distruggerà l'altro e accrescerà il proprio potere, compiendo un altro passo sulla strada verso la resurrezione del suo divino padre.
Appoggiata alla spada puntata sul terreno, Shar-Teel riprende fiato. Porta una mano al viso per scostare i capelli madidi di sudore dalla fronte, e la ritira umida di sangue appiccicoso. Non si era nemmeno accorta di essere ferita.
Il suo avversario è a pochi passi da lei, la mano premuta contro lo squarcio sul fianco da cui sgorga un abbondante fiotto di sangue. Lo stesso sangue che arrossa la lama della guerriera, gocciolando lentamente lungo il metallo per poi colare sul pavimento. Lo stesso, e Shar-Teel non riesce a reprimere un brivido al pensiero, che scorre anche nelle sue stesse vene.
Il giovane elfo figlio di Bhaal non è l'unico ad avere un conto in sospeso con la sua famiglia, quel giorno. Con la coda dell'occhio Shar-Teel lo vede scattare con agilità per evitare i mostruosi fendenti del gigante in armatura completa, le mani illuminate dal potere della magia. Continua a gridare al fratellastro le sue frasi patetiche, come se fosse possibile tornare indietro, risolvere tutto con un abbraccio riconciliatore e un bel pianto generale. No. A volte l'unico modo per aggiustare le cose è una bella spada piantata nel petto. Quasi sempre, a dire la verità.
Torna a concentrarsi sul proprio avversario, sollevando la spada e inclinandola in diagonale rispetto al corpo. Le è indifferente chi trionfi tra i due Figli di Bhaal: lei è scesa laggiù solo e unicamente per regolare il suo conto in sospeso.
Il bastardo si rende conto di essere spacciato, glielo legge negli occhi scuri dilatati dal dolore e così disgustosamente simili ai suoi. Vigliacco come al solito ha preferito tenersi a distanza nelle prime battute del combattimento, scagliando frecce incendiarie sotto la protezione del suo maledetto anello dell'invisibilità. Ma un incantesimo della maga selvaggia ha dissipato le sue difese magiche, e un fendente della spada di Shar-Teel gli ha spezzato il dannato arco in due, aprendogli la ferita sul fianco. I suoi compagni, impegnati a fronteggiare il resto del gruppo dall'altro lato della grande sala, non possono aiutarlo in alcun modo.
La preda è tutta sua. Un sorriso feroce le deforma il viso ricoperto dai tatuaggi mentre divora in due falcate lo spazio che li divide, pronta a vibrare il colpo fatale.
“Shar... Shar-Teel... “
La nota supplice nella voce del bastardo le fa venire i conati di vomito, e sentirlo pronunciare il suo nome ancora di più.
“Come, non fai più la voce grossa ora?” lo deride, sprezzante.
Certo, è facile prendersela con una bambina. Strapparle di mano la spada con cui si allena di nascosto, stordirla a forza di schiaffi. Segregarla in camera per settimane intere perché non è in grado di comportarsi come “una fanciulla perbene”.
Ma la bambina ora è diventata donna, e domanda vendetta.
“Io... io vi ho lasciati andare... “ balbetta ancora lui, il corpo scosso da un tremito. “In nome del nostro legame di sangue... ho chiuso un occhio, vi ho fatti fuggire dalle prigioni... “
“E hai commesso un errore.” taglia corto lei. “L'ultimo della tua vita.”
Il dardo incantato erompe debole dalle dita del bastardo, un tentativo di difesa patetico quanto inutile. Non è più doloroso dell'ultima puntura di un insetto morente.
La mano che ha lanciato l'incantesimo viene tranciata per prima, lasciandosi dietro un urlo disumano e una scia di sangue che le schizza sul viso e sugli abiti. Il bastardo crolla in ginocchio, e Shar-Teel gli pianta la spada dritta in mezzo alle costole, trapassandolo da parte a parte.
Lo guarda negli occhi mentre la vita fluisce via dal suo corpo insieme a un fiume di sangue, assapora ogni istante dell'agonia incisa nei lineamenti del suo viso stravolti dal terrore. Persino nell'abbraccio della morte il bastardo non smette di fissarla con il suo ridicolo sguardo supplichevole.
Gli uomini sono patetici, e suo padre lo è più di chiunque altro.
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Personaggio: Bodhi
Genere: Introspettivo, Missing Moments.
Rating: giallo
Avvertimenti: nessuno. Spoiler sulla trama di base di BG 2, ma suppongo che tutti i lettori di questa fanfic già conoscano la storia di Bodhi.
... nothing like the sun
Chiudo gli occhi e la vedo. Chiudo gli occhi e sento la sua inconfondibile risata mescolata al cinguettio degli uccelli.
Le piace arrampicarsi. I suoi ricordi sono pieni di alberi dalle foglie gialle e rosse, di stalle, di mura piene di crepe su cui si diverte a salire sia di giorno che di notte, pensando solo a come apparirà in quel momento la cittadella di Candlekeep davanti ai suoi occhi. Le dicono di scendere, che finirà per cadere, ma lei non ascolta altro che la brezza leggera nei capelli rosa ed i battiti del suo cuore.
Mi siedo su una lapide, cercando di fare ordine in questi ricordi che non mi appartengono; non credevo che l’anima di quella figlia di Bhaal fosse così potente, che il suo pensiero potesse toccare il mio anche se quella ragazzina sta probabilmente marcendo a Spellhold.
Bruciano.
La testa mi fa male. Questo Valen non deve saperlo.
È notte, ma nel ricordo è pieno giorno. Corre nel pascolo fuori dalla cittadella, i suoi piedi scivolano sull’erba secca, ormai gialla; il sole le riscalda la pelle ed i piedi scalzi, e lei avanza tra i cespugli ed i rovi, supera un montone anziano e sfugge persino al cane pastore. Ride, ride senza fermarsi, e non si ferma nemmeno quando guarda indietro. Non è sola.
“Cosa c’è, muoviti!” grida, mostrando la lingua al ragazzo dagli occhi chiari che sbuffa per tenere il passo. Ha qualche anno più di lei ed i muscoli sono tesi sotto la pelle lucida per lo sforzo di riuscire a starle dietro. “Vedi cosa succede a passare le ore studiando con Gorion? Sei diventato un topo di biblioteca!”
“Possiamo … possiamo fare una pausa, Imoen?”
“Certo che no! Non sei tu quello che vuole diventare un cavaliere, sconfiggere mostri, salvare principesse e tutte quelle belle cose? Glielo dici tu al drago possiamo fare una pausa?” ride, mimando il tono spossato del ragazzo che considera come un fratello maggiore. “Muoviti, o non arriveremo nemmeno al tramonto!”
Torna indietro sui suoi passi e lo prende per mano. Riesco quasi a sentire quella pelle ruvida sotto le mie dita che ormai conoscono solo il gelo della morte ed il calore del sangue; se chiudo gli occhi posso essere io stessa quella ragazza a cui ho sottratto l’anima, posso sentire il respiro affannato del mio compagno proprio sul collo ed il sole d’estate che riscalda la mia pelle come un manto infuocato. Sotto di me non ci sono più le lapidi, ma un’erba secca che mi graffia i piedi. Inspiro lentamente, incuriosita da questo ricordo dei figli di Bhaal: forse è qui ciò che stavo cercando.
Il ragazzo sorride verso di me, e le labbra di Imoen gli rispondono a loro volta in un’espressione che l’altro deve trovare davvero divertente.
Sono io che non rido. Sono trascorsi anni dall’ultima volta che l’ho fatto. C’era il sole, di quello ne sono sicura.
C’erano anche due fratelli, due elfi che trascorrevano giornate intere appoggiati all’Albero della Vita per sentire il potere vibrare nella sua robusta corteccia e poi nei loro corpi immortali; lei parlava di tutti gli stupidi corteggiatori che venivano a chiederle la mano, lui mimava i vecchi saggi che gli dicevano di rallentare e frenare il suo incredibile e meraviglioso potenziale. Ricordo i loro visi chiari e luminosi, ma le parole scivolano via man mano che un velo di tenebra scende su quelle immagini mentre la luce volta loro le spalle. Tutto si fa freddo e cristallino, e per quanto io possa allungare la mano verso le figure congelate nella mia memoria mi accorgo che il mio cuore non batte, non vibra, non piange, non ride. Non grida nemmeno di riavere indietro ciò che gli è stato strappato.
Ma può andare avanti. Può andare avanti anche se la luce che lo accarezzava si è trasformata in una lama rovente, perché la notte ha tracciato per lui una nuova strada. Guardo un’ultima volta la figlia di Bhaal, baciata dal sole.
Jon è convinto che prima o poi uscirà da quella prigione e verrà da me per riavere indietro l’anima che le ho preso.
Per me non ci sono problemi.
Prenderò anche la sua vita, e mostrerò al sole un bel cadavere sorridente. Chissà se questo mi potrà ridare un po’ di gioia …
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Una calorosa stretta di mano a chi riconosce la citazione del titolo (e no, non vale cercare su Google). Alla prossima!
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Personaggio: Xan
Genere: Introspettivo, Malinconico, Missing Moments
Rating: verde tendente al giallo
Avvertenze: mi rendo conto che potrebbe sembrare delirante, ma e' nata da un'ispirazione partorita nel dormiveglia e dopo aver giocato la parte di Spellhold a BG2 XD
Per quanto riguarda i Greycloak di Evereska, il gruppo a cui appartiene Xan, ho utilizzato la traduzione italiana "Mantogrigio" che viene adottata nella versione italiana di BG1 Enhanced Edition. Ho cercato notizie su di loro tra le varie wiki, ma non c'era moltissimo, quindi potrei inavvertitamente aver scritto qualcosa che va contro il lore canonico dei Forgotten Realms, nel qual caso spero che mi perdonerete
Ah, inutile dire che anche questa e' lunghissima!
La città dalle torri bianche
L'urlo risuona a lungo tra i corridoi della fortezza-manicomio, una voce stridula e agghiacciante a cui è rimasto ben poco di umano. Xan sussulta e si stringe nel mantello, mentre un brivido involontario lo attraversa da capo a piedi. La stretta calorosa sulla sua spalla giunge pronta a rassicurarlo, ma è anche un avvertimento. Non mostrare paura, sembra comunicargli il maestro attraverso il suo tocco fermo e deciso.
Il giovane elfo fa un respiro profondo, si impone di calmare i battiti impazziti del cuore. È la sua prima visita ufficiale in qualità di Mantogrigio appena nominato, non può far sfigurare il maestro e i suoi superiori mettendosi a tremare come un bambino davanti a degli stranieri.
“Nulla di cui preoccuparsi” il direttore di Spellhold liquida la faccenda con un gesto svogliato della mano, senza neanche voltarsi verso i suoi ospiti. “Ogni tanto capita che i test inneschino reazioni eccessive nei soggetti.”
Il giro prosegue come se niente fosse. L'ennesima stanza di contenimento, l'ennesimo soggetto che il direttore mostra agli emissari di Evereska con il suo sorrisetto compiaciuto, illustrando gli esperimenti compiuti e i risultati delle ricerche.
Le sue parole diventano ben presto brusio di sottofondo alle orecchie di Xan. Gli occhi dell'elfo sono catturati da quelli scuri come abissi senza fondo del “soggetto H”. Le catene che assicurano il ragazzo umano alla parete - “per la sua sicurezza”, dichiara il direttore - sono grottescamente grandi per i suoi arti esili, e tintinnano lievemente quando il giovane solleva la testa, fissandolo stralunato attraverso due pupille nere dilatate in modo innaturale. Probabilmente l'effetto di qualche sostanza sedativa, pensa Xan, e ancora una volta deve lottare per reprimere un brivido.
“Conosci la città dalle torri bianche?” chiede il ragazzo all'improvviso. La sua voce è sottile come un alito di vento, ma il tono implorante non sfugge alle orecchie elfiche di Xan. “Ho perso il mio cuore... nella città dalle torri bianche. Ma non posso tornare a prenderlo. Non posso tornare... tu puoi andarci per me?”
Il ragazzo si protende in avanti per quanto le catene gli consentono, con il tono e lo sguardo di un assetato a cui per troppe volte è stato negato il conforto dell'acqua. Xan si ritrae d'istinto, come se quell'umano minuto e incatenato possa saltargli alla gola da un momento all'altro. Parole inutili e confuse gli si affollano sulle labbra, ma nessun suono gli esce di bocca.
Il direttore mette a tacere il soggetto ribelle con un dardo incantato scagliato con stizza.
Le urla del ragazzo inseguono il gruppo che si allontana per i corridoi di pietra, e anche dopo essersi spente continuano a risuonare a lungo nella testa di Xan.
L'elfo esita di fronte alla porta chiusa della cella. La mano tremante si avvicina alla serratura, i polpastrelli sfiorano l'intarsio del lucchetto e formicolano al contatto della trama di incantesimi che lo protegge.
Potrebbe disfarla facilmente, se lo volesse. È giovane per i canoni degli elfi, ma a Evereska gli hanno insegnato bene, e lui è sempre stato uno studente modello. Ha dedicato anima e corpo alle arti arcane per guadagnarsi l'onore del ruolo di Mantogrigio.
Un onore che ha ottenuto a prezzo di grandi sacrifici, e che potrebbe mettere a repentaglio seguendo l'idea folle che si è impossessata di lui quella notte. Ogni singola fibra di razionalità che possiede gli urla di andare via, di voltare le spalle alla porta e tornare di filato nella stanza degli ospiti che gli è stata assegnata.
Eppure Xan esita.
Le parole del maestro lo tormentano come ferri roventi piantati nel petto. “Gli Stregoni Incappucciati di Amn sono nostri alleati, ragazzo” gli aveva detto quella sera mentre osservavano il sole inabissarsi come una sfera di fuoco nel mare che circonda Spellhold. “Siamo qui per rinsaldare i nostri rapporti con loro e per uno scambio di conoscenze, non per causare una rivolta.”
Xan non si era arreso. “Ma il modo in cui trattano i prigionieri... come tutori della legge non possiamo tollerare... “
“Tutori della legge. Appunto.” la voce secca del maestro era calata come una mannaia sulle sue proteste. “Gli Stregoni Incappucciati rappresentano la legge qui in Amn. Noi Mantogrigio custodiamo l'equilibrio, e se pensi che valga la pena compromettere l'equilibrio per la vita di un pugno di maghi pazzi allora forse significa che non sei ancora pronto per indossare quel mantello.”
Il ricordo lo riempie di rabbia, e lo spinge a proseguire mettendo a tacere gli avvertimenti della ragione.
Bastano pochi esperti movimenti delle dita, un paio di parole sussurrate a fior di labbra, e il lucchetto cede senza neanche un rumore. Evoca sul palmo della mano una sfera luminosa e si insinua nel buio della cella, silenzioso come un'ombra.
Il prigioniero solleva la testa e strizza gli occhi di fronte alla luce. Xan gli fa cenno con un dito davanti alle labbra di restare in silenzio e procede a rimuovere gli incantesimi sulle catene.
“Ti aiuterò a uscire di qui” gli sussurra una volta finito. “Ti nasconderai nella stiva della nostra nave, e poi... e poi potrai tornare alla tua amata città dalle torri bianche, se lo vorrai.”
“Non posso.”
Neanche la sfera di luce magica riesce a illuminare i pozzi di oscurità che sono gli occhi del ragazzo. La voce che pronuncia quelle due semplici parole è colma di una tristezza infinita.
“Perché?”
“Il mio esilio è qui” lentamente il ragazzo si porta il palmo della mano al petto, in corrispondenza del cuore. “Come posso tornare, se il mio esilio è qui dentro?”
Nei lunghi attimi di silenzio che seguono il ragazzo non accenna a muoversi. Rimane in piedi con la mano poggiata sul petto, gli occhi spenti fissi in quelli di Xan.
Ogni tentativo di convincerlo a venire con lui cade nel vuoto. La follia è un nemico contro cui tutti i suoi anni di studi arcani non possono nulla.
“Ho capito” mormora infine. “La tua città non esiste, vero?”
Il ragazzo non risponde. Solo alla fine, mentre Xan si richiude la porta alle spalle sconfitto, lo sente implorare attraverso l'ultimo spiraglio:
“Devi andarci tu. Io non posso tornare, per questo devi farlo tu per me.”
I suoi passi tormentati lo riportano alla terrazza ora inondata dai raggi della luna. Si abbandona con la schiena contro il muro di pietra, chiude gli occhi e lascia che la carezza del vento si porti via le lacrime che gli rigano le guance.
La mano corre istintivamente al petto, verso il cuore che sembra diventato un macigno doloroso dentro la gabbia toracica, e si accorge di capire meglio di quanto pensasse le parole intrise di follia del prigioniero umano.
Anche lui ha smarrito la sua città dalle torri bianche, e per la prima volta nella sua vita si sente in esilio.
In esilio dal mondo.
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Note: come avrete notato lo Xan di questa storia e' molto piu' giovane, piu' ingenuo, meno nichilista e decisamente meno legale neutrale di quello che incontriamo nel gioco. Il suo pessimismo esagerato mi ha sempre fatto ridere, ma nel contempo mi sono sempre chiesto: Xan e' cosi' di natura oppure la sua visione del mondo e' stata condizionata da qualche evento? Questa breve storia e' parte del tentativo di trovare una risposta a questa domanda